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martedì 16 agosto 2016

Recensione: Follemente Felice, Jenny Lawson


Ristrettezze di tempo mi chiedono di essere breve anche laddove vorrei dilungarmi nel recensire, perciò farò del mio meglio, che è quello che in linea di massima fanno tutti. Non ho visto nessuno d'altronde che s'impegni a fare del proprio peggio.
Ho deciso che questo libro non avrà un voto, perché innanzitutto i voti non mi sono mai piaciuti, oggi mi girano parecchio (ciò rafforza il fastidio verso i voti) e questo libro è davvero soggettivo. Dipende dal rumore che fa in ognuno di voi, dall'eco che torna indietro. 
Confesso che da questa lettura mi aspettavo di piangere molto di più.



Nel libro Jenny Lawson si confessa, aprendoci le porte verso il suo mondo più intimo. Un mondo fatto di fantasmi, problemi di salute molto gravi e depressione.
Eppure è come se questi fantasmi li pitturasse con una vernice fosforescente, come se a un certo punto ci suscitasse grosse risate.
Si scorge un'anima così forte che alla fine è il buio della depressione ad averne paura.

Ok, da dove comincio?
Sono già stranita, perché quando recensisco un libro ho il brutto vizio di andare a leggere cosa ne hanno scritto altri recensori... poi incappo in quelle recensioni scritte palesemente col didietro e mi viene voglia di lanciare la tastiera dalla finestra, poi giungerei a casa del suddetto e gli chiederei se almeno ha letto tutte le pagine o una sì e una no.
Eh già... per fare le recensioni il libro va letto intero, senza barare. Lo specifico perché non si sa mai.
Ma già non leggono bene il libro, figurati le recensioni altrui... quindi non sapranno mai che la loro è stata scritta con il didietro. Fa niente, la vita va avanti.
Non che io sia un fenomeno, ma almeno le parti che non capisco le rivedo più volte invece di dare dell'idiota allo scrittore perché non ci ho capito nulla. Così, per dire.
Fidatevi, non è questione di opinione diversa, ma proprio di non saper cogliere l'essenza, il senso di quanto è stato letto, che è ben diverso. Per favore leggete gli Harmony e lasciate stare le cose che non capite.
Comunque, riprendo: mi aspettavo di piangere davvero tanto, perché l'argomento è triste, perché una depressa dovrebbe essere triste e dovrebbe rendere tutti gli altri tristi. Invece vi spiazzerà la gioia che scaturisce come un fiume in piena dalle sue parole.
Lei è indubbiamente strana, fa cose strane come indossare pelli di animali, vestire i gatti nonché costringerli a fare un rodeo ed esasperare il povero marito Victor, trascinandolo in discussioni senza senso.
Non potete nemmeno immaginare quanta bellezza scaturisca da una persona del genere. Si offre ai propri lettori senza filtri e in maniera onesta, è divertente, vivace. Ti viene voglia di essere come lei nonostante tutti i problemi che la limitano.
Purtroppo la depressione per molti è una parola tabù. Fa paura e terrorizza soprattutto chi vive in maniera normale, quando viene a sapere che un famigliare o un amico è depresso. Già, è sempre una cosa che arriva a chi è lontano... invece quando giunge molto vicino alcuni fanno finta di niente, altri si agitano, altri spronano la persona che sta male nel modo sbagliato, buttandola ancora più nell'abisso. La depressione fa paura, crea il caos. E lo crea tanto nella testa di chi la subisce, quanto in quella di chi la vede da fuori e non sa che pesci prendere, come aiutare, come contrastare la bestia nera.
Jenny è speciale, perché questo delirio lo fa sembrare normale. Lei vive con la piena accettazione del suo dolore e così anche la sua famiglia. Il marito e la figlia le fanno forza e lei ha l'onestà di non chiudersi al mondo e di esporsi in tutte le sue ferite.
Queste ferite però sono frammenti. Schegge di vetro che sfregiano ogni tanto la lettura mentre si saltella da un aneddoto divertente all'altro. Fidatevi: ci sarà più da morire dal ridere che da piangere.
Credo che sia una cretinata, a prescindere da chi sei e a che cosa sei allergica. Della zuppa che ti viene data una cucchiaiata alla volta da camerieri in smoking è l'esemplificazione dell'imbecillità dei superprivilegiati. Sono sicura che sia stata un'idea di alcuni ristoratori drogati che pensavano che sarebbe stato divertente vedere se la gente se la sarebbe bevuta. Sospetto che il prossimo passo saranno i cracker preiunumiditi dalla saliva del cameriere e passati dalla sua bocca alla tua come se fossi un uccellino. Anzi, quando questo libro sarà pubblicato, i cracker sputati saranno la prossima grande novità, e voglio che si sappia che sono stata io a inventarla.


L'andamento è pressappoco il seguente. Il mondo insolito di Jenny vi circonderà fino a farvi accappottare dalle risate con procioni, opossum, disavventure estetiche e non, figuracce più o meno estese.
Ogni tanto vi ricorderà come niente fosse, chi è e di cosa soffre. Credo sia questo a spaventare e disorientare chi legge una pagina sì e una no. Le persone restano turbate dalla nonchalance con cui passa dal sarcasmo puro al donare un pezzo doloroso di sé... e questo lascia con la bocca amara, lascia sgomenti. Quasi diventa fastidiosa quando cerca di spiegare quanto è difficile. È sempre difficile seguire la sofferenza altrui.
Eppure anche i momenti peggiori, sono illuminati da qualcosa che possiede solo lei. Qualcosa di unico a cui non riuscirei neppur volendo a dare un nome.
Vi riporto un pezzo che credo di aver amato tanto. Sta raccontando una crisi d'ansia veramente brutta, in contemporanea il piede si gonfia e sanguina per l'artrite reumatoide. È sola in hotel, non ha mai visto la neve e vederla scendere le dà una speranza strana. D'un tratto esce senza pensarci, in ciabatte, poi abbandona anche quelle e prende a camminare in mezzo alla neve, con l'arto ancora sanguinante il cui dolore è alleviato dal freddo.
Mentre mi voltavo e guardavo verso l'albergo, mi accorsi che le impronte che mi avevano seguito fin lì erano diverse. Da un lato erano lucenti, piccole e bianche. Dall'altro erano sformate dal mio passo zoppicante e in corrispondenza di ogni tallone c'erano tracce di sangue rosso vivo. Mi parve una metafora della mia vita. Un lato leggero e magico. Quello che vedeva sempre il bene. Fortunato. L'altro insanguinato e strascicato. Mai del tutto in grado di tenersi al passo. Era come la poesia sulle impronte di Gesù nella sabbia, ma con meno Gesù e più sangue.
Jenny ci mostra due lati completamente opposti di sé: uno lucente, sarcastico, divertente, pieno d'idee e di voglia di divertirsi; l'altro rallentato, terrorizzato, angosciato e schiacciato dalle responsabilità e dai sensi di colpa. Buio e luce sparati dritti addosso al lettore, senza risparmio.
La sincerità di questa donna fa spavento. Nessuno ha il coraggio di esporsi al pubblico come carne da macello e divenire talvolta oggetto di scherno di chi non sa nulla delle malattie mentali e della vita che conducono a fare, di come condizionano un essere umano.
È un libro pieno, intenso, fatto per coloro che non hanno voglia di nascondersi ancora dietro maschere di cera. Un libro per chi ogni tanto ammette anche di essere mortale.

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