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lunedì 15 ottobre 2018

"Maniac". Dove finisce il delirio e comincia la realtà?


Tra una pasticca e un delirio, con "Maniac" assisteremo a cose che non potevamo assolutamente immaginare! Considerando che tal serie è sulla bocca di tutti -chissà se lo sguardo da gatta di Emma Stone ha influenzato la visione di alcuni...mistero- non potevo mancare io con la mia superflua opinione.
Composta da dieci puntate, è il remake di una serie omonima norvegese. Ideata da Cary Fukunaga e Patrick Somerville, presenta una prima puntata che sembra totalmente slegata dal resto stilisticamente, ma di fatto non riscontrerete mai un'unità da quel punto di vista, quanto piuttosto un mosaico confuso sia per quanto riguarda i periodi storici che i generi: passato, presente e futuro si alternano senza un ordine ben preciso a seconda delle fantasie e traumi dei protagonisti, che possono diventare futuristici, noir, anni '80 e addirittura fantasy. Lo stesso presente in cui si svolge la storia suggerisce un'epoca bizzarra, come se gli stessi anni '80 si fossero evoluti in modo inaspettato dal lato tecnologico ma il design fosse rimasto pressappoco quello -il genere è definito ucronia o storia alternativa-, tanto che i contrasti di luci sono gli stessi e i loghi principali sembrano rimandare a quello della IBM. Gli stessi protagonisti non danno l'idea di provenire dallo stesso tempo.
Vi assicuro che non è "Black Mirror" : qui non si tratta di un futuro distopico e delirante in cui abbiamo oltrepassato il limite; qui a delirare è qualcun altro. Anzi, qui la tecnologia se possibile ci fa anche un po' pena...
Ma di cosa parla nello specifico "Maniac"? 
Dei volontari con dei disturbi psicologici/psichiatrici prendono parte a un esperimento che ha a che fare con un'apparecchiatura a microonde collegata a un grande computer, che rielaborerà i dati dei cervelli di queste persone, che testeranno tre farmaci: la pasticca A, B e C. Qui s'incontrano Annie e Owen, che sviluppano un legame molto particolare ed empatico, non convenzionale e al di fuori anche dall'amicizia e dall'amore. Che sia una via di mezzo? Può darsi.
Questa serie tv mi spacca nettamente in due: il risvolto umano merita un 5/5 perché ogni evento traumatico viene sviscerato in maniera spietata e analizzato cavillo per cavillo. Riusciamo nettamente a comprendere le personalità dei due soggetti e il perché siano deviate verso i rispettivi disturbi. Abbiamo scene d'impatto e vivamente sentite, belle e incisive sia per lo sguardo che per il cuore; da questo punto di vista il lavoro svolto è ottimo e ineccepibile. L'empatia con Owen e Annie viene raggiunta in maniera immediata perché comprendiamo lucidamente cosa li abbia distrutti al punto da diventare soggetti al margine della società e la conclusione a cui si giunge è che non è colpa loro. Tendiamo subito a perdonare i loro errori e a volergli bene nonostante tutto, per questo son protagonisti che funzionano benissimo come anche gli attori. Credo sia inutile aprire una discussione sul talento di Emma Stone (che nonostante i suoi duecento film ricordo con amore nel ruolo di Gwen Stacy), che qui interpreta una ragazza molto intelligente ma con dei problemi relazionali e un rimorso grande. Una persona sagace ma difficilmente inquadrabile: ci si potrà realmente fidare di lei? Molto abile l'attrice nell'ispirare diffidenza e fiducia nel contempo e veramente spettacolari i continui cambi di look a cui è sottoposta -tranne la maglietta con gli unicorni, vi prego...-. Jonah Hill -dalla filmografia altrettanto estesa- grazie al quale Owen prende vita, ci restituisce tutta l'ingenuità fusa a un errato istinto di preservazione -nel senso che viene utilizzato contro la gente sbagliata- che convivono in un ragazzo con un disturbo paranoide. Il suo personaggio infatti sarà convinto di dover salvare il mondo e di non potersi lasciarsi andare con nessuno, pur desiderandolo con tutto se stesso.
Di spicco è anche la recitazione di Julia Garner nei panni di Ellie Lansberg, che semberebbe uno dei pochi personaggi puri, non contaminati in negativo dal mondo ed offre momenti importanti di commozione e pathos, nonché scene pittoresche capaci di togliere il respiro, ma qui mi fermo per non lasciarvi spoiler.
Qui finisce la parte sana della storia a parer mio, perché ciò che invece si svolge nel laboratorio non solo non crea empatia o particolare interesse, ma è confusionale dall'inizio alla fine come un enorme gomitolo pieno di nodi che si sciolgono solo sezionando parte per parte con le forbici. La parte insana meriterebbe un 2/5 come voto e vi spiego il perché. Chi dirige il laboratorio ha più nevrosi dei volontari, i drammi familiari sono sviscerati in maniera pseudocomica, il che rende impossibile prenderli in qualche modo sul serio. Viene caratterizzata meglio la mentalità del computer, il che già parla da sé. C'è un grande dramma familiare tra due che gestiscono l'esperimento ma questo dramma viene gestito in maniera macchiettistica e sbrigativa, sembra piazzato lì giusto per far litigare i collaboratori e far capire che le persone sane non lo sono poi così tanto, o che probabilmente i pazzi veri sono quelli sciolti, ma questa morale esce fuori più semplicemente dalla storia di Owen. La cosa più facile da pensare è che il laboratorio sia gestito da incompetenti che hanno bisogno di più cure dei malati stessi ma per mantenere la loro posizione lavorativa, non sono onesti riguardo le loro patologie.
Un altro punto poco chiaro sono le pasticche -che dovrebbero guarire da ogni malattia psichica- e le loro funzioni: la A dovrebbe portare alla luce il trauma, la B dovrebbe abbattere le difese della mente e la C dovrebbe guarire i volontari per sempre. L'intero percorso dà vita a vari mondi paralleli nel cervello dei protagonisti -veramente ben caratterizzati e interessanti- per cui è stato realizzato uno studio meticoloso e preciso che si nota ed è da lodare, ma tuttavia non si capisce nel pratico la differenza di azione delle ultime due pasticche, anche perché durante la pasticca C ci sono dei condizionamenti esterni che creano interferenza.
In definitiva per me vale la pena di guardare "Maniac", perché è un viaggio immenso all'interno dell'essere umano che ispeziona i desideri, i dispiaceri, i lutti e dimostra una spiccata empatia. È una serie sensibile e attenta, con un piccolo neo ma ci si può passare sopra.
Se l'avete amata e volete saperne di più, continuate a seguire il canale Nerdflics, perché presto uscirà una recensione!

