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venerdì 17 novembre 2017

Babadook... chi ha paura dell'uomo nero?


AAA questo post può contenere spoiler.
Spendo due parole veloci sull'horror che a quanto pare ha traumatizzato persino Stephen King... e quando uno legge una cosa del genere, è veramente ma veramente grave. In effetti lo è e poi come.
È stato definito disturbante e non delude le aspettative.
I protagonisti sarebbero stati già un film horror a parte: la madre e il bimbo coinvolti in questa vicenda hanno qualcosa di mostruoso, aspetto ingigantito dalle continue inquadrature in penombra e dai loro comportamenti. Insito in loro c'è un elemento animalesco di partenza, non saprei definirlo. Hanno un modo di relazionarsi già tra loro e in generale abbastanza cruento e selvaggio, tanto da terrorizzare a morte amici e parenti. Infatti la zia, dopo aver sopportato livelli d'isteria hard decide persino lei che non li vuole più vedere.. e ha ragione. Il bimbo, Samuel, ha problemi caratteriali da sempre ed ha un'ossessione particolare per i mostri. Suo padre è morto d'incidente d'auto portando in ospedale la moglie per partorire.
La mamma, Amelia, ha l'abitudine di leggere al piccolo le storie prima di andare a dormire e il bimbo trova un libro che già a una prima occhiata si presenta strano. La narrazione si prospetta inquietante e li turba così tanto da sospenderne la lettura: parla dell'uomo nero Babadook che viene di notte e che preferiresti essere morto piuttosto che averci a che fare.
Samuel diventa ingestibile: prepara trappole per l'uomo nero ovunque e spaventa gli altri al punto che la mamma è costretta a ritirarlo da scuola.
Come già detto, loro non sono protagonisti normali: Amelia è stanca e stralunata e s'intravede un'avvisaglia di pessimo equilibrio mentale evidenziato da quel suo sguardo spiritato, messo a dura prova da un figlio che rompe il naso alla cugina, urla come un ossesso e nasconde ovunque congegni pericolosi. Terrorizzare il prossimo, questo bimbo lo fa per mestiere.
Lei nasconde il libro per esasperazione, quando ciò non basta ad appianare la situazione lo strappa e lo getta. Hanno inizio delle allucinazioni sempre più disturbanti, che fanno rabbrividire lo spettatore con lei. C'è questo letto che trema di notte quando crolla per la stanchezza, segue un'ombra che fa il verso grottesco "ba-ba-dook". Ciò che ancora trovo agghiacciante è che in giro per casa si vedono i cappotti magari appesi in un angolo, ma assemblati insieme ad altri abiti come se qualcuno li stesse indossando nel buio, oppure appena li osserva hanno una posa. Io vado ancora cercando nelle stanze di casa mia...
Come se l'uomo nero che fa cadere armadi e appare ringhiando sopra e sotto i letti non fosse abbastanza, Amelia si ritrova il libro davanti casa, ricomposto diversamente. Adesso è una più che esplicita minaccia e raffigura con tanto di testi, il mostro che entra nella donna, poi la donna che spezza il collo al cane e ammazza il figlio strangolandolo, per poi infine tagliarsi la gola.
La notte successiva la donna cerca di non dormire, ma cade tra lavoro e figlio, esausta su questo letto (scene molto belle, si addormenta come fluttuando. Espediente trovato più nei film di droga sullo stampo di Trainspotting, come se per lei dormire fosse così raro da andare in estasi) e c'è questa figura nera dall'aspetto spaventoso che le entra in bocca. Da lì c'è una ripida discesa in cui chiunque sta guardando il film cerca la mam... ok non proprio la mamma.
Lei ormai è sempre più presa da queste immagini strane che le offuscano la mente, isola completamente il bambino da qualsiasi cosa possa salvarlo da lei ed assume comportamenti sempre più mostruosi. Vede il marito morto che poi si rivela Babadook che ripete il suo traumatico mantra, in una scena che, per il cambio di luce improvviso, brutale e inquadrature ricorda un horror vecchio stile.
Conclusione: per un attimo ho dovuto sospendere e accendere la luce, non ce la facevo più umanamente. Giuro che di solito non mi succede.
Un vero peccato il finale. Il film rende in maniera fin troppo realistica la pazzia crescente di una donna troppo sola; io credo che a un certo punto la storia sia divenuta così malata che anche gli ideatori sono andati in tilt. È come se a una certa gli fosse mancato il coraggio di andare fino in fondo e avessero preso una strada diversa, perché la prima era troppo spaventosa.
Vero è che ci hanno lasciati con un irrisolto non indifferente.

