Translate

martedì 24 giugno 2014

10 buoni motivi per farsi consigliare un libro da un amico.

Credo che la motivazione che mi spinge a fare questo post risalga all'alba dei tempi, quando per la prima volta mi venne suggerito un libro.
Ero in camera mia che sfoggiavo la mia collezione di letture, quando mi sentì dire: "Ma che leggi questa roba! Prova a leggere Harry Potter, che è bellissimo!"
Di primo acchitto, accolsi la proposta con fare scettico, soprattutto per spirito anticonformista.
Lo avevo sempre snobbato proprio perché "lo seguono tutti" e non volevo avvicinarmici soltanto per moda. Insomma non mi è mai piaciuto fare una cosa perché il mondo la fa. 
Però curiosità e spintarella affettiva mi aprirono un mondo: non mi ero mai interessata al fantasy e ho avuto occasione d'innamorarmi di una saga come poche.
Da lì cominciai a dare importanza al parere altrui in fatto di libri.
Prima di andare avanti, dovete avere presente che non tutti i consigli sono ben accetti. Nel senso che se vi presentano il nuovo libro di Benedetta Parodi come un'avventura avvincente e momento di elevata cultura, ecco: non credeteci. Sappiate che quello è un ricettario, con due racconti della vita di tutti i giorni.
Da non confondere inoltre i 50 Sfumature con le letture romantiche. 
Una volta precisato ciò, vi dico che chiedere a un amico quale libro dovreste assolutamente leggere, aiuta a fare importanti scoperte. 
Vi fornirò dei motivi ben precisi per convincervi a provare:
1- Se siete sempre voi a scegliere, non proverete mai qualcosa di nuovo a cui non avete mai pensato, chiudendovi talvolta possibilità importanti;
2- L'amico tira fuori lati di voi che magari non vedete. Vi costringe a guardare la realtà da un punto di vista diverso dal vostro privilegiato;
3- Conoscerete l'idea che l'amico ha della vostra interiorità;
4- Conoscerete meglio l'amico e ciò che lo entusiasma;
5- Avrete entrambi un argomento in più di cui parlare;
6- Successivamente potrete sempre divertirvi a suggerire all'amico il titolo che credete sia adatto a lui;
7- Insegna che la sensibilità altrui è molto diversa dalla vostra e che va comunque rispettata;
8- È come viaggiare con quell'amico;
9- Forse l'amico con quel libro cerca di dirci qualcosa;
10- Leggere un libro in più, fa sempre meglio che leggerne uno in meno. Forse è proprio quella lettura inaspettata, quella che state cercando da tempo. 

martedì 3 giugno 2014

Legàmi? Con niente, direi. Nemmeno con la logica.

Bene, ragazzi! Anzi.... non bene. 
Ero dalla nonnina che facevo un pranzo con i parenti, quando ecco che inizia una nuova soap, che dalla prima scena sembrava -le ultime parole famose- promettente.
Una famigliola felice si ritrova all'aria aperta. Madre incinta e padre entrambi felici,  due sorelline.
Innanzitutto, ok che la madre sembra Barbie ed il padre è moro...ma queste due bimbette all'incirca sui sette anni, sono rispettivamente una mulatta dai capelli e occhi scuri, l'altra dalla pelle diafana e biondina, dallo sguardo azzurrissimo. 
Va bene: da genitori così diversi può anche essere fattibile... ora però vi dico come continua...
Le bimbe, che possiedono un microcervello in due, da ancor prima di scendere dall'auto per recarsi in mezzo alla natura, si stavano contendendo in modo acceso una bambola di pezza. "Dove termina la loro disputa?" Vi chiederete.
E qui vi voglio! Sappiate, che siccome ettari ed ettari di erba a quanto pare non bastavano per litigare, loro decidono di fare il tiro alla fune con la bambola, proprio in bilico su un lembo di terra  rialzato che dà sul fiume. Ovviamente, strattona di qua, strattona di là, le bimbe si fanno un bel bagno, trascinate via dalla corrente. L'eroico padre a quel punto si tuffa senza esitare, per trarre in salvo le figliuole.
La biondina, vuoi per ingegno o per fortuna, finisce al sicuro su di una roccia; l'altra è ancora in balia delle onde. Viene infine lasciata viva da qualche parte dal padre, con una scena IDENTICA a quella del Re Leone. Ce l'avete presente Mufasa che mette al riparo Simba e poi ricade all'indietro, sbatte la testa e muore?! Ecco... mancava solo Scar a dare la spintarella. Il paparino non fa in tempo a esclamare "figlia, sei salva!", che un corpo non identificato lo colpisce e cade morto nell'acqua.