 

sabato 13 ottobre 2018

"Non sono un uomo facile"... e se comandassero le donne?



Proprio la volta in cui pensavo di annoiarmi, è uscita fuori dal cappello a cilindro una storia davvero geniale. "Non sono un uomo facile" narra le avventure di Damien, incallito maschilista, uomo che ama definirsi "predatore" e riesce a ottenere tutte le donne che vuole sforzandosi ben poco.
Sul lavoro viene addirittura premiato per la creazione di un app che permetta di fare una stima dei vari rapporti avuti nel corso dell'anno, confrontarli con l'anno precedente e catalogare in un certo senso le ragazze possedute.
 Egli a un certo punto però sbatte la testa e si ritrova in un mondo totalmente in rosa, dove le donne hanno il comando e gli uomini vengono perlopiù sfruttati o comunque mercificati.
Lo capiamo senza equivoci fin dall'inizio, in cui al protagonista sparisce il suo vecchio guardaroba e si ritrova a indossare dei pantaloni sbarazzini con la scritta "hot" sul didietro, per uscire di casa. Egli finisce subito per scontrarsi con una società gestita interamente dal gentil sesso che qui è tutto fuorché gentile, anzi si appropria in maniera prepotente della stessa immagine di virilità e la sbandiera ai quattro venti. Appena egli mette piede fuori è pieno di ragazze che suonano il clacson in segno di maleducato apprezzamento, o che fischiano. Alcune prendono tranquillamente l'iniziativa per portarlo a cena o a bere un drink, ma egli comincia davvero a capire l'antifona quando sul lavoro invece di essere ritenuto geniale, viene accantonato e sminuito perché non ha "il senso dell'umorismo giusto" e per averlo potrebbe sempre fare qualche "favore" al capo sotto la scrivania. 