martedì 7 novembre 2017

Stranger Things 2, la rivincita del demogorgone


No ragazzi non è un titolo spoiler, è semplicemente divertente dire demogorgone e scriverlo ovunque. Demogorgone, demogorgone, demogorgone. Ok credo sia il momento di smetterla. 
Poi insomma, si parla sempre dei ragazzi e della loro splendida recitazione, perché nessuno fa dei dannatissimi complimenti al demogorgone, che si è fatto un mazzo così? Nel mondo non c'è più giustizia. Avete idea di cosa significhi essere un mostro al giorno d'oggi, in cui danno milioni di party per le star e non t'invitano mai? Abbiate un po' di cuore.

"Stranger Things", serie tv di ragazzini prodigio -gli attori, non i personaggi; quelli sono comunissimi ragazzini- con palesi riferimenti ad "ET" -me lo dice anche la nonna- a "Slender" -ma tutte le storie in un bosco di notte potrebbero fare riferimento a "Slender", di questo passo mi scoppierà la testa- e nella caratterizzazione dei piccoli protagonisti ad "IT". Insomma si rifà a tutto ciò che ha due lettere e finisce con la "T".
Cosa stavo dicendo?
Ok ok ci sono: "Stranger Things" serie tv di ragazzini blabla che fa riferimento a bla, è diventata un vero e proprio fenomeno mediatico, o quanto meno è sulla bocca di tutti. Riporta in vita gli anni '80 e lo fa in una maniera molto umana e speciale, altro fattore che la rende davvero accattivante.
La seconda serie servita su un piatto d'argento da "Netflix", visto il successo della prima ha scatenato il binge watching più atroce -ovvero quando  termini di vedere l'intera serie in ventiquattro ore. Non giudicate: il mondo nerd è terribile, se non ti mangi la serie te la racconta tutta il tuo migliore amico in quindici secondi- e qui, per citare un caro amico che probabilmente sta leggendo: "La serie tv si guarda perché poi puoi parlare di tutto quello che è successo. Come faccio a parlarne se io ho finito  e gli altri restano indietro?" questo per dire che di solito chi la finisce prima ne parla con voi, che lo vogliate o meno.
La prima serie si apre con dei ragazzini che giocano a Dungeons and Dragons - un gioco di ruolo dove i nostri eroi se gli va bene il dado, fanno fuori mostri-, è così che Mike ci presenta il demogorgone, mostro con la faccia che si apre simpaticamente a fiore -non proprio- che poi realmente passerà nella dimensione che noi conosciamo per divorare persone. Lo fa attraversando un varco che è stato aperto per errore.
Nella prima serie è stato tutto perfetto, come se ogni elemento fosse cotto al punto giusto; la seconda serie è incalzante e piacevole ma, immaginandola come una linea retta, è come se in alcuni punti avesse creato dei rami che si sganciano e non si sa dove vanno a finire. Per adesso ci sono alcuni binari morti, ma voglio essere più specifica, quindi dopo quest'immagine darò inizio allo spoiler più spietato su "Stranger Things 2". Consiglio a tutti di divorare le puntate perché ne vale la pena, anche se...


