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sabato 14 luglio 2018

Recensione: Pesce d'aprile, di Daniela Spada e Cesare Bocci

Avevo partorito una settimana prima una figlia bellissima di nome Mia, la stavo tranquillamente allattando sul letto di casa, quando...
...mal di testa atroce, svengo, barella, ambulanza, sirena...
Comincia E.R.
[N.d.D. Lo avevo scritto un po' di anni fa... forse ora dovrei dire Grey's Anatomy.]
Solo che non era un telefilm, era la mia vita.

La vita si sa, è piena di sorprese, ma a volte sembra letteralmente prenderti in giro e mettere a dura prova la tua pazienza. 
Direi che questo è proprio il caso di Daniela Spada e Cesare Bocci che ci cucinano un boccone amaro da buttare giù; non abbiamo la più pallida idea di quanta acqua ci voglia per cercare di farlo scendere verso lo stomaco, messo caso ci sia un modo.
La coppia si racconta in modo intimo, spegnendo le luci dei riflettori e accendendo quelle più intime di casa propria. C'infiliamo nel loro passato, prima gioendo per  l'inizio della loro storia d'amore e poi piangendo di rabbia per lo scherzo che il destino ha riservato a Daniela, una persona esplosiva, vulcanica, piena di vita.
Credo che per una donna che vuole diventare madre non ci sia una tortura più atroce, del riuscire a mettere al mondo la propria bambina e poi perdere all'improvviso la facoltà di abbracciarla, di stringerla al petto, cullarla, cantarle una ninna nanna, per restare tutto il tempo accantonata in angoli di ospedali e cliniche, come una bambola rotta, in attesa della terapia. Tutto questo per via di un'embolia post-parto.
Sono due le voci narranti che s'incrociano nel corso delle pagine: la penna precisa, puntigliosa, risentita, puntuale, anche molto arrabbiata verso la vita e talvolta anche nei confronti degli altri "esseri umani" di Cesare Bocci, che non parla dell'attore, ma del marito carico all'improvviso di difficoltà, apprensivo, che non vorrebbe lasciare la moglie a se stessa contornata dal menefreghismo delle circostanze. Parla del padre che ha quasi un rifiuto verso questa bambina che Daniela non potrà stringere e lo trova così ingiusto da non riuscire a farsene una ragione; il trillo brillante della protagonista di questa storia, che non si è arresa, anzi nonostante le atroci difficoltà si è rialzata tutte le volte e si è ripresa la sua vita con i denti, anche se a caro prezzo.
I due coniugi si alternano in un leggiadro balletto dove i buchi narrativi dell'uno vengono compensati dai ricordi dell'altro, creando così un impasto perfetto.
Ad un'analisi superficiale sembrerebbe il dolore il punto focale di questo libro, ma non è così. La sofferenza talvolta è un prezzo piccolo o grande (enorme in questo caso) da pagare per giungere al futuro e a guardare gli avvenimenti con occhi diversi. Direi invece che il vero centro, forte e tangibile è l'amore, il modo in cui lega le persone e le spinge ad andare avanti insieme, nonostante tutto. Un sentimento che non guarda ai problemi che è costretto a superare, perché non è minimamente contemplabile gettare la spugna. Non è contemplabile dire addio a quella persona solo perché il matrimonio si è fatto più complicato. Questo racconto è una fonte di speranza, un fiore che sboccia in un deserto arido, perché in un mondo spesso governato dall'usa e getta e dall'egoismo più puro, Cesare è rimasto accanto a Daniela nonostante fosse paralizzata, nonostante nessuno gli avesse garantito che sarebbe tornata a stare bene come prima, nonostante lo schiacciante peso delle responsabilità da sorreggere. Sono rimasti una coppia vera in salute e in malattia, come si erano promessi e grazie a quella promessa da lui  mantenuta lei ha trovato la forza per ricominciare da capo a vivere.
Il messaggio da comprendere è che l'amore non dà importanza ai problemi, perché se è vero  e immortale, se ne frega.
Un monito enorme ce lo fa Daniela: non mollate perché non sapete cosa ci sarà dopo e dovete arrivare a scoprirlo. La sua colossale forza d'animo colpisce il lettore come un fulmine a ciel sereno. Non c'è il tempo per arrendersi. Piangete, elaborate il dolore, ma non gettate la spugna. Mai.
Daniela Spada è un'eroina moderna, un esempio che ci indica la strada da seguire ogni volta in cui ci ritroviamo a cadere.

Ora la mia domanda è: perché abbiamo deciso di raccontare la mia/nostra storia?
La risposta è: perché, nella malaugurata ipotesi che succeda o sia successo a voi, non sarà la fine del mondo.
Non sarà la fine della vostra vita.
Sarà la fine di una vita più facile, forse più spensierata...
Sarà senza dubbio la catastrofe più catastrofica che solamente chi l'ha vissuta potrà capire, però la vostra vita, con tutti i limiti e le difficoltà, sarà sempre la vostra vita.
Invece di pensare a quello che non potete più avere, pensate a quello che avete in più.
Ora non avete la forza, la fantasia e la lucidità per vedere cosa c'è in più, ma sicuramente c'è. 

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