Credo sia stata molto importante la scelta degli attori principali: Vincent Elbaz presenta un fisico slanciato e sottile, si pone in maniera sfacciata ma raffinata nel contempo. Non è il classico pompato da palestra, presenta infatti degli elementi di corporatura e caratteriali che possono scivolare in maniera versatile dal maschile al femminile, senza distorcerne eccessivamente la personalità. Il modo in cui egli si accosta all'empatia e all'emotività non lo snatura affatto nella sua identità. Lo si percepisce più fragile ma non cambiano comunque i suoi atteggiamenti, pertanto egli dà sfoggio di un'ottima capacità recitativa; Marie-Sophie Ferdane nella parte di Alexandra, che entrerà in campo più tardi, è perfetta per la propria androginia. Non si pettina, pratica pugilato, va in giro vestita da uomo, guida sfacciatamente auto costose e fa tutto questo con la naturalezza di una che è nata proprio così. Non lascia mai percepire cenni di timidezza o di difficoltà, ha la capacità di restare distante e impassibile, come farebbe un individuo anaffettivo.
Il modo in cui i due interagiranno farà in modo molto presto che Damien venga etichettato come maschilista e deriso, ma cosa s'intende per maschilismo in questa società?
C'è chi afferma che il film nel rappresentare un mondo al femminile si perda un po', perché ok la mercificazione del corpo maschile, ma agli uomini dovevano essere davvero fatte indossare le gonne invece di un abbigliamento atto a svestirli nei punti giusti? Oppure ancora, gli hobby femminili non potevano essere diversi dal solito connubio sport e motori?
Questo mondo avrebbe potuto essere reso in un'altra maniera? Sì, ma ritengo che il messaggio di sfruttamento e ridicolizzazione non sarebbe stato così incisivo. Un ragazzo costretto a depilarsi e indossare le gonne non avrebbe lasciato sgomenti come se lo stesso avesse avuto un vestiario maschile ma più esasperato; qui si attua un vero e proprio snaturamento della mascolinità e doveva arrivare come un pugno in faccia, cosa che non ci sarebbe stata se l'hobby delle donne fosse inquadrato come "debole" tipo lo shopping. A parer mio ci volevano proprio degli espedienti per cui gli uomini si sentissero derubati di qualcosa per loro importante ed è questo che alimenta lo sgomento e la rabbia di Damien: il fatto che la sua vita la stiano vivendo le donne e viceversa. Il ribaltamento dei ruoli anche dal punto di vista caratteriale non poteva che essere totale, perché se la donna ha dovuto dirigere e lottare fino a quel momento, era ovvio che le capacità empatiche ed emotive venissero delegate al genere maschile, costretto ai lavori più umili e subordinati ma capace di tessere meglio un dialogo. I maschi qui inoltre hanno gli stessi svantaggi fisici del gentil sesso, come l'essere più deboli e meno resistenti all'alcool, il che li rende più esposti anche a vari tipi di molestie.
Questo film grida incessantemente, grida a squarciagola finché qualcuno non ascolti: è davvero necessario ribaltare completamente i ruoli per comprendere che la donna si sente sottostimata, umiliata, sfruttata fisicamente e sentimentalmente? Non si può raggiungere la parità, ovvero un mondo migliore e più civile?

venerdì 12 ottobre 2018

Buon anniversario: istruzioni per festeggiare!


Se cercate un regalo efficace e sorprendente per il vostro anniversario, la soluzione ve la trovo io: lasciatelo dopo tre anni di relazione oppure ditegli che non siete felici dopo che vi ha portato la colazione a letto. Sono sicura che resterà senza parole. 
Di contro Sam e Mollie di parole ne hanno davvero tante. Salta subito all'occhio come il punto di forza della loro relazione sia il dialogo e come siano soliti discutere in maniera fluida e senza intoppi.
Questa è la situazione di partenza che "Buon anniversario" ci presenta.
Prendono subito vita davanti ai nostri occhi due caratteri molto svegli, comunicativi e particolari: Sam è un sognatore, un ottimista che non si scoraggia alla prima difficoltà, un uomo dotato di un'immaginazione fuori dal comune che è capace di sfruttarla per ottenere ciò che desidera; Mollie si pone come una persona composta per strati, perché spicca per prima cosa il suo lato idealista e ironico a cui si contrappone una massiccia capacità di analisi, che spesso la rallenta nel prendere decisioni importanti. Qui infatti giunge il dilemma: fare un bambino o chiudere la relazione attuale?
Io credo che la precarietà del periodo in cui viviamo stia generando uno strano raptus nei trentenni: una sorta di crisi di mezza età in anticipo, per cui uno vaga smarrito nella propria testa, chiedendosi dove stia andando, senza trovare risposta alcuna. Ci si fa prendere dall'ansia di essere in qualche modo indietro e si tende a buttare all'aria anche quanto costruito.
Tre anni in una coppia sono tanti e per la ragazza è giunto il momento di fare un bilancio con se stessa, anche tirando fuori il passato dal cassetto sfogliando qualche ricordo.
Il film non vi annoierà sicuramente, perché presenta due persone sensibili, sveglie, interessanti e gli stessi aneddoti che raccontano sono esilaranti. Portano avanti una tematica importante e grave come la possibile fine di una relazione con una spiccata vena ironica. Sono frizzanti, energici, vitali nell'affrontare i loro conflitti; non si assisterà ad atmosfere cupe e tenebrose in cui uno dei due finisce in vortici di dolore infiniti, magari autodistruggendosi in un garage a serranda abbassata. 
È presente sempre e comunque un gran guizzo, una gioia di vivere sottintesa per cui i due invece di darsi per vinti, rincorreranno goffamente alcune ipotesi di soluzioni.
Le atmosfere sono molto calde accoglienti. La sofferenza viene raccolta per diventare comprensione. Non ci saranno scene in cui qualcuno si sente realmente usato, perché ci vengono presentati due ragazzi sicuramente bizzarri e sopra le righe, spiritosi, maldestri, ma che comunque risolvono le questioni in una maniera pacifica. Io sono una gran fan di quel dolore lacerante che sembra doverci essere ogni volta che in una coppia c'è qualche problema; in questo caso sono contenta che non ci sia. Parliamo di una narrazione in cui non si giunge a vere e proprie mancanze di rispetto e di questo mi complimento, perché è il film più sano che ho visto da qualche anno a questa parte. 

