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martedì 27 maggio 2014

Non avevi mai ferito nessuno.









Oggi te ne sei andato
che probabilmente ti piangeranno in pochi.
Rare lacrime cadranno per te,
che non avevi mai ferito nessuno.
Si strazieranno, torceranno,
malediranno il cielo
per persone peggiori di te.
Di te che non avevi mai usato nessuno.
Di te che gli unici abbracci mai dati,
son stati sempre e solo sinceri.
Di te che hai agito sempre e solo col cuore,
senza nemmeno poter mostrare dolore.
Quella lacrima che ti chiamò all'esistenza,
non ti ha comunque impedito di sentire il calore del sole;
anche laddove per scaldare quelli come te,
qualcuno non aveva abbastanza cuore.

Spero solo tu sia soddisfatto,
di quel tassello scomposto che ti avevano offerto;
felice di esserci almeno stato,
anche se ogni attimo era sofferto.
Spero solo che trovi
il tesoro che hai dato agli altri,
senza mai chiedere niente.
Spero solo ci sia un'occasione migliore,
per evitare questo calice amaro.
Spero solo ci sia un ritorno più giusto,
anche se francamente lo vedo lontano.

Non avevi mai ferito nessuno,
non avevi mai fatto l'amore.
Non avevi mai fatto l'amore,
in questo gioco perverso
chiamato vita.

domenica 25 maggio 2014

Le persone con gli anfibi.

Una volta ero nel pullman, persa come sempre tra i miei pensieri.
L'autista prende tutte quelle bolle e le fa scoppiare a terra, nel momento in cui esclama, ridendo: "Con quelle io ci facevo il militare".
Si riferiva ai miei poveri anfibi. Lì per lì ho ricambiato ridendo; ma poi la mia testa è diventata un turbinio di nuvole.
Premessa: non vivo in una grande città, nemmeno in un paesino; nonostante ciò, ho impiegato parecchio tempo per meditare una simile scelta. Nonostante facciano moda, eh! Ci ho messo tempo, perché rappresentano comunque una svolta di stile piuttosto forte, che in un certo qual modo ti etichetta. Sembra stupido, ma la gente ti vede vestita in un modo e si fa una determinata idea di te. Sbagliata o giusta che sia.
Ad esempio, per alcuni addirittura sono una metallara... e mai ascoltato metal in vita mia!
Fatto sta che, scherzi a parte, un indumento simile definisce l'individuo. O meglio, il suo modo di pensare, di comportarsi. Di vivere.
Non è come comprare una scarpa da tennis: dall'anfibio difficilmente torni indietro. E se lo fai, ti sembra quasi di tradirlo. Cominci a chiedergli scusa mentalmente, sperando di tornare a indossarlo.
Comunque dicevo, la mia testa è diventata un turbinio di nuvole: riflettevo sulle persone con gli anfibi.
Le persone con gli anfibi, sono quelle che la vita per loro è sempre stata una guerra, ma non te lo vengono a spiegare.
Sono quelle che ricambiano la delusione con la rabbia, per poi lasciarsi sanguinare nel buio.
Sono quelle ipersensibili e magari sarcastiche nel contempo. Quelle che tante volte, ridendo fanno finta di niente e poi si pentono di tutto.
Quelle che la loro fiducia non è facile da conquistare, e se poi la conquisti riesci a segnargli l'anima.
Quelle che sembrano allontanare l'altro, invece cercano vicinanza.
Quelle che non vogliono sentire ragioni, eppure necessitano del dialogo.
Quelle che fanno pensieri troppo grandi e strani, ma magari cambiano il mondo.
Spavalde, ombrose, emotive, difettose.
Perché no: magari anche piuttosto sincere.
Perché a mostrarsi per ciò che si è, in fondo ci vuole coraggio.

martedì 20 maggio 2014

Paperblog, arrivo!

Buongiorno a tutti!
Tempo fa sono stata contattata da Silvia, un'amministratrice di Paperblog, blog che ripropone sulla sua piattaforma gli articoli dei blogger che partecipano (potete notare tutto ciò, nel commento a "Il Mondo Giallo. Quello in cui i Braccialetti Rossi ti entrano nel cuore"). Insomma, mi ha invitata a partecipare.
Dopo averci riflettuto un po', ho deciso di buttarmi!

Pertanto convalido l'iscrizione di questo blog al servizio Paperblog, sotto lo pseudonimo federicaforlini.

giovedì 15 maggio 2014

Altri oggetti leccati da Miley Cyrus

Ok ragazzi. Questo teoricamente (teoricamente, ripeto) è un blog di cultura; ma siccome il 50% delle visite ho notato che continua a provenire dal mio post di Miley che lecca un martello, ho deciso di accontentarvi ulteriormente. Sappiate che ci si può fare una gran cultura sul campionario di oggetti lucidati a lingua dalla star.
Vi dico (così stanotte dormite), che intanto ha pulito per bene un astronauta, che ne è uscito frastornato, ma contento.

