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lunedì 26 ottobre 2015

"Nephilim. Guerra in Purgatorio" e "Nephilim. Ribellione all’Inferno" di Valerio la Martire

Nephilim. Guerra in Purgatorio
Non puoi scegliere di nascere Celestiale.
Puoi solo scegliere dove volare.


Sinossi.
La tregua era stata stipulata. Dopo quattromila anni i Nephilim Celestiali e i Nephilim Infernali avevano deposto le armi spartendosi le Americhe.
Ma la pace era stata conquistata a caro prezzo. L’alleanza dei Celestiali con la razza immonda dei Demoni aveva infranto equilibri antichi che non dovevano essere toccati.
Creature più potenti e pericolose dei Nephilim sono ora entrate in gioco e non è la pace il loro obiettivo. Nessuno, nemmeno il loro creatore, avrebbe però potuto immaginare l’amore tra un Infernale e un Celestiale.

Biografia.
Valerio la Martire è nato a Roma il 5 novembre 1981, con due settimane di ritardo. Ha recuperato il tempo perduto mettendosi a scrivere a dodici anni.
Visto che le sue giornate durano 42 ore ha lavorato come barman, commesso, operatore di call centre, animatore turistico e baby sitter. È stato volontario per Greenpeace e per non farsi mancare nulla ha lavorato anche con l’Unhcr e Medici Senza Frontiere.
Tra le sue pubblicazioni, I ragazzi geisha (Ed. Libreria Croce, 2009), libro sulla prostituzione maschile; Stranizza (Bakemono Lab. 2013), storia d’amore omosessuale nella provincia siciliana; Nopperaboo! (Bakemono Lab. 2013), favola per bambini ambientata in Giappone.
Nephilim è la sua prima trilogia urban fantasy.

Link.

Estratti.