martedì 9 ottobre 2018

Private Life e la gioia di avere un figlio


La modernità spesso sfida le leggi ancestrali della natura: in un mondo sempre più tecnologico siamo convinti che ci sia sempre tempo per mettere al mondo un bambino. Ma se non fosse davvero così?
Una coppia di coniugi sulla quarantina riceve lo schiaffo degli anni passati a tergiversare tal decisione. I due hanno temporaneamente accantonato l'idea di un figlio, sacrificandola in nome della propria carriera artistica, successivamente vari impedimenti li allontanano dalla possibilità di essere finalmente dei genitori. Da allora riuscire nel loro intento diventa un chiodo fisso, al punto da chiedere aiuto a una loro nipote acquisita: sarà lei la tanto cercata donatrice di ovuli, nonché una delle loro ultime speranze?
Non si può definire questo film come triste, sarebbe alquanto inesatto perché l'atmosfera che regna è quella dell'attesa e di una silenziosa rassegnazione. I due perseverano con determinazione, senza lasciarsi troppo angosciare dai numerosi fallimenti o comunque non li prendono mai come un alibi per fermarsi e gettare la spugna. Sono figure eroiche moderne, che nonostante le incertezze non si lasciano fermare prima di aver raggiunto l'obiettivo e soprattutto sono capaci di portare avanti la loro dolorosa battaglia senza chiudere il cuore al prossimo.
Il destino li premia infatti con l'arrivo di Sadie, nipote dalle spiccate doti artistiche che li cerca per vivere con loro. Lei è giovane, bella e sembra avere i requisiti che la coppia vorrebbe in un figlio ma, soprattutto le vogliono bene.
Sadie incarna un po' la ragazza giovane dei nostri tempi: bella, disinibita, intelligente, con la passione per le foto, ma che non riesce a focalizzare esattamente il suo futuro per colpa della sua grande discontinuità. Sembrerebbe una figura stereotipata eppure Kayli Carter sa regalarle uno spessore particolare e si dimostra determinante per la riuscita del ruolo. Dapprima più frivola e leggera, riuscirà a trasmettere allo spettatore i suoi stessi valori e sensibilità; è spontanea e ci mostra il mondo secondo i suoi occhi pieni di vita. Ella porta un nuovo smalto nell'esistenza di Rachel e Richard, che assaporano con la sua presenza cosa significhi avere una terza persona in casa.
Da quest'avventura ciascuno dei tre sicuramente ha imparato qualcosa, ma non saprei ben definire cosa. Sicuramente la storia grida che risolvere i problemi è più costruttivo del piangersi addosso chiedendosi di chi sia la colpa, ma soprattutto ci spinge a cercare la speranza ovunque senza perderci lungo la strada solo perché è difficile.
La lezione più importante che possiamo apprendere è che l'esistenza va accettata senza certezze, consapevoli che non è detto che troveremo sempre le risposte alle nostre domande.

martedì 2 ottobre 2018

Sweet Whispers, Connie Furnari


SWEET WHISPERS
di Connie Furnari
Genere: Romance
Romanzo autoconclusivo in volume unico
Disponibile su Amazon Kindle Unlimited