Il problema principale è che Eleven, personaggio principale di "Stranger Things", fa cose.
Dustin ha avuto la brillante idea di crescere un demogorgone, e ok che prima aveva le sembianze di una caccola, ma anche crescere una caccola che sia tale a me non sembra una genialata. Ma a Dustin sì, e forse è anche per questo che preferisco altri personaggi a lui, ma lasciamo perdere...
Tra l'altro il mostro effettivamente è una caccola di Will, che ha praticamente l'Upside Down -Sopra sotto? Scusate, l'ho visto sottotitolato- in corpo e l'ha starnutita via.
Eight

Hawkins intanto si è riempita di demogorgoni perché nel finale della prima, Eleven non ha fatto in tempo a chiudere la falla interdimensionale nel laboratorio.
Come creare una seconda serie se bastava la presenza di Eleven a concludere tutto?
Semplice, chiudi Eleven da qualche parte, oppure la mandi in giro a fare cose. Infatti per mezza stagione anche di più, vive con Jim Hopper che le proibisce di uscire perché la stanno ancora cercando, ma a lei manca Mike, manca la mamma, manca anche un po' di buonsenso e quindi fugge e si fa un mega viaggio, dove capisce che la mamma mentre la cercava ha subito un elettroshock e la manda a trovare un'altra ragazzina, che praticamente è la crea-allucinazioni che vedrete nella prima puntata. Lei è Eight e ha scelto di vivere con degli outsider, fare furti e vendicarsi dell'organizzazione che l'ha rapita per gli esperimenti. Eleven sta un po' con Eight e gli amici, decide che la vita di strada non fa per lei e poi sente che Mike ha bisogno di aiuto, e se ne va.

Quindi la domanda che vi pongo è: serve a qualcosa tutto questo? Dovevano solo allontanare Eleven dalla città mandandola a comprare il pane o dobbiamo dedurre che la terza stagione, non essendoci più il papà cattivo a gestire il laboratorio, sia incentrata sul recuperare in qualche modo i ragazzi scomparsi? Comunque niente, quando Eleven torna dà l'impressione di essere la mamma che pulisce ciò che è stato messo in disordine dai bambini. Prende risolve e ciao.
Questo espediente però ci dà l'occasione di vedere Hopper nel ruolo di padre, pieno di pathos il collegamento tra l'avere a che fare con Eleven e i pochi ricordi che gli restano della figlioletta morta. Mostra un lato molto più fragile e umano, il che non guasta.