Ryan
Una caduta dal 104° piano. No. Non la reggo. Ma avevo visto bene. Dopo pochi piani in caduta libera c’è la statua di un angelo ad ali spiegate. Atterro su quella e da lì continuo a saltare verso i piani più bassi utilizzando statue, cornicioni e tutto quello che trovo nel mio passaggio. Un grattacielo che sembra uscito da un fumetto di Batman. Meglio così. Fosse stato vetro e cemento armato, non avrei avuto nessun appiglio e allora avrei preso la birra con lo zio. Quando arrivo a terra, sento il suono di un clacson.
«Qui! Ryan! Sali!». Morgan, in macchina con gli altri. Se la ridono mentre cercano inutilmente di metterla in moto. Li raggiungo correndo. Un SUV nero quasi mi mette sotto mentre attraverso la strada.
«Ryan! Dov’eri finito?». Morgan mi accoglie urlando a squarciagola. Sono mal ridotti. Blaze ha dei brutti tagli sul petto e Rubi-qualcosa un occhio nero e un braccio piegato in maniera innaturale. L’unico che sembra star bene è Morgan, stravolto dall’eccitazione del combattimento. Ha perso la parrucca, il vestito è strappato in più punti e le corna gli spuntano tra i capelli. Durante il combattimento deve averne perso il controllo.
«Allora, non è stata una festa da sballo?!».
Mi metto al posto di guida, accendo il motore, ingrano la prima e parto.
«Ti sono cresciute le corna, idiota».
«Ma sì, poi le limerò. Ryan, amico mio... cos’è quel sorriso che hai stampato sulla faccia?».
Mi guardo nello specchietto. Sotto il sangue ho un sorriso fin troppo evidente. Non mi ero accorto di sorridere. Rubi-coso dietro di noi continua a urlare e festeggiare. Blaze non dà molta corda all’amico, guarda fuori dal finestrino mentre si gira tra le dita una fiammella. Saranno feriti, ma certo non sono in fin di vita. Guardo la strada, mi accorgo che sto spingendo sull’acceleratore. Troppo. Rallento un po’. Morgan mi fissa. Non capisce se ho ammazzato qualcuno o se sono solo stordito d’adrenalina.
«Ho conosciuto un ragazzo, Morgan».
«Avete capito ragazzi? Ha conosciuto un ragazzo!».
I due dietro non rispondono nemmeno. Stanno cantando qualcosa di indecifrabile che coinvolge una mucca, un fattore e un sacco di altri dettagli che non capisco. Accendo la radio e la metto a tutto volume. Non ho voglia di starli a sentire. Se ci becca una volante della polizia stavolta ci buttano in galera con tutta la macchina.
«Grande, amico mio! Era ora! E chi è? No, Ryan. Non dirmelo. Il cantante del gruppo. Secondo me ti aveva buttato l’occhio. Oppure quel buttafuori con i capelli rossi? Oddio, forse è uno di quelli a cui ho spaccato la faccia davanti la piscina. Ehi! Ho spaccato la faccia al tipo che ti sei rimorchiato? In caso mi devi perdonare, ma c’è da dire che non era niente di che...».
Un rosso bruciato e una curva stretta, terza, poi quarta e via sull’asfalto.
«Chi? Non so di chi stai parlando».
«Allora non lo so. Meno male. Sarei stato un pessimo amico se ti avessi mandato all’ospedale il tipo la sera stessa che l’hai conosciuto! Ma hai visto che ballo che ho fatto fare a quei dementi? Senti, ma ’sta storia che erano Demoni? ’Sti stronzi dei Celestiali ancora si tengono Demoni per casa! Per casa poi! Come fai a tenere sotto il tuo tetto uno che per colazione mangia vermi e cuori di bambini. Certo questi non facevano schifo come altri che abbiamo incontrato. Rubicante! Ti ricordi di quel Demone che abbiamo incontrato in Messico? Quello con le corna da cervo coperte di muco... Eh? Ti ricordi?».
«Mh?».
«Ma sì! Quando c’eravamo messi in testa di trovare un chupacabra per tenerlo come animale domestico».
Rubicante si rimette a cantare con Blaze.
«Alla fine abbiamo trovato una licantropa che era una bomba. Te l’ho raccontato? Vabbè come sia. Insomma amico, incontriamo questo Demone, ma era tipo chiuso in questa cantina da non so quanto tempo. Era circondato da amuleti, roba di quelle zone. Mojo bruttissimo. Ed era tutto ricoperto di una melma che...».
Freno a mano, sterzo. Testacoda. Recupero la strada e lancio la macchina sul ponte di Brooklyn.
«Cazzo Ryan! Dovrò cambiare le gomme, amico! Quanta irruenza in questo Infernale! Quanta irruenza!».
«Jonathan. Si chiama Jonathan».
«Jonathan? E adesso chi è questo? Non dirmi che è un Demone! Meglio un Umano a questo punto! O magari un Infernale! Un altro infiltrato che non abbiamo notato, eh? Un bell’Infernale. Guarda che a letto siamo i migliori. Insomma non sono mai stato con un Infernale uomo, ma le ragazze... ti fanno dimenticare qualunque Umana!”
«Non è umano e non è un Infernale».
«Oh, Ryan, un Demone no! Che schifo! Mah! Basta che non è come quello messicano. È come quello messicano?».
«Un Celestiale».
Anche i due dietro si azzittiscono.
«Un Cele... Tu... stai scherzando, vero?».
Smetto di guardare la strada per un attimo e lo fisso negli occhi. Poi mi giro di nuovo giusto in tempo per schivare una moto contro cui stavo per schiantarci.
«Sei impazzito?».
«Penso proprio di sì».
«Non parlavo della moto».
«Lo so».

