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sabato 29 settembre 2012

Marea


Oggi ho sentito una strana marea smuoversi dentro. Quel baleno di vuoto che ti riecheggia nel cuore quando ti manca una persona.
Mi sono sentita così sola e abbandonata, e sono venuta da te. Nonno.
I loculi sono sempre tutti uguali, allineati, quasi sterili. Se solo non ci fossero dentro le persone.
Il cimitero lo percorro tutto, che sei quasi alla fine. Lo spazio esterno è largo, ampio. Un grande, asfaltato piazzale, che se guardi in alto gli si staglia subito addosso il cielo. L'esatto contrario del buco in cui ti trovi tu.
E mi è salita un po' l'angoscia. Quel cortile così grande, circondato da due mura di tombe, uno davanti e uno dietro, ti fa sentire sempre così inutile. Così sperduto. Così solo.
Sola, specie perché non ci ero mai venuta senza qualcuno che mi dicesse "Non ci pensare, è domenica. Poi andiamo a prendere le paste e facciamo pranzo". Oggi è solo uno schifosissimo plumbeo lunedì e mio padre è a lavoro. Non c'è.
In mezzo a quel mare d'asfalto c'è una panchina. Una piccola zattera dove riposare. Da quella zattera, quella piccola barchetta in mezzo al mare, se guardo abbastanza in alto posso quasi guardarti negli occhi, che il tuo loculo è quasi troppo su.
L'odore di morte e crisantemi appassiti nell'acqua sporca, quel gelo nelle ossa, i cipressi. Li sento tutti dentro e mi esplodono in una lacrima. Cola pesante e mi scava la guancia. Fa male.
Avrei voluto lasciarti scritto un foglietto con su scritto

"Ti vogliamo bene nonno, non ti dimenticheremo mai.
Anna, Teresa e il piccolo Giò. I nipoti."


Ma poi non l'ho fatto. Tutti i parenti avrebbero semplicemente pensato che sotto c'era il mio zampino, che sono strana. Che a fare certe cose potrei arrivarci solo io. Che sono una patetica esibizionista. Che gli altri due nipoti non avrebbero scritto niente a nome loro. Una perchè non ci avrebbe pensato, l'altro perchè appena nato.
E forse magari hanno ragione, neanche lo so. So solo che ho bisogno di vivere le cose a modo mio. Questo non tutti lo possono capire. Così lo tengo per me.
Ho bisogno di urlare che non ho dimenticato, che continuo a ricordare.
Ricordo ancora. Quando mi prendevi le mani e come una trottola mi facevi girare veloce e ridevo. Quando non volevo più il gelato e spiegandomi che non si spreca e che in Africa i bambini muoiono di fame, poi te lo finivi sempre e comunque tu.
Ricordo quando mi sbucciavo il ginocchio e tu mi dicevi di non piangere, che mi sarei fatta ferite peggiori, e non capivo. Ricordo quando ti facevo una domanda semplice e cominciavi a raccontare la tua vita da quando eri bambino fino al matrimonio. Ricordo quando ero troppo bassa per arrivare alla credenza per prendere un piatto ed aiutare la nonna, e mi mettevi sulle spalle per tirarlo giù insieme. Poi ancora, quando ti ho presentato quel ragazzo e dicevi che per me era sbagliato. E avevi ragione.
Ricordo troppo e piango rannicchiata su quella panca. Ancora più forte.
Perchè questo non c'è mai stato. 
Perchè sei morto troppo presto e nemmeno ti ho conosciuto. Tutti dicevano che eri fantastico e io non saprò mai quanto.
Sai nonno, non è detto che i ricordi che non hai mai avuto facciano meno male perchè non esistono. Non è detto che mi dimentichi di te perchè non ti ho conosciuto di persona. Perché a volte quello che fa più rabbia di certe situazioni è proprio il non averle vissute.
A volte i ricordi mai avuti sono quelli che fanno più male.







A mio nonno
e a tutte quelle persone
a cui non ho fatto in tempo a dire
"Ti voglio bene."