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venerdì 25 luglio 2014

Factory Girl. Storia di una Musa inghiottita dall'arte

Data di uscita 2006, è una pellicola particolare che si presta a numerose interpretazioni (secondo il web, perché io tanti dubbi a dire il vero non li ho avuti). 
Siamo (ovviamente) negli anni sessanta. Si parla di Edie Sedgwick, ex modella la cui vita viene stravolta dall'incontro con Andy Warhol che resta inebriato dalla sua personalità, tanto da farne la sua musa. La donna farà parte di molti dei video dell'artista; ma questo successo spiazzante diverrà molto presto una lama a doppio taglio, pronta a rivelare una personalità fragile incline alle droghe e all'alcool fino a un brutto tracollo finale per overdose, a soli 28 anni.
Dal punto di vista della trama, il film mi ha leggermente confusa. Ben presto si ha l'incontro tra Warhol e la sua "ispirazione", che li conduce a un'amicizia molto stretta, a tratti possessiva.
Questo tipo di arte criptica, capace di "sbattere in faccia l'America all'America" (questa frase mi era proprio piaciuta), va molto in fretta a scontrarsi con la musica impegnata, che lancia messaggi diretti e inequivocabili. 
Edie, catapultata in un mondo psichedelico fatto di feste, droghe, libertà sessuale, ha un incontro fulminante con una rockstar dall'animo tormentato e profondo, che praticamente la ingloba come farebbe un serpente con la preda. Vogliamo far finta che questo tipetto non abbia nome; infatti lo nominano tra un mugugno e l'altro con pronomi personali e lo spettatore non capisce chi cavolo sia. Però, volendo essere pratici, in quel periodo la Musa reale s'invaghì di Bob Dylan, che è stato ben attento a prendere le distanze da questa storia... e ne comprendo i motivi. 
Secondo Wikipedia, lo si fa passare come la causa della morte della donna e come uno che volesse salvare a tutti i costi Edie dall'insensatezza del mondo di Warhol. Se vogliamo essere sinceri, il messaggio che passa a parer mio è di gran lunga peggiore e nessuno dei due uomini ci fa una bella figura. Pertanto spero davvero si siano comportati diversamente nella realtà.
La rockstar che nessuno sa chi è, parte già col piede sbagliato nei confronti di Warhol (che comunque aveva precedentemente manifestato gelosia nei confronti di quella relazione) e quando la donna cerca di avvicinare i due, egli si comporta in modo ostile proprio nella Factory mentre si offre per soggetto di un filmino. L'altro reagisce peggio: incapace di rendere pan per focaccia con chi di dovere, insieme al suo staff si vendica sulla donna, ponendola dietro la cinepresa, drogata e inducendola in modo violento a confessare gli abusi del padre. Diciamo che l'idea più che dell'artista è dello staff; ma lui si tormenta piuttosto che agire per fermarlo. In un certo modo è responsabile.
Entrambi hanno le loro colpe quando il padre di Edie ricchissimo le chiude il rubinetto, lasciandola letteralmente senza soldi in mezzo a una strada. Chiede una mano prima a uno poi all'altro: il criptico "pittore" problematico che l'aveva tanto amata, non sgancia una lira; il musicista impegnato che voleva tanto sensibilizzare il mondo, liquida la questione con un "vorrei tanto poterla aiutare".
Con tutti quei soldi sto ancora cercando di capire cosa glielo impediva...ma ok. In compenso però, ha gettato, per un mix di sfregio e noia, una moto costosissima in un lago. Dettagli, eh!
L'unica conclusione che salta fuori, è che questa giovane star sia morta grazie all'indifferenza di coloro che dicevano di volerle bene, per poi voltare la testa dalla parte opposta nel momento del bisogno.
Salvo la descrizione poco umana che ne esce di questi due uomini così percettivi per quello che pare a loro, il film è impeccabile. Ottimo per le scene, per l'attenzione al particolare specie quando si esita a lungo sui primi piani, sui sospiri, sulle singole frasi.
Sono proprio le esitazioni, queste carezze visive accompagnate dalla battuta giusta, a tagliare in due l'istante. A renderlo unico.




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