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venerdì 18 luglio 2014

Philomena, film di una madre coraggio

Sapete cosa sono i bicuriosi?* Se non lo sapete, sicuramente non avete visto Philomena.
Mescolando la vita di un ex giornalista della BBC che ha appena perso il lavoro e ha bisogno d'inventarsi qualcosa, a quella di una simpatica vecchietta dalle gaffes facili che non ha mai smesso di cercare suo figlio, si ottiene una bomba. 
Una trama che potrebbe anche strapparvi qualche lacrima. Ci tengo a precisare che la storia non è inventata; è tutto vero.
Siamo nel lontano 1952, in Irlanda. Philomena da giovanissima resta incinta; i genitori risolvono serrandola in un convento a Roscrea. Le ragazze madri sono costrette a lavorare a testa bassa per le suore, a meno che non riescano a pagare la propria libertà... che ha un prezzo decisamente alto per le loro tasche. Così le stesse sono costrette a subire ed accettare che i loro stessi figli vengano concessi in adozione ad altre famiglie.
Per Philomena, la separazione dal piccolo Anthony -partorito anche con una certa fatica, podalico e senza anestetici- è uno strappo mai rimarginato. Nonostante siano trascorse decine di anni, non demorde nella ricerca e non si dà pace pur di scoprire un briciolo di quel passato accuratamente sotterrato dal tempo...e non solo.
La situazione è destinata a cambiare rapidamente con l'aiuto del giornalista Martin Sixsmith. L'uomo ha appena perso il suo lavoro come consulente governativo del partito Laburista per Tony Blair e vorrebbe iniziare a scrivere un libro sulla storia della Russia. I suoi piani vengono totalmente scombinati dalla confessione improvvisa di Philomena alla figlia, che non ha mai saputo di questo fratello perso cinquant'anni prima. La ragazza incontra Martin ad una festa e cerca di farlo interessare al caso. Sulle prime egli si dimostra poco collaborativo; poi si lascia trascinare e si dimostra un ausilio indispensabile.
L'unica cosa che si sa di questo bambino, è che è stato dato in adozione insieme a Mary: la figlia di un'amica di Philomena, che era impossibile separare da Anthony.
Giungono in convento, ma le suore si sono sbarazzate dei documenti, che a detta loro sono andati "distrutti in un incendio" e non sono intenzionate a fornire informazioni. Martin però, tramite una "soffiata" scopre che i bambini da lì venivano venduti a ingenti famiglie statunitensi; così insieme a Philomena si reca lì.
E qui mi fermo. Vorrei evitare di rivelare troppo; devo ammettere che ciò che seguirà non sarà ad ogni modo facile da digerire.
Al di là della storia, è come se si scontrassero due personalità completamente differenti. È un tratto del film che sarà sempre in rilievo e ne aumenterà l'intensità. Martin è colto, dalla mente molto intuitiva, rapida. Dal lato umano, è un individuo sospettoso, guidato da un certo scetticismo e ateo; Philomena fa da perfetto contrappeso: si dedica a romanzetti da poco e inciampa in strafalcioni di varia natura, è una donna semplice e ingenua che, nonostante le ingiustizie subite conserva intatta la sua fede. Insieme costituiscono un perfetto ossimoro, eppure sono capaci d'instaurare un dialogo costruttivo sul senso ultimo della fede e della sua reale direzione. Entrambi con la loro sensibilità sanno venirsi incontro, seppur il "conflitto" non avrà una vera risoluzione.
Per l'uno certi errori non meritano perdono e screditano la fede stessa; per l'altra gli scempi non provengono da Dio, seppur commessi dal clero.
L'ultima parola viene concessa allo spettatore: d'altronde, ognuno ha una testa per pensare, per decidere da quale punto di vista osservare l'accaduto.
Oltre la morale, si è aperto il dibattito sulle adozioni forzate: molte donne stanno ancora cercando i loro bambini perduti e viceversa.
Difficilmente dimenticherete una narrazione che si attacca così profondamente alle radici del più importante legame: quello madre/figlio, che è fortemente ancorato ad ognuno di noi.




*Ovviamente non intendo fare discriminazione; era semplicemente la papera più eclatante della signora.

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