Il ruolo migliore l'ha Will, che mi porta a pensare che sia veramente ma veramente un bravo attore. Il ragazzino vive a cavallo tra le due dimensioni per via del mostro che ha in corpo. Nei flash che lui ha dell' Upside down, si vede molto prepotentemente una tempesta scatenata da un mind flyer -mostro con molti tentacoli- che si abbatte su tutta la città. Non contento di sputare cuccioli di demogorgone, cerca di respingere da solo il mind flyer che letteralmente gli entra dentro passando dalla bocca. Da lì ha inizio una specie di possessione, resa veramente bene. Grande recitazione anche da parte di Winona Ryder nel ruolo di sua madre, pronta davvero a qualsiasi cosa pur di salvarlo. Ha un'espressività che fa rizzare la pelle.
Persino il compagno Bob che sembrava un uomo medio qualunque, si rivela un grande eroe.
Di Mike non c'è molto da dire, io amo Finn Wolfhard e il suo modo di recitare, anche perché è molto spigliato e molto versatile. C'è una scena che mi ha spezzata in due e piangevo davanti allo schermo, in cui viene mostrato lui che ogni santo giorno cerca di contattare Eleven con il suo Walkie Talkie. Lui ha in testa esattamente il numero dei giorni che hanno trascorso lontani e vederlo parlare da solo è già un disastro emotivo, successivamente si vede anche lei che può passare da una dimensione all'altra e non potendo uscire cerca di visualizzarlo, assiste ma non ci può interagire.
È straziante capire quanto l'amore seppur tra giovanissimi possa essere forte e vero. Il sentimento tra loro è così reale e tangibile che nessuno riesce a mettercisi in mezzo.
Questa stagione ci offre un Mike infinitamente arrabbiato per l'ingresso nel gruppo della rossa Mad Max, che viene immediatamente contesa tra Lucas e Dustin e niente, con questa poveraccia non c'è una via di mezzo. Come se non bastasse il dover sopportare un fratello violento e disturbato, da un lato viene inserita a forza dal simpatico duo, dall'altro c'è Mike che troverebbe ogni pretesto per tirarla fuori a calci.
Un grande benvenuto glielo dà anche Eleven che appena la vede di sfuggita parlare con il suo ragazzo -la poveretta stava facendo solo capire che merita di essere trattata come un essere umano-, la fa cadere dallo skateboard. A parte far prendere a botte i due amici e simulare "Baby Driver" in caso di emergenza non fa molto... ah sì, è un mago con i videogames.
Per la categoria trash, si aggiudica la medaglia d'oro il fratello violento nella scena in cui, per cercare Mad Max e probabilmente riempirla di legnate, finisce a parlare con la mamma di Mike -il cui padre è un uomo inutile ma dovrà pur esistere- e parte un dialogo così imbarazzante e fuori luogo che sembra uscito da uno dei film equivoci di Lory Del Santo. Lei che rispondeva tutta alla "ehi maschione" maliziosa con un adolescente che ha l'età della figlia. Sto ancora cercando di metabolizzare quanto visto. Per un attimo ho pensato di controllare che fosse ancora "Stranger Things".
Come avevo previsto, Nancy ha deposto il povero Steve -forza e coraggio, sono con te- con la scusa che a lui non importa niente di Barb, gli ha dato venti volte dello struzzo e poi è andata a risolvere la faccenda insieme a Jonathan. Dico il povero Steve perché passa sempre come la feccia più assoluta quando si è allontanato dai suoi amici deficienti per stare con lei, ha ricomprato la macchinetta fotografica pur di farle un favore, si è redento e ha cercato di consolarla in tutti i modi, si è fatto insultare da Nancy sbronza e nonostante tutto da sobria le chiede nuovamente se lo ama, ma lei nemmeno risponde bene. Lui è un tale mostro senza empatia che guarda un po' finisce sempre per fare da babysitter a una gang di bambini maldestri che va a caccia di esseri maligni, rischiando la pelle per primo. Che uomo orribile... fortuna Jonathan che sa fare sempre la vittima al momento giusto, sarà che con questa storia del disagiato ci sta un po' marciando?
Ho amato molto la scena del ballo della scuola, dove Steve, con la morte negli occhi, vede di scorcio Nancy, il cui accompagnatore però poi sarà Dustin: i suoi amici hanno tutti una ragazzina e lui se ne sta solo in un angolo sconsolato, così Nancy si avvicina e per farlo contento ci balla insieme. Speriamo che non le venga la malsana idea di fare un pensierino anche su di lui.
Romantici come pochi Eleven e Mike, che finalmente, dopo tanta sofferenza, per una sera possono stare insieme e godere della magia che la loro età dovrebbe avere.
Previsioni per la terza stagione?
Facciamo che arriva il mind flyer e serve qualcosa di più di Eleven per tenergli testa e tocca cercare gli altri ragazzi che hanno subito gli esperimenti radunandoli per la lotta? Ipotesi un po' improbabile, ma chi lo sa.
Secondo voi la terza serie come andrà? Commentate gente, commentate.

venerdì 3 novembre 2017

Recensione: Amore mai nato, di Maria Rosaria Ciotola

Al Salone del Libro di Torino sono rimasta attratta da uno stand che oltre a offrire un ottimo caffè, proponeva dei titoli interessanti. La mia curiosità si è infine fermata su questo romanzo breve contro la violenza sulle donne, perché chi mi segue da tanto lo sa quanto mi piacciono le storie cruente.
La mia scelta è caduta su "Amore mai nato" e credo che il titolo sia sufficientemente esplicativo.
In una cinquantina di pagine l'autrice ci porta, mediante il filone principale ovvero quello di Lorena -che tenta di recuperare la sua vita, svilita da Andrea, un narcisista che definirei anche anaffettivo- a sviscerare anche le vite dolorose di altre donne, che hanno subito troppo e hanno bisogno di recuperare la felicità.
Lorena dovrà trovare la forza dentro se stessa, riuscirà a volersi bene e a ricominciare?