Jonathan
«Come hai fatto a scoprire come si chiama?». Blake dorme, ma vado comunque in bagno per non farmi sentire troppo.
Emily ha la voce di un’aquila. «Con i potenti mezzi della Feather, fratellino. Ho mobilitato tutte le schiere angeliche per scoprire il nome del tuo uomo misterioso!». La voce di Emily arriva insieme al suono del traffico.
«Vabbè, come ti pare... Quindi è uno di quegli Hill?».
«Pare proprio di sì, fratellino. Però è andato via anni fa da Los Angeles. Il tuo bel Romeo lavora come pompiere nella Grande Mela ormai da un paio di anni e ha ricevuto anche una medaglia per aver salvato non so che bambino. Un diavolo dal cuore buono».
«Quindi? Hai un suo contatto?».
«Meglio, gli ho dato un appuntamento a Central Park».
«Quando? Emily, io sono da Blake adesso».
«Ups. Pessimo tempismo. L’appuntamento è... adesso sotto l’angelo della fontana di Central Park. Vabbè, se non riesci a venire lo vedremo io e Alexander».
«Alexander lo Stregone? Che c’entrate voi? Che ti stai inventando?».
«Invece di chiedermi di Alexander raccontami un po’ di Blake! Com’è andata?».
«Bene. Senti, mi faccio una doccia e arrivo a Central Park. Casa di Blake non è lontana per fortuna».
«Nemmeno il tempo di far raffreddare le lenzuola! Sei una cattiva persona, sai?».
«Finiscila. A dopo». Attacco il telefono senza darle il tempo di inventarsi altro. Esco dal bagno. L’ho svegliato comunque. L’odore di caffè nell’aria. Blake è in cucina. Canticchia mentre prepara una specie di colazione. Allestisce tazze, tovaglioli e qualcosa che sembra un piatto di biscotti e cioccolata su di un vassoio.
«Ah eccoti! Sto preparando un concentrato di energia per riprenderci e magari ricominciare». Mi viene incontro e mi pianta un bacio sulle labbra. Sa di cioccolato e di sesso.
«Non è un po’ tardi per fare colazione?».
«Ho sempre sognato di preparare la colazione per il meraviglioso ragazzo con cui passo le notti. Adesso che ti ho in casa devo approfittarne. Non sono sicuro che rimarrai fino a domani mattina».
«Io devo andare». Gli metto le mani sulle spalle e lo allontano.
«Appunto. Ma sei appena arrivato. Speravo saremmo rimasti insieme un po’. Magari dormire insieme e domani andare a fare un giro ».
«Mi dispiace. Cose di famiglia. Mia sorella...».
«Ok. La famiglia prima di tutto. Ora che so anche chi, sono ancora più curioso di conoscerli»
«Posso fare una doccia?».
«Certo. Posso farla con te?».
«Una doccia veloce».
«Rapidissima».



Contatti.

www.valeriolamartire.com



Nephilim. Ribellione all’Inferno
Non puoi scegliere di nascere Infernale.
Puoi solo scegliere quanto bruciare.


Sinossi.
La bocca dell’Inferno si è aperta nella baia di New York. E la posta in gioco non è mai stata così alta. Alexander, Emily e Valerie devono affrontare una crisi che potrebbe travolgerli tutti.
Gli Eterni stanno incatenando i Nephilim al loro controllo, in un gioco di potere nel quale nemmeno gli Stregoni rimarranno neutrali.
Mentre il mondo si avvicina alla rivoluzione, Ryan ha un solo pensiero: riportare indietro Jonathan.
Il secondo volume della saga dei Nephilim penetra nei gironi dell’Inferno, è venuto il momento di superare ogni limite umano.

Biografia.
Valerio la Martire è nato a Roma il 5 novembre 1981, con due settimane di ritardo. Ha recuperato il tempo perduto mettendosi a scrivere a dodici anni.
Visto che le sue giornate durano 42 ore ha lavorato come barman, commesso, operatore di call centre, animatore turistico e baby sitter. È stato volontario per Greenpeace e per non farsi mancare nulla ha lavorato anche con l’Unhcr e Medici Senza Frontiere.
Tra le sue pubblicazioni, I ragazzi geisha (Ed. Libreria Croce, 2009), libro sulla prostituzione maschile; Stranizza (Bakemono Lab. 2013), storia d’amore omosessuale nella provincia siciliana; Nopperaboo! (Bakemono Lab. 2013), favola per bambini ambientata in Giappone.
Nephilim è la sua prima trilogia urban fantasy.

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Estratti.

