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lunedì 26 dicembre 2016

Caro 2017


Infinite volte durante l'anno, valuto di appendere la penna al chiodo. 
Perché con il lavoro ho poco tempo, perché con la stanchezza addosso, buttare giù due parole è troppo difficile (non è vero, porca miseria. La mia Oriana scriveva anche senza dormire o dormendo veramente poche ore), perché tanto ciò che penso non ha importanza, perché tanto non mi legge nessuno.
Ho sempre trovato più facile scoraggiarmi, che tentare di andare avanti... ma poi mi sono resa conto, che il mio istinto di sopravvivenza è più forte di me e vuoi o non vuoi trova sempre un modo, sempre una strada nuova. Anche al costo d'impiegare all'incirca un milione di anni.
Non credo esista una scusa reale per non fare ciò che si vuole. Ciò che si vuole ha sempre un prezzo; semplicemente decidi di pagarlo o meno... e mi sono resa conto, che qualsiasi cosa accada, la scrittura ce l'ho in vena. Non nel senso che sono così spaventosamente brava, che il mondo se non scrivessi andrebbe in perdita; anzi, forse ci guadagnerebbe anche.
Semplicemente mi scorre dentro, ne ho bisogno. Rinunciarci è come soffocare una parte di me; come se domani mi svegliassi senza voce.
Spesso e volentieri mi sento una pezza e penso che questa cosa di cominciare a scrivere sia stata una spaventosa cazzata, almeno per la mia vita; almeno per me. Che per avere sogni, in definitiva bisogna non essere me. 
Poi però accadono sempre cose che mi portano a riflettere seriamente, come il mio ragazzo che spesso e volentieri si sfoglia la mia pagina Facebook e ricondivide i link, una mia cara amica che riposta gli articoli del mio blog come se avessi scritto chissà che.
Ogni volta che penso che la mia vita è troppo pesante, apro Facebook e mi ritrovo davanti una foto di Martina e mi rimangio tutto con le lacrime agli occhi, chiedendo scusa.
Ogni volta che ricevo questi calci in culo, decido che voglio farcela a far tutto e che non mi posso arrendere solo perché non tutto è andato come volevo. Anche perché la vita ti raggiunge e ti porta dove dovevi stare, ne ho avuto la prova quest'anno: puoi scappare dal tuo destino, giocare a nascondino, ma ti troverà sempre. Per fortuna. 
Se dovessi tirare un bilancio -tanto sapete benissimo che lo farò-, dal 2017 non posso chiedere altro... ok sì, un'ideuccia ce l'avrei, ma forse credo sia correre troppo... forse.  
Il 2016 è stato un anno così frenetico, in cui sembrava che il cielo dovesse piovermi addosso. Credevo fosse solo una valanga di lacrime; invece in fondo a questo tunnel, mi aspettava un sorriso. Mi aspettava calore umano.
E mi commuovo quasi, perché ero abituata a morire in silenzio, a leccarmi le ferite in un angolo da sola. Avevo il terrore di lasciarmi affondare tra le braccia di qualcuno; avevo paura che si approfittassero delle mie debolezze; avevo l'angoscia di non svegliarmi viva. Invece svegliarsi dal dolore protetti, senza ulteriori ferite,  guariti, è magico. È ciò che sta rendendo magico il mio Natale e la mia esistenza.
Posso solo ringraziare commossa, per tutta la gioia e la luce che c'è.

