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mercoledì 5 dicembre 2018

"La casa di carta" recensione semiseria (SPOILER TOTALI prima e seconda parte)



Otto disgraziati che indossando maschere di Dalì cercano di assediare la Zecca di Madrid, per produrre soldi da portare a casa propria. Buttata lì così sembra più una barzelletta, invece stiamo parlando di una serie tv che ha fatto molto parlare di sé e lo farà ancora, perché la terza stagione uscirà nel 2019. Voi la state aspettando?

"La casa di carta" è una serie televisiva spagnola, le cui puntate in versione originale presentano una lunghezza di 70-75 minuti, mentre nella versione per "Netflix" si è scelto di stringere gli episodi facendoli da 40-60 minuti, pertanto la serie e divisa in parte 1 e parte 2. Quindi in Spagna quante sono le serie effettive? Credo una o tutte quelle che volete, non penso di averlo capito.
Gli otto disgraziati compiono il loro colpo sotto la guida di un personaggio chiamato "Il Professore", che sembra sapere quello che fa... finché gran parte dei suoi intenti puri non va in frantumi. Credo che neanche facendo un cocktail tra Tokio e Berlino si riesca a raggiungere il suo stesso equivalente di sviste e questioni imbarazzanti; e sì che i due sembravano usciti da uno spettacolo comico.
I rapinatori, sotto questa impeccabile guida assumono nomi di città per nascondere agli altri i propri (ma praticamente andranno a presentarsi tutti o la polizia scoprirà alcune loro identità), per andare a chiamarsi Tokio (la narratrice), Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Oslo ed Helsinki. I luoghi che gli otto si sono scelti, rispecchiano i loro caratteri in maniera cristallina.
Non sarà una rapina semplice, perché l'ispettrice Raquel Murillo non avrà alcuna intenzione di dar loro un attimo di tregua (beh insomma...).
Non aspettatevi coerenza negli atteggiamenti manipolatori.
C'è un motivo molto serio per cui faccio questa precisazione. La critica più forte mossa alla serie è quella delle dinamiche malate veicolate in maniera naturale, come se niente fosse. Il punto è molto più  a monte, perché lo stesso presupposto di partenza del colpo è manipolatorio: entrano, stampano tante banconote, non feriscono ostaggi, escono e passano da grandi eroi. È così che il Professore intende far rapinare la Zecca, facendo di tutto perché la pubblica opinione pensi che sono un gruppo di persone dal cuore nobile...ma SONO RAPINATORI. Ra-pi-na-to-ri.
Lo stesso intonare prettamente a casaccio "Bella ciao", che parla del combattere l'invasore quando comunque sono loro che hanno fatto un'irruzione, ha intenti chiaramente manipolatori: loro pensano o vogliono far intendere di essere la resistenza al sistema corrotto (vedi discorso del Professore quando afferma che il denaro è solo carta e la Banca centrale stampa banconote in più quando servono, perché loro no?). Insomma sono eroici ebbasta. Legale o illegale non importa.
Anche lo stesso utilizzo delle maschere per cui rapinatori e ostaggi si confondono tra loro, è sì un espediente narrativo interessante, ma ci indirizza verso l'interpretazione delle vicende: sarà tutto molto confuso e difficile da districare e la cosa sarà perfettamente voluta.
Si vuole creare caos, sconvolgere la visione del mondo e portarci a riflettere sul senso del bene e del male. Secondo me ci sono riusciti.
Dal momento in cui assistiamo a "La casa di carta" sappiamo già che il contesto è tortuoso e  che le persone hanno un modo tutto loro d'intendere le questioni.
Raquel  Murillo
All'interno di questa serie ci sono parecchi individui dalla personalità aggressivo/manipolatoria e sembra che il concetto cada un po' nel vuoto, perché le vittime non sono sempre coscienti di esserlo e i carnefici uguale.
La stessa Raquel (Itziar Ituño) è così ripetutamente vitttima di abusi che non li conta più. Prima aggredita dall'ex marito che è un violento, poi deve subire lo stalking del collega e, quando sembra incontrare un uomo sano, Salvador, viene raggirata anche in quel caso e resta un dubbio nel finale: come fa Raquel a perdonare gli intrighi del Professore e far passare che vada tutto bene nonostante abbia perso anche il lavoro per colpa sua? Io credo che il messaggio di fondo sia molto sottile: una vittima di violenza è predisposta a ricaderci ancora se non sta attenta e paradossalmente i sotterfugi del Professore le sembravano meno gravi di tutto il resto. Ma lo sono? Lui è sincero nei suoi confronti? La loro stessa storia ci viene servita come qualcosa che a lui è sfuggito di mano, perché non ha mai avuto relazioni e allora si è davvero innamorato. Può essere davvero così ingenuo e il passato cancellato via da parte di lei come un movimento di cancellino su una lavagna? Oppure abbiamo a che fare con un narcisista covert (se continuate a leggere ci sarà una spiegazione del termine)?