Ryan
Il mostro sovrasta Emily, lei compare alla nostra vista solo per brevi momenti nei quali schiva, si getta a terra e lancia delle urla che allontanano il suo avversario. I capelli sciolti sono bagnati e frustano l’aria, mentre tiene a bada il mostro con il suo pugnale. Da qui sembra così piccola, quella lama. Combatte bene, schiva i colpi più possenti e tiene sempre una posizione di vantaggio sul nemico. Ma ha ragione Alexander. È troppo. Combatte da quanto, dieci minuti? Tra poco sarà esausta. Anche se è una Celestiale, non potrà tenere questo ritmo a lungo.
Una donna esce dal bosco. È nuda, la pelle scura, i capelli neri e ricci fino alle ginocchia. Eva. Cammina a piedi nudi sull’erba e si muove senza guardarsi intorno, tiene lo sguardo basso, si osserva i piedi. Quando si avvicina al cerchio di guardie e Licantropi, tutti si fanno da parte e abbassano la testa.
Sta andando verso Emily!
«Avanti Alexander, aiutami a trovare la matrice così possiamo andarcene. Quella è Eva!».
Lo Stregone si gira verso di me. Ha gli occhi neri e il viso coperto di vene scure e pulsanti. Come quando ho provato ad attaccarlo al deposito bagagli.
«Dammi il braccio», la sua voce è roca e dura. Me lo afferra e con un artiglio mi incide la carne.
«Questo è sangue di Infernale! Il potere chiama potere. Per questo sangue versato, ti ordino di palesarti. Maie came Camaxtli!».
Un boato alle mie spalle. Una delle poche pareti di pietra della stanza è esplosa verso l’esterno, rivelando un comparto segreto. La pietra matrice che contiene i miei poteri schizza come un proiettile verso di me. La afferro al volo e sento che è mia. Pulsa della mia energia, mi appartiene come nient’altro al mondo.
«Adesso distruggi quella pietra, Infernale!».
La getto a terra e la schiaccio con il piede. Onde di energia escono dai frammenti e mi entrano dentro. Sento il potere fluire di nuovo in me. Un flusso di fiamme e rabbia enorme. Tocca tutti i punti del mio corpo. Li innerva e li rinvigorisce. Preme dietro i miei occhi e sulle mie dita. Non lo ricordavo così intenso, o forse il mio corpo aveva imparato a farne a meno.
Eva ha camminato oltre la fila di guerrieri e di Licantropi. Ha raggiunto il centro del prato. Posa una mano sul Lican controllato da Emily e lo paralizza.
Tutto intorno a lei adesso è fermo e immobile. Emily è in posizione di guardia, ma tiene la lama abbassata. Le due donne si osservano senza parlare.
Eva le posa una mano sulla spalla e la tira verso di sé.
«Dobbiamo portare Emily via da lì!», Alexander mi fissa con occhi neri e inumani. «Io non posso farlo, Ryan. Devi farlo tu».
La sua mano mi stringe il braccio con forza, le dita quasi mi entrano nella pelle. Il potere dentro di me risponde al suo tocco infiammandosi. Si dimena con violenza.
Non riesco a contenerlo.
«Alexander, qualcosa non va. Non riesco a...».
«Sei un Nephilim. Scatenati e aiutami a portare via Emily. Lei è in pericolo, avanti!».
Le fiamme prorompono da me. Lo stesso senso di perdita di controllo che ho provato quando ho attaccato Val. Lo stesso calore bianco che ho scoperto di avere quel giorno, adesso esplode fuori di me.
Alexander sparisce dietro le fiamme che mandano in frantumi la vetrata, inondano il prato e lambiscono la foresta. Divorano tutto ciò che incontrano. Ma c’è qualcosa di diverso, stavolta. Sento di poterle muovere, gestire. È come se fossero una mia estensione, una parte meno materiale del mio corpo. Emily è di nuovo sola. Eva sembra essere sparita, mentre tutti gli altri intorno hanno ripreso a muoversi e si preparano a rispondere al mio attacco.
Riesco a modulare le fiamme e genero uno scudo di fuoco che mi protegge dai proiettili dei cecchini. Sento le pallottole cadere e fondersi nelle mie fiamme.
Utilizzo questo nuovo controllo sui miei poteri per creare un corridoio che mi conduca protetto fino a Emily; percepisco Alexander correre al suo interno. Il fuoco mi trasmette sensazioni fisiche. Non era mai successo prima.
I miei poteri sono cambiati.