E sì, regalo mio, voglio ringraziare anche te.
Ti ringrazio perché prendi a ridere a crepapelle all'improvviso e cambi colore, perché non arrivi vivo a mezzanotte che stai già mezzo dormendo, ma questo tuo modo di essere ti porta a capire la mia stanchezza anziché condannarla o sfruttarla. Ti ringrazio perché mi guardi con quegli occhi che sembrano rimettere a posto la confusione che c'è in me. Ti ringrazio perché non mi accarezzi la pelle, ma l'anima intera. Ti ringrazio perché riesci a riempire i miei buchi neri, che hanno sempre fame. Ti ringrazio perché ti distrai e non segui quello che ti sto dicendo, ma sai già quello che vorrei dire e tante volte mi resta in gola. Ti ringrazio, perché mi aiuti a tirare fuori le cose, prima che mi uccidano.
Però tutti questi grazie sono troppo pigra per darli: facevo prima a ringraziare quella forza fantastica e misteriosa che ti ha messo qui, a curare questa ragazza interrotta.
Auguro a tutti buon Natale e buone feste. Le stesse feste che sto passando io. 

venerdì 2 dicembre 2016

Recensione: Harry Potter e la maledizione dell'erede


L'ultimo arrivato in casa Potter non ce lo saremmo aspettato. 
Graditissima sorpresa; speriamo solo che la saga non diventi come gli "Alla ricerca della Valle Incantata" che minimo sono arrivati ad essere in tredici. Non scherzo, Wikipedia insegna.
Definirlo leggero sarebbe esagerato, ma ha un andamento molto meno serrato dei classici Harry Potter, vuoi per l'impostazione teatrale, vuoi perché vengono a mancare le minuziose descrizioni della Rowling e la solita pomposa battaglia finale.
Abbastanza diverso da quello a cui siamo abituati, ma veramente gradevole.
La storia ruota intorno ad Albus Severus Potter, secondogenito di Harry -nonché pecora nera della famiglia- e Cedric Diggory.
Si sospetta che ci sia in circolazione una giratempo ancora intatta e il padre di Cedric supplica Harry Potter di riportarlo in vita, ma egli si rifiuta per non sconvolgere il passato.  Albus Severus, anche per una rivalsa personale decide di prendere a cuore la questione, trascinando in giro per il tempo il fedele amico Scorpius -figlio di Draco Malfoy- e la cugina di Cedric, Delphi.
Questa volta ho tifato per i Malfoy. A parte che non ci sono tali divisioni, però stavolta il figlio di Draco è riuscito meglio. Brillante, spiritoso, modesto. Il suo difetto più grande è probabilmente l'essere troppo di cuore e facilmente influenzabile dalle persone a cui tiene. Infatti Albus lo convince a fare di tutto e di più. Il ragazzo ha un carattere dominante tra i due. Forte ma un po' presuntuoso e troppo pieno di orgoglio e rancore per vedere cosa rischia di provocare con il suo piano: intende dimostrare di essere all'altezza di Harry, ma nel cercare la sua strada sbaglia in maniera vistosa.
Nonostante le semplificazioni sono rimasta incantata da alcuni passaggi, che m'imprimerò nel cuore. Ci sono dei punti in cui gli stessi Ron, Hermione e Piton mi hanno fatto prendere un infarto con delle scene epiche.
Pur essendo privo d'illustrazioni è un libro che evoca in testa immagini ben precise, rese con poche ma fondamentali informazioni.
L'ho gradito molto perché resta carico della nostalgia potteriana, di legami pieni di pathos tra i personaggi e di frasi che lasciano il segno nel profondo del lettore.
Gli stessi viaggi nel tempo di cui è farcito, non navigano solo negli anni; frugano nell'emotività di ciascuno, portano in luce ogni essere umano con tutte le sue caratteristiche positive e negative.
Soprattutto, Harry Potter insegna ancora una volta, che il coraggio spesso significa fare la cosa giusta, anche se fa un male cane.

Harry, non c'è mai una risposta perfetta in questo confuso mondo emotivo. La perfezione è fuori della portata dell'umanità, fuori della portata della magia. In ogni luccicante momento di felicità è nascosta questa goccia di veleno: la consapevolezza che il dolore tornerà. Sii sincero con le persone che ami, mostra il tuo dolore. Soffrire è altrettanto umano che respirare.