Fatto sta che questa povera bimba mulatta, vaga col sangue in faccia, come uscita da "The Walking Dead", finché una macchina, invece d'investirla, si ferma. Si affaccia subito una donna, guarda caso simile alla fanciulla, che le fa poche domande, alle quali non ottiene risposta. Però prende la decisione più logica del mondo: la bambina l'ho trovata, me la tengo. Quel poveretto del marito lì presente, ci prova a farle notare che non può esattamente nascondersi una bambina sotto la gonna e filare via, che qualcuno magari la sta cercando... NO! Lei la vuole, punto.
Ma a lasciarmi più allibita, credo sia stato il comportamento dell'infante, che senza fare una piega, segue i due sconosciuti e si lascia allevare.
E qui basta! Non ti abbiamo chiesto di scrivere la "Divina Commedia", né di parlare l'aramaico antico. Dovevi solo ricordarti il nome di tua madre, diamine!
Tizio sconosciuto di Legàmi
Assurdo per assurdo, c'è un bellissimo salto temporale, in cui gli anatroccoli diventano cigni. Tralasciamo il fatto che la bionda mi sembra tutt'altra persona, perché dall'altra parte si continua col teatrino. La mora ha una vita normale, lavora ed è serena... finché non scopre, origliando una conversazione tra i suoi, che non è la loro figlia naturale. Ma dai?! Che sorpresona! Questo non dovresti saperlo già? Quindi si arrabbia e mette il broncio.
Juan
Intanto spunta fuori il tizio -almeno secondo gli spoiler che mi son pervenuti- intorno al quale girerà un clamoroso triangolo tra sorelle. Eccolo! LUI!
Mica perché, ma a questo punto era meglio Juan! Eh no, Tristan non è il mio tipo.
Comunque, dicevo, tizio sconosciuto è fidanzato con la bionda, ma farà battere il cuore di entrambe.
E non oso pensare a come possa seguitare tutto ciò.
Una delle tante tristi brutte copie de "Il Segreto", che faceva meglio a non apparire sullo schermo. Non ci sono dubbi: era meglio quando si urlava "maledetta levatrice!"

lunedì 2 giugno 2014

Blogtour dedicato a TREGUA – 7° tappa


L'accoglienza mediterranea

È risaputo: gli abitanti del sud Italia sono tra i più calorosi d’Europa. Per non offendere nessuno, tralasciamo il fatto che accanto a questo pregio troviamo diversi difetti quali l’invadenza e la propensione a un’espansività molesta - ops! - e focalizziamo invece l’attenzione sull’accoglienza, vero e proprio tratto distintivo delle popolazioni mediterranee.
Andando indietro nel tempo, quando la popolazione era costituita in maggior parte da contadini, l’accoglienza assumeva una valenza ancora più significativa: accogliere nel migliore dei modi un viandante o un visitatore era un dovere morale e anche una forma di rispetto che si rifletteva su se stessi, sulla propria famiglia e sulla propria comunità.
Cosa potevano offrire poveri contadini che si spezzavano la schiena nei campi tutto il giorno e mangiavano purè di fave e cicorie? Fichi secchi con le mandorle e un goccio di rosolio. Non so se voi che state leggendo abbiate mai assaggiato i fichi secchi ripieni di mandorle, ma io, da brava pugliese, vi assicuro che sono una bontà.
All’epoca delle vicende di TREGUA, quindi negli anni Quaranta ma anche nei decenni precedenti e successivi, i fichi secchi erano considerati una vera leccornia. Per i bambini erano un sogno - altro che cioccolato Kinder! - e pure per gli adulti. Il rosolio, bevanda alcolica di facile preparazione, era dispensato con parsimonia durante la vita familiare, mentre veniva offerto in abbondanza a visitatori, anche sconosciuti. E così si dice: chi ha poco sparte quel poco e lo fa con il cuore.

Come si prepara il rosolio di alloro?

Raccogli 20 foglie di alloro e lavale bene per evitare che contengano delle impurità. Una volta lavate, asciugale disponendole su uno strofinaccio pulito e coprendole con un altro strofinaccio. Devono asciugare senza rompersi. Una volta asciutte puoi procedere con la preparazione del rosolio.
Poni adesso le foglie in un vaso a chiusura ermetica insieme all'alcool. Per quindici giorni lascia il tutto in un luogo buio e fresco. Se disponi di una cantina o una tavernetta è certamente il luogo ideale. Prendi ora lo zucchero e scioglilo a fuoco basso in 8 dl d'acqua, otterrai così uno sciroppo.
Incorpora lo sciroppo freddo ottenuto all'alcool filtrato. Fai riposare per un mese questo composto e dopo filtra nuovamente il rosolio. Imbottiglia il rosolio in una bottiglia dal collo lungo e stretto. Si può gustare fresco o caldo. Le sue proprietà digestive rimangono invariate in entrambi i casi. (Fonte: pianetadonna.it)

È risaputo che le donne hanno sempre avuto la capacità di arrangiarsi con poco per allietare la tavola. Vediamo come se la cavava Elisa, la protagonista di TREGUA.