Jonathan
Un deserto. Lo stretto sentiero indicato da Dumah mi ha portato in un deserto oscuro. Non so per quanto tempo ho camminato. Il tempo non sembra avere un gran senso qui. Non ho fame e non ho sete, ma mi sembrano passate ore da quando ho preso la stradina che s’inerpicava oltre le rocce. Qui lo spazio non ha limiti come nel tuo mondo, la strada sarà lunga quanto deve. Chissà che cosa intendeva. Nel primo girone, la volta sopra di noi era illuminata dalle fiamme e dal riverbero della lava. I fumi di zolfo si accumulavano sulle rocce, tra le stalattiti nere che ci minacciavano come migliaia di spade di Damocle. Qui il cielo è buio e imperscrutabile. Non ha stelle o nuvole. Solo la soffocante impressione che sia tanto vicino quanto nero. Evoco le fiamme di Ryan e le mantengo nel pugno, per illuminare intorno a me. Qualche sterpaglia. Sassi e terra gialla. Niente più di questo. L’aria è pesante e opprimente. Non c’è vento, sento la polvere entrare nei polmoni. Fa caldo. Un caldo che secca la gola, eppure non c’è il sole. Tutto questo mi dà la sgradevole sensazione che le leggi siano state scritte per creare disagio e dolore. Qui niente ha a che fare con il reale. Il mio stesso corpo pesa come se fosse premuto verso il suolo, a impedirmi di alzare la testa al cielo.
Sono lontano da quella grotta di fuoco, da quella sofferenza di ossa e nervi esposti, da quell’odore di carne bruciata che si stacca in brandelli, dal quel sangue rappreso nelle vene per il calore, eppure mi sento quasi peggio. Rinchiuso in un pozzo profondo dove posso solo sperare di soffocare in fretta.
Forse perché è proprio questa la verità. Non importa cosa farò, non importa come userò i giorni che mi restano. Comunque vada, qualsiasi scelta io faccia, non uscirò vivo da qui.
Non esiste via d’accesso all’Inferno. Non esiste via d’uscita dall’Inferno. Si può solo essere inghiottiti in questo mondo arido e morto. Venire consumati e diventare polvere nei polmoni di qualcun altro.
Non c’è niente per un essere vivente. Non c’è speranza o futuro. Solo una lenta morte.
Ma ho del tempo. Non so quanto, forse poco, comunque non ho intenzione di sprecarlo. Quel dannato ha visto le proprie ferite curate e si è lanciato di nuovo sulle rocce, aprendosene di nuove. Ma non saranno tutti così.
In quel girone infernale ci sono le anime più antiche. Quelle che non conoscono cambiamento. Quelle che non possono accettare il cambiamento. Per quanto fugace e benefico esso sia. E l’ambiente ne rispecchia il pensiero. Qui è diverso. Deve essere diverso. Il Diavolo mi ha detto che le anime che sono rinchiuse in questo girone sognano ancora. Coloro che abitano questo luogo non sono perduti. Per loro posso fare qualcosa. Per loro posso impiegare gli ultimi giorni che mi rimangono. Qualcuno dei dannati vorrà giustizia, pace, la fine del dolore ciclico e senza fine. Per loro cercherò di cambiare le regole.
I miei poteri funzionano. Non so come. Forse grazie all’energia di Ryan che ancora sento scorrermi dentro, forse perché è come ha detto Emily: non siamo così diversi dagli Infernali.
Emily, Val... mi mancano. Spero che le cose si siano messe a posto dopo che la bocca dell’Inferno si è chiusa. Ryan si ricostruirà una vita. Le mie sorelle torneranno ad amarsi come un tempo. Tutto tornerà a posto o forse no, in ogni caso tutto andrà avanti anche senza di me. Io non sono mai stato tagliato per essere un Feather. E loro un giorno lo capiranno.