La narrazione è molto profonda, aiuta ciascuna a leggersi dentro. In un certo senso fa da supporto psicologico, da apripista nel lungo e tortuoso percorso che conduce dal dolore alla gioia. La scrittrice affronta una tematica molto bollente e spinosa senza ricorrere alla violenza: non vi aspettate una carica distruttiva che travolge qualsiasi cosa; c'è al contrario molta riflessione e rielaborazione del "lutto", come se gli eventi fossero già stati assimilati e fosse presente una grande consapevolezza. La violenza non è pertanto rappresentata o raccontata nel dettaglio, va più percepita come estrapolata dal contesto. Non ci sono eclatanti descrizioni di episodi che fanno da esempio, anche le violenze subite dalle due sorelle Carla e Simona non vengono narrate in maniera episodica; ci si sofferma più sulle conseguenze psicologiche dell'accaduto. Non troverete pertanto schiaffi, scene di stupri ecc. È uno scritto prettamente curativo, mirato a lenire le ferite e a compensare i danni subiti.
Le donne del libro sono tutte (chi in negativo chi in positivo) per il metabolizzare l'accaduto, per parlarne. I personaggi, salvo Andrea, sono molto sciolti nell'esprimere le emozioni che provano, non  fanno grandi tabù nemmeno nel raccontare ciò che sulle prime sembrerebbe inesprimibile.
Le singole storie diventano un modo per introdurre naturalmente tematiche delicate e fornire una risposta ad interrogativi impliciti.
Quasi a tutte inculcano sin da piccole il senso della paura e dell'impossibilità, come se volare basso potesse tenere lontano il dolore. Sperimentiamo il più delle volte solo quello per cui ci sentiamo capaci, soffochiamo il talento e ci infastidisce quello altrui. Abbiamo bisogno di sentirci parte di un gruppo per non sentirci sole, come se il momentaneo rimanere con noi stesse fosse pericoloso. Ci lusinga il metterci al servizio di idee o uomini di successo senza considerare che a loro dedichiamo, fino a perderla, la nostra identità. Ci invitano, con messaggi subliminali, a tener ben chino il capo, l'arte del tacere. Diventiamo vittime di noi stesse e finiamo con il procrastinare il momento della scelta, a credere nell'arrivo di colui che ci salverà dal male. Molte neppure si accorgono di quanto accade loro, felici senza mai un dubbio; altre, pur percependo la presenza di innegabili stonature, nel misero tentativo di tutelare la propria posizione, decidono di seguire la massa; alcune mosse da un'inquietudine si interrogano, cercano, sperimentano nuove strade.
Il messaggio lanciato è molto chiaro e forte durante tutta la narrazione ed è portato a ricostruire vite.
È una storia fortemente concettuale e interessante da cui le persone possono imparare a volersi bene.
L'unico neo è che la forza del messaggio penalizza il carattere individuale di alcuni personaggi, mi spiego meglio: quanto viene detto è indubbiamente profondo e degno di lettura, ma impone delle forzature narrative. Mi riferisco a due ragazze che, violentate dal padre, ne discutono apertamente (per quattro facciate) in hotel, a porta aperta, mentre una sconosciuta le sta origliando. Le due introducono una tematica davvero importante, ma solitamente è difficile che si parli per molto tempo di una cosa del genere in una stanza di albergo senza chiudere la porta. Presumo che due che hanno subito violenze dovrebbero essere molto introverse e restie alla comunicazione o comunque ad affrontare apertamente tale argomento. Sarebbe difficile assistere realmente a una conversazione del genere; come anche Lorena stessa viene sorpresa ad origliare da un uomo che la stava osservando a sua volta e lui comincia come se niente fosse a raccontarle questioni dolorose del suo passato. È come se le distanze personali fossero annullate per valorizzare la morale di fondo, vero è che se tutti fossero stati musoni e chiusi nel loro lutto, non avrebbe avuto senso il libro. È una forzatura che, visto il fine, in fondo ci sta.
È una lettura che consiglio soprattutto a chi sta cercando la forza per sfuggire a situazioni spinose e soffocanti. È un invito a riprendere in mano il proprio futuro, rimboccandosi le maniche in prima persona.