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giovedì 7 febbraio 2013

Occhi verdi.

Laura mi ha tagliato più della violenza del vento di questa crudele mattina. Laura guarda il mondo con gli occhi grandi, dolci, verdi. Quando è nervosa non fa altro che toccarsi e tirarsi indietro i capelli castani. Sono sempre lucidi, li porta alle spalle; taglio semplice, pari, senza fronzoli come lei.
Laura ha un bambino. Un bellissimo bimbo dagli stessi occhi grandi, ma neri. Edoardo; il nome l'ha voluto il padre, tanto affezionato al nonno. Padre che non sono io. Laura non è sposata: il suo compagno si chiama Felice, e sicuramente lo è più di me. Io mi chiamo Flavio e a soli venticinque anni sono un uomo senza casa, senza lavoro, senza sogni. Ogni notte vado a dormire, sperando di svegliarmi credendo in qualcosa, sentendomi una persona migliore. Ogni mattina mi sveglio di soprassalto con in testa gli occhi verdi, sorgenti di lacrime. Laura è sempre stata mia. Poi un giorno mi ha lasciato, perché questa schifosa dose per me era più importante di lei. Mi ha rosicchiato il cervello come una noce, fino al midollo. Chiodo fisso irremovibile.
Due anni sono tanto tempo, ma se la tua vita in quel lasso di tempo si ferma, è come non averli mai vissuti. Anche due anni fa il vento mi prese a schiaffi, quando Laura se ne andò. Poi c'era stato un nuovo amore, la gravidanza e un bel bambino che ha due mesi. Tutto questo seguito da Facebook; Laura è talmente pura che non mi ci posso neanche avvicinare. Mi struggo, vedo foto, sorrido e soffro con lei. Gli unici miei amici sono  un computer e la mia droga. Gli occhi cerchiati di rosso quando mi sveglio la mattina. Io resto ancora un uomo di merda. L'unica cosa di cui sono contento è che sono stato capace di lasciarla andare, di non essere stato patetico a inseguirla, chiamarla, umiliarla più di quanto non abbia già fatto col mio amore morboso e malato. E' accaduto all'improvviso: una gravidanza non voluta. Io lo so, perché origlio chiunque mi parli di lei. Felice è un uomo migliore di me. Il mio egoismo probabilmente l'avrebbe convinta ad ammazzare il bambino, che io, nel mio cuore ristretto, avevo spazio a malapena per lei.
E' come una pugnalata nel cuore. Passa placida, lenta con la carrozzina, saluta e quel bambino già per me parla; il suo sguardo non fa altro che dire "mio padre potevi essere tu". Io non ho il coraggio di sostenere gli occhi di un  bambino.
Tutto quello che ho adesso è stare seduto sul muretto di un ponte, con la voglia di gettarmi, violenta come una mano che mi tira giù.