Estratto dal romanzo:
A casa nostra ognuno aveva il proprio posto: mio padre a capotavola e io e mio fratello ai lati del tavolo. Preparavo una grande portata unica e mangiavamo tutti dallo stesso piatto. Nessuno di noi cercava di fare il furbo: sapevamo benissimo che a papà spettava mangiare di più, poi toccava a mio fratello e infine quel che restava era per me.Mio fratello aveva rinunciato alla paga per farsi dare tre patate. Non erano enormi ma ero riuscita a cucinare un brodo molto allungato. Almeno era una minestra calda e potevamo mangiare una patata lessa a testa, il che per noi era una bontà. La mia era la più piccola naturalmente. Certe volte, quando non c’era altro, mangiavamo l’acquaséle, ossia pane raffermo bagnato in una ciotola contenente acqua, origano, sale e olio, se c’era. Ad Antonio non piaceva granché e, mangiandolo, mi prendeva in giro dicendo che ero così fissata per la pulizia da lavare pure il pane.Al termine della cena mostrai con orgoglio un dolce che avevo preparato. Forse dolce non era la parola appropriata, dato che non poteva essere paragonato alla leccornia di fichi secchi con le mandorle, ma in quel momento si trattava di una piacevole aggiunta alla nostra dieta: avevo cosparso del granoturco che tenevo nella dispensa - un secchio calato nel pozzo sotto la cucina - con lo zucchero comprato quel giorno. Era uno zucchero diverso dal solito, estremamente duro - tanto che lo avevo ridotto in polvere con il pestello - e dal colorito rosso-arancione, a ogni modo dolciastro.Pensai che mio padre vi avrebbe gradito dappresso un po’ di rosolio, ma non ne avevamo.Pure il vino scarseggiava ed era un po’ acidulo, di pessima annata: mio padre metteva una foglia di sedano sulla bocca dell’orciuolo e sorseggiava il vino così filtrato. Anche Antonio lo faceva alle volte, ma si era deciso di conservare il vino per la domenica, per gli ospiti o per ricorrenze particolari che, negli ultimi tempi, non c’erano.


Trama

Puglia, gennaio 1943.
Elisa ha diciotto anni, è una ragazza semplice e vive con il padre Vito e il fratello maggiore Antonio. La sua vita è scandita da una monotonia triste e a volte spaventosa: razioni insufficienti, sottomissione agli uomini di casa, rappresaglie delle Camicie Nere e bombardamenti alleati. Non sa cosa siano il mare, la libertà, l’amore, eppure la sua vita sta per cambiare. L’incontro con un uomo misterioso getterà ombre e dubbi sulle convinzioni della comunità del paese e su quelle di Elisa, sui suoi legami familiari. Anche la ragazza però cela un segreto: esso potrebbe rappresentare la fine dell’unica speranza che si affaccia all’orizzonte.
In un romanzo che ha il sapore di sole e calce, terra e pane nero, la vita rincorre e sfida gli orrori della dittatura e dei campi di concentramento, spera nelle attività antifasciste e incassa le perdite. La storia di una ragazza che, costretta dalla guerra, dall’odio e dall’amore, diventa donna. Il ritratto di un’Italia che non c’è più. La coscienza degli eroi dimenticati che, con il loro contributo, hanno fatto grande la Storia.


L’autrice

Nata nel 1987, Ilaria Goffredo vive in Puglia ed è laureata in scienze della formazione. Ha viaggiato in tutta Europa e lavorato in agenzie di viaggi e grandi villaggi turistici. Nel 2005 ha lavorato come volontaria in una scuola professionale di Malindi, in Kenya. Lì si è innamorata di quella terra meravigliosa e della sua gente straordinaria. È stata giurato ufficiale del concorso “Casa Sanremo Writers Edizione 2013”. Ha vinto diversi premi letterari per racconti e diari di viaggio. Gestisce un blog che tratta di arte, storia e letteratura. È ricercatrice indipendente. Con il romanzo TREGUA si è classificata finalista nel concorso nazionale ilmioesordio 2012.




Link utili e contatti

Il libro su Amazon a 0,99 €: http://www.amazon.it/dp/B00JE78A3Y