La relazione di Berlino e Ariadna sicuramente non si può definire tale. È un rapporto in cui lei si lascia sfruttare affinché tutto finisca presto e, già che cova rancore nei suoi confronti, vuole una parte dei suoi soldi. L'atteggiamento della donna nei riguardi del suo predatore, più che ambiguo è rancoroso, la dinamica è molto più chiara rispetto a quanto non sembri. Non è che lei lo asseconda, lei vuole assicurarsi la propria sopravvivenza ma comunque è molto più ingenua e umana di lui.
Poi c'è un legame più complicato, ovvero la sindrome di Stoccolma che colpisce Monica quando Denver prima le spara a una gamba e poi la cura... oppure no? Nonostante il ragazzo sia in buona fede, cosa ci assicura che ormai non sia troppo tardi e in lei sia scattato proprio questo switch mentale, per cui pensa di amarlo? Sindrome o no, penso che la vedremo presentarsi come Stoccolma prossimamente, per cui lo scopriremo.
Ci sono anche altri temi che scaldano gli animi, come la svalutazione della donna in ambito lavorativo e in famiglia, ma questa serie non è a scopo educativo e non sembra costruita per insegnare la strada giusta all'umanità; piuttosto rivela certe carenze della società e degli individui e lo fa in maniera ambigua e da interpretare. Anche perché vorrei vedere cosa c'è di educativo nell'assaltare la Zecca e mettersi a stampare soldi da portare a casa con la carriola...
Se siete appassionati di psicologia, vi assicuro che resterete incollati al computer durante le puntate per scovare i vari disturbi dei personaggi, che a me non sembrano affatto piazzati a caso. Se prediligete le serie action, non avrete molto pane per i vostri denti a parte rare eccezioni, non è lì che si concentra il focus.
Tokio
I punti di forza della serie sono la rapidità e l'introspettività. Le questioni vengono analizzate dalla particolare sensibilità della nostra "cantastorie": (che prende vita grazie a Úrsula Corberó) ella andrà ad illuminare anche sotto le porte pur di raccontare perfettamente cosa accade. La caotica Tokio è particolarmente sfacciata e senza mezzi termini ci svela i segreti, le mezze verità, si lascia dietro il superfluo e mira all'essenza del cuore delle persone, in parte condanna e in parte assolve le azioni altrui a seconda di quanto siano vere e incentrate verso il bene. La stessa scelta di un "io narrante" femminile accentua la propensione di voler presentare al pubblico una storia dai connotati più umani che action. Paradossalmente nel contempo è la stessa Tokio a dominare con scene d'azione un tantino sopra le righe per il suo personaggio. Ok essere spericolata, fare fughe esagerate, essere una tipa tosta, impulsiva (MA POCO EH?!), saper usare qualsiasi tipo di arma e tutto quello che vuoi, ma davvero sei in grado di risalire le scalinate della zecca impennando in moto, roba che neanche uno stuntman?!
Nonostante sia innocua quanto una bomba innescata in un centro commerciale di domenica, con i saldi, non ha secondi fini. Ogni colpo di testa che ha, avviene perché lotta per una vita migliore e contro la prepotenza... non è vero Berlino?
Berlino
Se nelle prime battute può sembrare un capo un po' freddo ed esibizionista (dirige le operazioni interne per conto del Professore), diciamo che i guai non sono tutti lì, perché abbiamo di fronte un vero e proprio narcisista, ovvero ha un disturbo della personalità (se volete saperne di più cliccate qui, che ho trovato un'analisi molto interessante). È la stessa cartella clinica rinvenuta dalla polizia ad affermarlo. Il che, per chi non avesse intenzione di leggere l'altro articolo linkato, indica una persona  che ha subito in genere traumi affettivi durante l'infanzia, che in età adulta diviene fortemente incentrata su se stessa tanto da ridurre le interazioni umane a un mero gioco di manipolazioni e sfruttamento. Un narcisista è incapace di provare emozioni di attaccamento vere e proprie ed empatia, perlopiù è capace solo di rabbia e invidia, che manifesta rovinando subdolamente la vita di chi ha attorno, sminuendo, mortificando e sviando la verità in maniera tale che alla fine il disturbo di personalità sembrano gli altri ad averlo.
