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domenica 3 marzo 2013

Recensione - L'eterna ricerca dell'uomo di Paramahansa Yoganada

Titolo: L'eterna ricerca dell'uomo
Autore: Paramahansa Yoganada
Editore: Astrolabio Ubaldini
Pagine: 456
ISBN: 978-88-340-0657-3
Prezzo: 17 €

"La ricerca della felicità". Questo tormentone si è fatto nel tempo quasi un termine unico, dall'identità ben precisa. Solitamente "La ricerca della felicità", nell'immaginario collettivo è collegata a un riscatto economico: emergere dai liquami dell'esistenza, dal buco di città nel quale si è cresciuti, guadagnare più soldi. Diventare importanti. Una ricerca spasmodica fino allo sfinimento, senza essere al fine realmente contenti, perché c'è sempre qualcosa di nuovo da desiderare e possedere. Senza essere consapevoli di cosa si sta cercando davvero. 
Sapete, l'uomo è un animale strano: dotato di una spaventosa, disarmante intelligenza, umanità, sensibilità, logica; una vera forza della natura, che nonostante potrebbe avere tutto, è un cane che si morde la coda. Un essere che dilania sé stesso con le fauci del vuoto. L'uomo, a forza di cercare ha smesso di chiedersi cosa vuole, e continua ad ottenere cose, oggetti, riconoscimenti di qualsiasi genere, con la patetica speranza di esserne saturo, appagato, prima o poi. 
Paramahansa Yoganada, riconosciuto nel mondo come un Maestro che ha realizzato Dio, in questo libro ne parla, rivelandone gli aspetti profondi, le motivazioni, i meccanismi; presentando il legame sotteso tra religione e scienza.
Gli argomenti del libro sono trascrizioni di numerosi discorsi fatti dal Maestro in America, al fine di diffondere quanto più possibile gli insegnamenti della Self-Realization Fellowship (associazione da lui fondata per portare la sua saggezza dall'India all'Occidente). In esso, egli batte il chiodo soprattutto sull'importanza della meditazione tramite il Kriya Yoga, tecnica da lui ritenuta primaria per realizzare la piena unità con il creatore, fonte di pace duratura e infinita.
E' un'opera che trasuda fede, serenità, realizzazione. Particolare, perché qualsiasi sia la tua credenza riguardo Dio e lo stato delle cose, quando finisci di leggerla ne esci comunque diverso. Puoi essere arrabbiato, turbato, innervosito, invidioso, scoraggiato; o forse felice, con una fede diversa, rinnovato, con una diversa visione del mondo. Fatto sta che instaura  una metamorfosi, uno scossone che genera sempre e comunque mutamento, un'evoluzione di pensiero, specie in chi, a forza di sentirne troppe su Dio e la religione, è rimasto ferito, deluso.
Sarebbe difficile che affermazioni simili lascino qualcuno perfettamente indifferente:
Poi vi vedete morto. (...) Improvvisamente, però, vi risvegliate, e vedete che è stato soltanto un sogno. Siete vivo!  (...) Una volta che siete usciti dal corpo, realizzate che non siete morti; vi siete liberati da un incubo.

Il peccato si crea nella mente. I bimbi piccoli vanno nudi senza alcuna coscienza di peccato.

Dentro di noi, e non fuori di noi, sta la maggior parte della felicità che cerchiamo. 
I concetti maggiormente espressi, tendono a riaprire ferite che l'animo umano ha cicatrizzato alla meno peggio: sono argomenti scomodi, ed affrontarli con la cognizione di un Dio biblico terribilmente severo e poco comprensivo, diventa quasi un'impresa.  Tuttavia l'approccio a tali questioni ha una cognizione differente delle cose: non fornisce spiegazioni con piglio accusatorio; ma con l'ottica di un amore di manica larga, comprensivo, espansivo come un'abbraccio. Vengono date molte risposte alle domande esistenziali più importanti, di cui si è perso l'essenziale senso. Quasi come se ci si fosse abituati alle bastonate, e all'improvviso arriva il profumo di un'inaspettata, morbida carezza.
Non dico di prendere tutto ciò come oro colato: anzi, consiglio a tutti di non fermarsi mai con la propria ricerca della verità, finché non ci si sente pienamente appagati e felici; perché l'unico modo per capire davvero se ciò che si è letto può dirsi  illuminante o meno, è percepirlo sulla pelle. La spiritualità è un cammino lungo da percorrere, e spesso non ha sempre a che fare con la religione: è una personale battaglia con sé stessi, per sconfiggere i propri dubbi, le delusioni, abbattere l'ira e la mancanza di speranza. Si tratta di trovare in noi stessi le persone migliori che vogliamo essere e tirarle fuori, sentire l'amore, la voglia di assaporare la vita davvero e non trascinarsi attraverso i meandri di un' esistenza offuscata.
Le parole di questo libro sono spesso in grado di scavalcare resistenze e opposizioni, per portare il lettore verso la luce. Nonostante il mio iniziale scetticismo, mi sono trovata particolarmente in linea con le teorie espresse, spesso integrative dei concetti sempre più confusi della religione, al giorno d'oggi  mal spiegata, fraintesa, smontata e rimontata in modo da far più male che bene. Consiglio di leggerlo particolarmente a chi è lontano da Dio e si sente tradito, solo, con troppi conflitti interiori irrisolti: non è detto che ne esca convertito o addirittura induista (io stessa non cambierò religione domani), ma forse avrà qualche interrogativo in meno, forse meno stranito e solo. Forse molti non saranno più allo sbando e avranno trovato la propria ancora. Sta a voi scoprire la verità: ogni singola vita è una ricerca, e solo chi non si arrende trova davvero quello che stava cercando.

Torbida.

Lacrime di sangue. Scorrono sui tetti; sporcano, macchiano, dilaniano fameliche luci e vite di questa città. Cordoni tranciati.
Io sono torbida. Dalla mia stanza vedo il mondo, ma non ne faccio parte. La gente, quel mare di persone in serie, tutte uguali, che si crogiolano nella certezza, nel dolce guscio della loro stabilità, cerca d'illuderti che ne farai parte. Ma non tutti sono così; ci sono persone condannate a vivere la vita da fuori. Siamo spettri di noi stessi, echi che non tornano indietro. Immortali mortalità.
E io sono torbida. Fingo di non esistere. Osservo.
Osservo il mondo che scroscia via come la pioggia, senza alcun senso.