Blake non lo vedrò mai più. L’ho lasciato che dormiva a letto. La nostra storia era appena cominciata ed è già finita. Sono sparito senza una spiegazione, senza un addio. Non mi perdonerà mai. Ora che è lontano per sempre, vedo i miei sentimenti con più chiarezza. Da quaggiù tutto sembra più evidente, i dubbi rimangono troppo piccoli sullo sfondo perché possa guardarli. Resta solo ciò che conta e lui era qualcuno d’importante. Qualcuno da tutelare e di cui prendermi cura.
Non l’ho nemmeno salutato. Sono andato via per raggiungere Ryan e l’ho lasciato solo. Forse cercherà di rintracciare Emily. Adesso che sa chi sono, potrebbe farlo. Ma come si prende contatto con una rock star? O con l’amministratore delegato di una compagnia come la Feather Corporation? Non ho fatto in tempo a fissargli un incontro per finanziare la clinica! Questo era importante. Se la clinica dovesse chiudere, Blake ne uscirebbe distrutto. È tutta la sua vita. Dovrà trovare il modo di farcela lo stesso. Nemmeno questo ho potuto fare per lui. Non gli ho lasciato nulla.
Chissà come sarebbe andata avanti la storia con lui. Forse da nessuna parte. Rivelargli la mia vera natura sarebbe stato impossibile, mi avrebbe amato lo stesso?Mi devo occupare del qui e ora. Sono solo in mezzo a una steppa deserta... e quella sembra essere una strada asfaltata. Alimento le fiamme e genero una luce abbastanza forte da vedere qualche metro più in là.
Sì, è una strada asfaltata. Malconcia forse. Ma è una strada. Prosegue sempre dritta in entrambe le direzioni. Quando metto un piede sul manto c’è un cambiamento. All’orizzonte, dove sembra finire la striscia di asfalto, vedo un bagliore. Qualcosa di dorato e tenue che si fa sempre più forte. Il sole, qui? Una piccola sfera di luce emerge oltre la curva di questo mondo e tutto inizia a prendere forma e colore.
Il sole illumina il paesaggio e l’enormità di questo luogo mi spaventa. L’orizzonte sembra così lontano. Alle mie spalle vedo solo ora che c’è la mostruosa sagoma di una nave. È poggiata sul fianco e, mentre la osservo, vedo l’acqua scivolare dalle fiancate, il terreno bagnarsi e raggiungermi fino alla strada. Lo scrosciare cresce d’intensità, poi si placa e finisce. Sul lato c’è scritto 456-9 NY USA. Una nave mercantile di New York? Questo posto ha sempre meno senso. Non ci sono alture o colline o montagne a bloccare la vista. Solo una pianura sconfinata e questa nave arenata nel nulla. L’alba sembra immobile. La luce non aumenta. Il sole non sembra riuscire ad affrontare la volta celeste, che rimane per la maggior parte nera come quando era notte.
Lancio un’ultima occhiata al relitto e m’incammino verso l’alba.
Se voglio incontrare qualcuno, camminare su questa strada mi sembra la scelta più logica. Porterà da qualche parte. Oppure sarà solo un altro gioco perverso e senza senso? Una strada desolata e vuota dove camminare per sempre, senza raggiungere mai nulla.
Laggiù c’è qualcosa che si sta muovendo. Vedo una nube di polvere sollevarsi al suo passaggio. Non tira vento, non penso sia vento.
Qualcosa si sta muovendo in questa direzione. Qualcosa di grande. Oppure qualcosa di numeroso.
La terra trema. Sembra il rumore di una mandria. All’orizzonte vedo delle figure. Potrebbero essere degli uomini a cavallo. Ma sembrano così grossi. Hanno un aspetto strano.
Non sono cavalli. Sono mostri.
Stanno venendo qui. Stanno venendo per me.



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