Molto meglio incontrare certi elementi in una serie tv che in giro, ma devo ammettere che Berlino in questo contesto funziona, altro se funziona! Soprattutto gli abbiamo a fatica trovato un lato positivo, ovvero la capacità di avere del sangue freddo in situazioni emotivamente insostenibili e una spiccata abilità per il teatro, a vedere da come recita la parte del povero disgraziato quando lo intervista la polizia. Ovviamente anche la sua morte doveva essere una splendida recita stile musical in cui l'eroe si sacrifica per tutti, altrimenti non era contento. Si sarebbe sacrificato ugualmente, così egocentrico, se non avesse avuto una malattia degenerativa che lo avrebbe ucciso entro l'anno? Non vi resta che chiederlo alla povera Ariadna, che voleva ereditare tutti i suoi soldi come risarcimento alle violenze sessuali e psicologiche subite e per poco non viene sacrificata con lui...
Ad ogni modo l'interpretazione di Pedro Alonso è magistrale e stratosferica. Non è da tutti restituire in maniera efficace una personalità così complessa e sfaccettata. 
Mosca
Basilare seppur molto silenzioso, è il ruolo di Mosca (interpretato da Paco Tous), che funge da collante/coscienza dell'intera squadra, nonché da babysitter per i più indisciplinati (vero Denver e Tokio?). L'uomo è ossessionato da continui rimorsi per aver trascinato il figlio (Denver) all'interno di questo qualcosa più grande di loro. Avrebbe voluto vivere una vita onesta e spera di raggiungere il suo traguardo... tutto molto bello se non fosse costretto a prendersi tre pallottole nello stomaco proprio sul finale, solo perché Tokio ha bisogno di rientrare in scena saltellando con la moto della polizia. Ci doveva pur essere qualcuno disposto ad uscire a sparare per coprire questo ritorno trionfale!
Denver
Egli stesso con la sua dipartita costituisce uno dei grandi picchi emotivi della serie: negli ultimi istanti di vita, invece della figura di Tokio al suo capezzale, rivede la moglie tossicodipendente che aveva abbandonato molti anni prima e chiede redenzione. Ironia della sorte la ragazza, capendo e non capendo l'allucinazione e a chi stesse parlando esattamente, si cala nel ruolo e concede questo perdono, ripensando a tutti i rimproveri ricevuti proprio dallo stesso uomo nei mesi precedenti alla rapina e durante. Il rapporto Tokio e Mosca è conflittuale fino alla fine ma c'è il riavvicinamento finale, perché in fin dei conti lei ha sempre desiderato un padre come lui, capace anche talvolta di dire cose molto dure ma giuste.
Denver (che prende vita grazie a Jaime Menéndez Lorente) ci viene presentato come una sorta di vulcano pronto ad esplodere già nella prima puntata, un casinista di prima categoria nonché uno sbandato... e sbandato lo è, ma a parte l'assurda love story con Monica Gaztambide non combina niente di niente, anzi scongiura anche l'aborto della donna. Praticamente tutto ciò che mi aspettavo da lui alla fine lo ha fatto Tokio e viceversa, ma non ci lamentiamo dai. La parte più grave è quella della relazione: ok l'ha convinta a tenere il bambino, ok le ha risparmiato la vita, ma davvero può nascere un amore serio in così poco tempo, dal momento in cui il colpo dura pochi giorni?
Rio
Rio è semplicemente adorabile, se volete vederlo più spavaldo, potreste cominciare a seguire "Élite"(c'è anche Denver nella stessa serie), in cui l'attore promette molto bene. Interpretato da Miguel Herrán, sembra uscito da una scatola di Baci Perugina e va subito a conquistare il cuore di Tokio, freddo per colpa della morte del suo ex durante una rapina, morte di cui la donna si sente responsabile. Potrebbe essere un cucciolo di panda per la sua ingenuità, se solo la questione non fosse un pochino estremizzata: ok che in precedenza era un hacker e non un vero e proprio rapinatore, ma vogliamo trattarlo come un bambino di cinque anni o come un uomo che ha deciso come tutti gli altri di andare ad assaltare la Zecca? C'è sempre un trattamento di favore per questo "ragazzotto" che sembra un cagnolino abbandonato, più che un individuo adulto e questo si ricollega sempre al discorso di presentare la verità impacchettata in un certo modo.
Nairobi (Alba Flores) sembra l'unica ad aver capito il motivo per cui hanno fatto irruzione all'interno della Zecca: stampare soldi. Era un'azione così lineare e logica che né Berlino con la sua sete di potere, né Tokio con le sue ribellioni verso di lui, né Rio con i suoi struggimenti, né Denver col suo amore da soap opera seguito dal padre che lo ammonisce, avevano pensato. Certo, d'altronde chi mai si metterebbe a realizzare il proprio obiettivo quando ci sono gli ostaggi da terrorizzare, donne da stuprare, compagni con cui litigare e fare pace.