Poi, come ben sappiamo, nonostante il successo lei resta una ragazza come tante. E come tutte le ragazze come tante, quando in famiglia le dicono di fare una cosa, non si tira indietro. 
Indiscrezioni narrano che le sia stata promessa la paghetta, nel caso fosse riuscita a togliere per bene l'alone dagli specchi di casa.
Qui invece stava ringraziando l'idolo della sua infanzia, in segno di riconoscimento per le fantastiche domeniche mattina passate a guardarlo incantata in tv, sul divano, con la tazza di cereali sulle ginocchia e le treccine in testa.
Questo invece è un nuovo Guinness World Record: leccare l'aria. A quanto pare è ancora la detentrice. Una nuova frontiera, dato che le altre non ci avevano ancora pensato.

Dopo questa, hip hip hurrà per un mondo che va avanti a leccate. Da brave, bambine: correte a fare pratica a casa con tutti gli oggetti che avete a disposizione, che tanto è questo che rende famose e conta nella vita.
Siete anche fortunate! Le case sono piene di oggetti da leccare!
NB: per quelle che volessero fare una carriera seria, sappiate che studiare una vita non vi servirà a salvarvi dalla rivale che vi leccherà pure il libro che state leggendo.
Dopo questa immensa soddisfazione, vi saluto.
Alla prossima!

Lettera d'amore


Buongiorno, anime!
Avrei dovuto dire: "buon pomeriggio", ma bando ai convenevoli. Oggi volevo condividere una lettera con voi, che avevo scritto per un concorso. Ebbene: non mi sono qualificata, ma ho ricevuto un simpatico attestato!



Dopotutto vincere sarebbe stato bello, ma essere riuscita a toccare lo stesso il cuore di qualcuno, è altrettanto importante.
Vincere non è lo scopo primario; emozionare sì.



Caro Guido
scrivo perché tu non lo legga mai, scrivo per non impazzire. Scrivo perché altrimenti sarei già in bagno ad aprirmi le vene con una lametta. Ma non sono una disperata; o perlomeno, convincermi di non esserlo mi aiuta a superare la giornata ogni volta che il sole spalanca le fauci, ogni volta che devo buttarmi giù dal letto, fingendo di sentirmi viva.
Tutti i giorni mi spegni sigarette sulla pelle, e non lo sai.
Dicono che gli amori non corrisposti sono i più poetici, invece sono solo uno schifo. Un'ingiustizia a tradimento come nelle guerre, che tanto muoiono solo gli innocenti. Dicono che gli amori non corrisposti non dovrebbero esistere, che siamo stupidi noi a crearli, a dargli forma e farli volare, aquiloni di contrabbando; ma non posso farci niente se mi sei scoppiato dentro come un tumore e non fai altro che ridurre in cenere ciò che è rimasto di buono in me, se ogni volta che ti guardo negli occhi mi perdo e devo fermarmi per recuperare il respiro. Per nascondere il mio segreto, per celare la ferita aperta e sanguinante sotto stitici sorrisi di gesso.
Non volevo te e non ho mai pensato a una persona come te, finché non ti ho sentito ridere. Finché non ho ascoltato attentamente ciò che dicevi per naufragare in ogni tua singola parola.
Perché era quello che mi trascinava pericolosamente verso di te: i tuoi discorsi erano una porta magica attraverso la quale facevi passare il mondo e ne usciva diverso, cambiato, plasmato con le tue mani. E ci credevo. Ci credevo anche se non volevo e non dovevo crederci. Ci credevo nonostante avessi un altro. Ho fatto di tutto per salvarci, per scappare da queste lacrime; ma la sua risata cadeva inevitabilmente nella tua, ogni volta che mi era dentro apparivano dal nulla i tuoi occhi. Non era più lui: facevo già l'amore con te.
Desideravo solo morire per non incrociarti ancora una volta, per non scherzare con te sforzandomi di far finta di niente. Perché tu non mi vedessi a pezzi, perché tu non mi chiedessi cos'ho; invece ti ho guardato dritto in quei turbini scuri per dirti “non preoccuparti: sto bene”. Per non sentirmi un'adultera, una schifosa, per scrollarmi quello sporco di dosso, per non farmi ancora più disgusto di così. Ma la tua amicizia non ha fatto altro che bruciare, corrodere ogni singolo neurone nella mia testa. Non so più contare le vicissitudini che ti hanno strappato a me, sono graffi che pulsano ancora.
Dovevo solo starti lontana, evitare di parlarti, di giocare col fuoco. Invece mi son lasciata sventrare viva. E i tuoi denti non ne hanno ancora abbastanza.
Ti scrivo perché tu non capisci, nessuno capisce quanto faccia male ardere vivi senza poter urlare: brucia tutto e boccheggi come un disperato, ti castighi inghiottendo i fantasmi, frustrando i tuoi sentimenti già repressi. Rimangio le lacrime e non voglio crollare; ma non ne posso più.
Sei un tormento vivo e costante da quando non hai capito, da quando ho lasciato lui, da quando hai scelto lei: mia sorella. Poco diversa da me: tanto che mi fai sempre pensare che ci sono andata così vicina da perdere il senno. Vorrei strapparmi via questo corpo ogni volta che entri in casa con quel giubbotto di pelle e l'aria da svampito, mi rifili una pacca sulla spalla e poi ti chiudi in camera con lei, la stessa camera in cui vado a dormire e ricostruisco i vostri odori fusi in una cosa sola.
Le volevo così bene... ora vorrei solo tirarle via la faccia perché non sono lei. Perché lei ti spalma addosso e io non ti vivrò mai.
Mi sveglio a notte fonda singhiozzando in preda a crisi di panico, perché mi resterà sempre quel dubbio attanagliante, di quando ero occupata e chiedevi a lei di me. Cosa le chiedevi davvero, quando le chiedevi come stavo? Cosa mi chiedevi davvero, quando mi chiedevi come andava col mio lui? Dimmi che erano solo domande innocenti, dimmi che non avevi secondi fini. Ti prego, dimmi solo che non hai scelto lei perché non potevi avere subito me; dimmi che non ti ho perso solo per un equivoco, uno stupido scherzo del destino, che questo grumo di sofferenza mi sta rendendo cieca.
Le mie ali spezzate non mi fanno volare, questa tenaglia sul cuore non molla né allenta la presa.
Le tue iridi torbide, in cui galleggia un bagliore triste di luce, con segreti che non dirai mai. La nostra storia: un embrione abortito di passaggio, che se alcuni son capaci di passarci sopra e ricominciare, io sono ancora lì a tamponare emorragie. A sanguinare cieca, senza forze e senza coraggio. E soprattutto, senza te.
Perdonami se non riesco a fingermi sempre felice, ma quell'amore embrionale abortito distrattamente, per sbaglio, la mia anima lo vedeva già un bambino.
Sei la cosa più bella e brutta che potesse mai capitarmi. Cercherò di cancellarti, di gettarti in un oblio bevendo ogni veleno possibile per dimenticare; ma non chiedermelo più: non trivellarmi ancora quello straccio di cuore con quello sguardo strano, agrodolce preoccupato, chiedendomi se sto bene.
Non sta bene una persona che cerca di cancellarti dall'anima per non morire.

