Titolo:
La Rabbie e l’OrgoglioAutore:
Oriana FallaciEditore:
BUR RizzoliAnno:
2001Prezzo:
10 €Num.
pagine:161ISBN:978-88-17-03560-6
Trama:
In
principio doveva essere un’intervista alla giornalista da
pubblicare sul Corriere Della Sera, ma poi nasce un articolo, creato
quasi sotto supplica del direttore del giornale, che speranzoso si è
recato a casa della Fallaci a New York, per contrattare con lei. Per
convincerla a spezzare il silenzio d’indignazione durato dieci
anni. E ci riesce.
Ciò che le fa scattare la molla per esplodere,
per scrivere di nuovo, è l’indignazione, lo
schifo provato nei confronti di chi se la ride. Le Torri Gemelle
crollano inghiottendo anime a bizzeffe, e qualcuno ne è felice. Così
Oriana decide di farsi sentire, di far tuonare le sue idee riguardo
l’attentato dell’11 settembre, e più che un articolo di poche
pagine esce fuori un piccolo libro, che sgomita per essere letto,
occupando spazi sul giornale che non erano adibiti ad esso. E buca.
Il sermone buca i cuori degli occidentali, tanto che accadono
fenomeni strani : chi fotocopia quella ventina di pagine e le
distribuisce con entusiasmo per strada, chi compra il giornale una
trentina di volte e fa la stessa cosa e chissà perché. Forse perché
almeno per un attimo ha svegliato il patriottismo di qualcuno. Forse
qualcuno, dopo averlo letto, voleva scuotere l’identità nazionale
sopita, lo spirito critico comune addormentato. Direi che c’è
riuscita e ha fatto anche di più, smuovendo un incredibile polverone
di risposte, polemiche, complimenti.
Il testo uscito sul Corriere
Della Sera, altro non è che una versione abbreviata, tagliata, in un
certo senso “violata” della stesura effettiva, troppo estesa, per
cui viene successivamente pubblicato un libro vero e proprio. Ed
eccoci qui.
Non
ricordo neppure se certe cose le ho viste sulla prima Torre o sulla
seconda. La gente che per non morire bruciata viva si buttava dalle
finestre degli ottantesimi o novantesimi o centesimi piani, ad
esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano, si
buttavano giù come ci si butta da un aereo avendo addosso il
paracadute. A dozzine. Sì, a dozzine. E venivano giù così
lentamente. Così lentamente… Agitando le gambe e le braccia,
nuotando nell’aria. Sì, sembravano nuotare nell’aria. E non
arrivavano mai.
Lei
lo chiama sermone. Alcuni lo vedono come un “manifesto razzista”,
o perlomeno polemico. Per me è semplicemente di fuoco, qualcosa che
va tenuto con le pinze per non scottarsi troppo, da cui prendere
distanza perché fa paura. Ma deve far paura, lo scopo è quello. E’
stato concepito così.
L’11 settembre 2001 è una data che segna
un evento storico particolare per la mia generazione: non si è
trattato di studiarlo in modo impersonale, togliere la muffa da
qualche vecchio librone, leggere e sottolineare. E’ stato di più;
una disgrazia riguardo la quale ognuno di noi può dire in qualche
modo “io c’ero” e riportare alla mente racconti, ricordi
vivi.
Io ad esempio avevo dieci anni. Saranno state le tre di
pomeriggio, o le quattro e guardavo la tv mentre facevo i compiti.
Con una certa ingenuità mi chiesi perché mai avessero troncato a
metà il cartone animato. Poi le vidi. Non è stata indelebile tanto
la dinamica (quale aereo abbia colpito quale torre, dettagli che
lasciano ampio spunto ai complottisti d’introdurre le proprie
congetture), quanto le singole scene. Come se la mia memoria avesse
assimilato spezzoni confusi e smangiucchiati.
Boccate di fumo che
invadono una torre. Tanto fumo che ricordava vagamente la nuvola
densa, il funghetto di quando sganciano una bomba atomica, quel
“leggero” sentore d’apocalisse. E poi passò del tempo, troppo,
in cui la gente non sapeva che fare per salvarsi da quell’inferno…
allora si buttava giù. Lì per lì non era tanto lontano da un
cartone animato, da un videogioco, vedere un omino piccolo piccolo
che cadendo a piombino fende l’aria. Però ci mette troppo.
Un’enorme quantità di secondi impiegati per sfracellarsi al suolo
e più il macabro conto alla rovescia corre, più cominci a
realizzare l’inquietudine, la morte, la disperazione. Gente che fa
voli infiniti per porre fine all’attesa, perché la paura e
l’angoscia fanno quasi più male del buttarsi giù. Poi niente, c’è
l’edificio che crolla su sé stesso con quasi perfetta verticalità,
senza ben capire che diamine fosse successo, perché neanche si era
finita a consumare la tragedia, che già giravano diverse versioni
dell’accaduto.
Si dice che i bambini siano spensierati e non
capiscano tante cose, eppure alcune di esse mi si sono incise dentro,
come il fatto che molti, prima di abbandonare il mondo dilaniati dal
fuoco, si siano lasciati andare a messaggi d’addio. “Ti voglio
bene, ti amo”, addii che nessuno lì per lì avrebbe capito, fin
quando accendendo la tv non avrebbe visto l’edificio in cui il suo
famigliare lavorava, raso al suolo.