Nairobi
Troppe distrazioni, rischiava di diventare tutto un luna park, invece lei contrariamente a tutte le aspettative (e non erano molte, dal momento che ha lasciato solo il figlioletto piccolo per prendere una pasticca dallo spacciatore) si è messa a lavorare a ritmo costante e senza lasciarsi deviare. Ovviamente aiutata dagli ostaggi, i compagni erano occupati a dare spettacolo. Emerge prepotentemente come figura femminile perché finalmente c'è qualcuno che riesce a mitigare Berlino o quantomeno a zittirlo senza che lui faccia troppi danni. L'intervento di Nairobi a un certo punto sembra la mano del destino che vuole salvare l'umanità caduta in disgrazia e noi gliene siamo grati, perché da lei è uscito fuori un personaggio sorprendentemente positivo.
Oslo                 Helsinki 
Vorrei dirvi qualcosa di più su Oslo (Roberto García) ed Helsinki (Darko Peric) ma non sono personaggi molto rilevanti. Vengono approfonditi alquanto superficialmente e si sa soltanto che sono amici, che hanno combattuto insieme, che Helsinki è gay e Oslo muore in una maniera poco più umana di quella di Khal Drogo su Game of Thrones. Non attirano particolarmente l'attenzione, sembrano più braccia messe a rinforzo dell'intera operazione, come se a fare il resto dovesse pensarci qualcun altro.
Arturo lo nomino perché è l'unico ostaggio che tutti vorrebbero morto ma il miracolo non avviene mai. Il signore è il direttore della Zecca di Stato e riesce ad essere peggiore dei rapinatori. Intanto prima del furto e di Denver, Monica era la sua amante e stava per convincerla ad abortire, poi invece di fare l'ostaggio e basta s'improvvisa Chuck Norris e tenta circa seicento imprese disperate che richiederanno anche rischi notevoli da parte degli altri sequestrati che volevano solo continuare a vivere qualche anno di più. Invece non trova pace, credo si sia svegliato improvvisamente poliziotto.
Ma veniamo al pezzo forte: Il Professore.
Egli è la mente che muove il tutto. Calcolatore, preparato, minuzioso, raccatta tutti i tasselli del suo puzzle e li istruisce e plasma fino al momento del colpo. Lui ha previsto ogni mossa, è sempre un passo avanti alla polizia, eppure è una figura poco chiara.
L'idea del colpo proviene da una storia alquanto strappalacrime: era un bambino sempre malato e il padre è morto in una delle rapine che faceva per sostenere le spese ospedaliere. L'idea dell'anno la ruba proprio a suo padre e con fervore s'impegna a metterla in atto con corpo ed anima.
Innanzitutto chi è Berlino per lui? È l'unico che piange per la sua morte e lo chiama fratello. Tuttavia, se il nome di Berlino è Andrés de Fonollosa e il Professore si chiama Sergio Marquina, come farebbero ad essere realmente imparentati? Suppongo a questo punto che o uscirà fuori qualche notizia in futuro o questo legame sia da intendere come un'amicizia di quelle indissolubili. Notare bene che il Professore è l'unico che piange per la morte di Berlino. Nemmeno sua madre ha versato tante lacrime.
In quanto alla relazione con Raquel, possiamo pensare che lui abbia semplicemente sbagliato strada sempre e che volesse fare sempre la cosa giusta ma poi così non è andata? Lui voleva solo incontrarla e informarsi riguardo le mosse della polizia ma non innamorarsi di lei?
Forse. Probabilmente la sua personalità è ancor più complessa e oscura di quella di suo fratello, ben più prevedibile. Questa patina d'innocenza che lo riveste sempre e comunque è molto sospetta, fino all'ultima scena in cui con Raquel sembra ripartire da capo: con un caricabatterie. Cosa insinuerà quella scena? Che adesso c'è una nuova vita basata su rispetto e sincerità o che ricomincia il circolo di bugie?
Se c'è una cosa che abbiamo capito, è che "La casa di carta" non è una semplice serie in cui si spara e risolto il furto. Ci sono molte implicazioni psicologiche al suo interno, molti significati da capire e studiare. Per questo l'ho amata nonostante l'amore lampo di Denver, nonostante Tokio motociclista e nonostante le incongruenze. È un fantastico rompicapo... e io amo le cose complicate.

2 commenti:

  1. molto sospetta, fino all'ultima

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  2. La patria non può essere portata via, può essere portata via solo dalla nostalgia; se la patria potesse essere portata con sé come un sacco, varrebbe una miseria. E nei film https://www.cb01.pictures/animazione-streaming/ un uomo è buono.

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