sabato 10 maggio 2014

Lei

Si presenta sempre con la stretta di mano convinta e un sorriso sfavillante. Beh, state pur certi che non sono suoi; piuttosto un eco ripetitivo visto da qualcuno. Eco che sa simulare bene. Non v'è un filo di coerenza in quello che fa, seppur è ben difficile coglierla in fallo discutendo, per via della lingua biforcuta.
Parla per tacere, urla per passare inosservata, ride per piangere, vive per morire.
È da sempre un raggio di sole che acceca, per nascondere il suo oblio. Un arcobaleno che si estende  a dismisura per celare i suoi temporali.
Ostinata, folle, testarda, nessuno la conosce davvero; nemmeno lei. Ogni tanto qualcuno più folle di lei salta la staccionata, convinto di valicare quel muro, convinto di arrivare come una radiazione a quella donna distorta. Stonata, dissonante nelle sue emozioni, che rigetta ciò che vuole e acconsente ciò che non vuole. Quasi non vuole essere amata. Non lo merita.
Quella bimba strana cresciuta da poco, che gioca con fantasmi che conosce da sempre; quella che scambierebbe la vita per un brivido da ricordare, poi non si tuffa mai. Una personalità ingombrante che si rivela fumo. Piombo che va a morire in una fornace incandescente.
E quanto le piace la morte: se ne riempie la bocca in continuazione e dialoga con lei in un rapporto d'amore e odio in cui non vince mai nessuna delle due. È quasi la sua grande amica importante, che non ricorda quando la conobbe e quando la segnò.
Lei è così orgogliosa delle proprie ferite, che di quando in quando ci ficca con violenza il dito dentro e lo muove per veder sgorgare il sangue. Ci si rotola in mezzo a quei fiotti come se fosse il suo destino: quasi il senso fosse solo soffrire e morire.
In amore? Insopportabile. Se la prende e non chiede scusa, fa calcoli strani che non sussistono. Si perde in quell'affetto che non merita o che non crede di meritare. I suoi punti deboli non li ammette mai; piuttosto scava quelli degli altri per sentirsi un po' meglio.
E tutta quella grinta è finta. L'ha comprata in svendita un giorno ed è finita anni fa, sicché ne è rimasta solo l'ombra e ogni tanto se la mette davanti. Così, per essere più forte. Per non far notare agli altri quanto sia grande quell'accecante, spaventosa, soffocante paura.
Vive di sogni che le emergono come lampi dagli occhi, ma le sfuggono come palloncini dalle mani.