Non mi è sfuggito nemmeno che
la vicenda nel tempo ha consumato altre persone, come le
squadre di soccorso, con tutti i cani. Beh, quelle squadre, cani
compresi, hanno assimilato tanto di quello schifo tra polveri ecc,
che nel tempo se li è portati via uno ad uno qualche tumore. Eroi
taciti, vittime senza voce, ma reali quanto quelle che abbiamo visto
con clamore vaporizzarsi in tv.
Ad ogni modo non poteva limitarsi
a questo. Oriana Fallaci se doveva mettersi al tavolo per scrivere un
promemoria “cari ragazzi, oggi è successa una cosa tristissima”
, un resoconto, non ci avrebbe nemmeno stappato la penna. Lei si è
sempre fermata un passo in là rispetto agli altri, non si è mai
risparmiata e anche stavolta si è spinta oltre. E’ sempre stata
solita sporcare il foglio a morte, pertanto la sua narrazione, la
versione dei fatti per così dire, altro non è che una parentesi di
un discorso dal tema più ampio. Il tutto diventa un saggio più
grande, sull’immigrazione e l’attrito con la cultura
musulmana.
Il succo della questione è il seguente: i musulmani ci
uccideranno tutti?! Beh, io spero di no, e sinceramente se lo
augurano in molti. Le affermazioni di Oriana tuttavia danno da
pensare. Certi racconti, citazioni e dati riguardanti la cultura
musulmana sono per certi versi agghiaccianti. Lo stralcio che vi
riporto è quasi leggero, all’acqua di rose rispetto all’intero
discorso.
Durante
un sinodo che il Vaticano tenne a Smirne nell’ottobre del 1999 per
discutere i rapporti tra cristiani e musulmani un eminente musulmano
si rivolse ai partecipanti cattolici dicendo:
<<Attraverso
la vostra democrazia vi invaderemo. Attraverso la vostra religione vi
domineremo>>.
Da
qui parte l’accusa “razzista, razzista” e si solleva il
polverone sopra citato. Perché lei non approvava questa immigrazione
in Italia, dove i giovani musulmani vengono educati secondo il Corano
nelle moschee qui da noi costruite. Da qui nasce il timore di un’
“invasione silenziosa”, camuffata da immigrazione pacifica, come
un virus che attende solo di esplodere. Si snoda la rabbia verso una
cultura che non permette una diversa visione delle cose, per cui
tutto è bianco o nero. E ce n’è anche per noi, per l’Europa. Ha
un discorsetto un po’ per tutti. Soprattutto per la pubblica
opinione che si contraddice, che addita e per mostrarsi
misericordiosa si fa le cosiddette “Vacanze Pericolose”
mettendosi una mascherina visitando il Ground Zero. Ne ha per i
politici, per gli occidentali e soprattutto per gli italiani e la
loro indulgenza.
Oltre le polemiche e le accuse d’ipocrisia, c’è
una parentesi interessante riguardante l’immigrazione in
Italia, in cui spiega perché non è possibile accogliere gli
stranieri com’è stato in America anni e anni fa. Parla di un’
Italia troppo piccola, sovrappopolata , dalla cultura
profondamente radicata che ha resistito alle varie invasioni, mentre
in sostanza il continente americano ha un’identità mista. Esso,
inizialmente spopolato, si è riempito con le varie etnie, lo stesso
Lincoln aveva incoraggiato l’immigrazione. Un mosaico ben riuscito
di culture, in cui ciascuna conserva la sua identità. L’Italia
invece è già un blocco unico, impossibile da scindere o scomporre.
Inoltre
l’Italia non si è mai fusa con gli invasori che la occupavano, la
smembravano, la straziavano. (…)
A
forza di andarci a letto per amore o stupro o matrimonio, ha assunto
molte delle loro caratteristiche sociali, sì. (…)
Però
culturalmente non si è mai lasciata inghiottire da loro. Al
contrario, li ha sempre assorbiti come una spugna che succhia il
liquido nel quale è immersa.
In
conclusione, è intenso. Estremamente intenso, nudo, crudo e senza
fronzoli. Un libro da lei profondamente sentito, che mi ha lasciato
dentro molte, forse troppe domande e perplessità. Parole che fanno
tremare le gambe dallo sbigottimento, dalla paura.
Diciamo che le
sue parole, di speranza ne lasciano ben poca, se non quella di
prendere il forcone e “cacciare l’invasore”. Però in un certo
senso voglio essere ingenua e chiudere con una riflessione: alla luce
di un 2013 in cui alcune donne a portare il velo non ci stanno più,
in cui ragazze ci hanno rimesso la vita per voler vivere da
occidentali ed alcune grazie a un diverso modo di pensare dei
genitori ci sono pure riuscite, siamo davvero sicuri che non si possa
costruire un mondo migliore, fare scelte diverse da quelle di morte e
distruzione volute fin troppe volte nel corso della storia?!
Siamo
davvero certi di non voler essere una generazione migliore?!
J’accuse,
io accuso, gli occidentali di non avere passione. Di vivere senza
passione, di non combattere, di non difendersi, di fare i
collaborazionisti per mancanza di passione.
Nonostante
il mio pensiero che va fuori dal binario, ho apprezzato proprio
questa passione, carica, la rabbia, il non avere paura e il non
fermarsi davanti a nulla. Sapete, non tutti al giorno d’oggi sono
disposti a difendere fino alla fine le proprie idee. In questo mondo
sono pochi ad avere le palle, nessuno è disposto a rischiare un pelo
di più, uscire dallo schema delle proprie sicurezze, per dire la
sua.