L’estate è oramai finita, e Megan è felice di rivedere le sue migliori amiche, la snob Sharon e l’irriverente Tara, prima dell’inizio dell’ultimo anno di liceo.
Deluse, nello scoprire che Megan è rimasta la solita sognatrice, le sue amiche le propongono una sfida: mettersi con un ragazzo.
La scelta è facile, Megan non ha dubbi. L’unico ragazzo con cui lei potrebbe stare è Martin, il suo amico di infanzia, da sempre innamorato di lei, e il motivo è semplice: non potrebbe mai costringerla a fare qualcosa controvoglia.
La storia tra Megan e Martin procede nel migliore dei modi, fra passeggiate al chiaro di luna e momenti romantici, finché non iniziano le lezioni scolastiche.
Al liceo, Megan conosce Tyson, il nuovo ragazzo di Sharon, che la sua amica ha conosciuto in vacanza, il quale si è trasferito da poco nella loro città, a Pottstown.
Tyson è diverso da qualsiasi ragazzo Megan abbia mai incontrato e comincia a fare strage di cuori.
Tatuato, occhi verdi e penetranti, sfrontato.
Sentendosi subito attratta da Tyson, Megan mette a tacere i propri sentimenti sentendosi in colpa, sia per rispetto di Martin che per Sharon.
Quando scopre che Tyson ha sempre tradito Sharon, decide di parlargli, e tutto crolla. Perché gli occhi verdi di Tyson, così magnetici, la fanno subito cadere ai suoi piedi.
Megan capisce che è solo Tyson Kendall l’unico ragazzo con cui lei potrebbe vivere il suo primo e vero amore.
E che tutto quello che lei vuole, al contrario di ciò che ha sempre pensato, è un cattivo ragazzo.
Il primo bacio tra Megan e Tyson, passionale e intenso, dà inizio alla loro piccante e segreta storia d’amore, tra gelosie e bugie, ripicche e inganni, incontri clandestini e attimi rubati.

Un romance che parla di un amore al peperoncino, con una protagonista romantica e sognatrice, e un Bad Boy ironico nei momenti opportuni e mascalzone al punto giusto.
Solo quando ami chi non dovresti amare, hai davvero il coraggio di cambiare.

Pagina dell’autrice:

La bocca di Tyson si attaccò alla mia, con un bacio violento e passionale, che mi lasciò senza respiro.
Che sembrò durare un’eternità.
Chiusi gli occhi e mi persi fra le sue braccia, inspirando il suo profumo da maschio, che mi era sempre piaciuto così tanto, che mi aveva sempre fatto perdere la testa.
«Non sopporto che un altro ti tocchi» chinò il capo sulla mia spalla, premendo ancora il suo corpo contro il mio.
Avrei voluto dire qualcosa, avrei dovuto reagire, ma non ce la feci. «È sbagliato» riuscii soltanto a sospirare, a malapena. «Non possiamo farlo, Tyson.»
«Se è così bello, non può essere sbagliato» la sua bocca scese sul mio collo, con delicatezza. I suoi baci, continui, intensi, mi fecero tremare.
Afferrò i miei polsi e mi spinse contro il muro, intrappolandomi come aveva già fatto, in modo che non potessi scappare via da lui.
Sapevo che il suo abbraccio era una trappola.
Tyson era pericoloso, un cattivo ragazzo che quando ti afferrava non ti lasciava andare, finché non aveva avuto ciò che desiderava.
«Che cosa vuoi da me?» gli domandai, con un filo di voce. Oramai non riuscivo più a muovermi. Ero ipnotizzata dal suo sguardo, che mi penetrava.
«Lo sai, cosa voglio» le sue labbra carnose sorrisero, e compresi, per la prima volta forse, che era la stessa cosa che volevo anche io.
Il desiderio ci accomunava entrambi: era sempre stato quello di possederci a vicenda, e stavamo per realizzarlo. Volevo Tyson, e anche se era sbagliato, la cosa più proibita che avessi mai osato fare, non avrei mai smesso di desiderarlo.

L’autrice
Connie Furnari è nata a Catania. Laureata in lettere, appassionata di cinema, pittura e film d’animazione, ha pubblicato con varie case editrici, in self publishing e ha vinto diversi premi letterari.
È una scrittrice multi-genere, predilige scrivere il fantasy e il paranormal, ma si dedica anche al romance, al thriller, alla narrativa per bambini e ragazzi, e ad altri generi letterari. Tutte le sue opere sono facilmente reperibili on line, sia in digitale che in cartaceo. Vive tra centinaia di libri e dvd, ed è presente nei social network. Ama leggere, disegnare manga, e dipingere quadri.
La sua email è conniefurnari@hotmail.it

I suoi contatti:

I suoi romanzi sono disponibili in edizione digitale e cartacea, su tutte le piattaforme, tra cui: