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giovedì 19 novembre 2015

Vangelia, di Daniele Pollero

"Perché questa matta scrive alle tre di notte?", vi domanderete voi e onestamente chiedere è lecito e rispondere è cortesia. Il mio nottambulismo mi ha portata fino a un racconto di tredici pagine (è gratuito, lo trovate qui) che mi ha incuriosita e allora non potevo mica agire come un essere normale e leggerlo di mattina. Giammai! Quindi eccomi subito a riferire al mio vasto pubblico... c'è nessuno?!
Deliri a parte, la storia è piacevolmente scorrevole:

Michael trova una ragazzina per strada con il corpo devastato di ferite, tanto da sembrar morta. La raccoglie e la porta a casa... 
Il resto lo lascio alla vostra immaginazione, ma dubito che indovinerete il finale.

Voto:  ☠  ☠  ☠  ☠  ☠

Dall'inizio quasi pacifico, degenera parecchio alla svelta e le scene si fanno sempre più drammatiche e veloci. Il punto di partenza lascia sperare a niente di più preoccupante di un problema recuperabile, finché Michael non trova fatalmente Vangelia, che dà pochi segni di vita. Colto da un attacco di misericordia incrementato dalle innumerevoli ferite della giovane, la prende con sé... ma sarebbe davvero stato meglio non farlo. O forse no?
È pungente. Oltre a garantire immagini forti e cruente, in tredici pagine riesce a distruggerti psicologicamente e lo fa semplicemente con le battute finali che chiudono violentemente un portone in faccia alla speranza.
Sono rimasta affascinata dallo scritto, perché non scorgi solo sanguinare una persona; ancor peggio  qui sanguinano anime. Di Michael, di Vangelia, del lettore e non solo.
Un racconto che, con poche coltellate ben assestate è capace di colpire le arterie e condurre al più totale sgomento.



martedì 17 novembre 2015

"La notte dei generali". Quel poco che basta per alimentare la follia.

Oggi vi faccio viaggiare nel tempo. No, il film a cui alludo non è "Ritorno al futuro" ma un'interessante pellicola datata 1967, dalle tinte angoscianti, misteriose e, soprattutto naziste.
A parte la storia alquanto singolare per cui non credevo potesse prender vita una vicenda simile, salta all'occhio proprio perché, da bravo film di una volta, si regge praticamente sul carisma degli attori principali che vanno solo osservati con sguardo adorante, perché non c'è nulla da aggiungere davvero.
Una prostituta viene brutalmente uccisa e l'unico testimone dell'accaduto, da dov'è riuscito a nascondersi, del colpevole riesce solo a scorgere il pantalone di una divisa da generale.
Il caso viene immediatamente preso a cuore dal coraggioso e sfrontato maggiore Grau che, incurante dei rischi che corre, procede svelto ad indagare sui tre generali che, la notte dell'omicidio avevano utilizzato l'auto per motivi non di servizio.
Nel mirino ci sono il generale von Seidlitz-Gabler, il suo capo di stato maggiore, generale Kahlenberge, e il generale Tanz. Quest ultimo in particolare, si presenta in maniera inflessibile, crudele e anomala rispetto agli altri due. È privo di pietà e pur di stanare gli ebrei in ogni angolo della città è capace di raderla al suolo per i pochi a cui viene in mente di opporgli resistenza. 
E qui veniamo al binomio che talvolta diviene un trinomio, contando il caporale Hartmann. Tanz, pupillo di Hiltler viene costretto a prendersi un giorno, che poi diviene due giorni di licenza, perché alle sue spalle si sta tessendo un'artificiosa trama per creare l'attentato al Führer. Hartman è incaricato di accompagnarlo e finisce per svolgere un ruolo un po' di tuttofare nell'essere di compagnia al generale; il caporale tuttavia ha dovuto per ordini dall'alto, rinunciare al tempo che si era preso per stare insieme a Ulrike. La ragazza, figlia del generale von Seidlitz-Gabler, unica figura femminile di spicco in tutto il film salvo la madre con cui è eternamente in conflitto, non è in buoni rapporti con la stessa anche perché la vede benissimo sposata col generale Tanz, ma lei non vuole saperne e resta colpita da Hartman, tirando avanti una storia difficile con lui.

-maggiore Grau-
-generale Tanz-
Hartman tuttavia incontra difficoltà ben peggiori del coronamento del suo sogno d'amore. Qui prende corpo  l'intero film, come un cuore fermo che improvvisamente comincia a pulsare di una componente profondamente malata e vitale. Perché la struttura non è costruita su tecnicismi e giochetti da costringere a complessi calcoli e ragionamenti; l'anima della storia è deviata, pesantemente psicologica e contorta emozionalmente.
Durante le due ore emergono via via due caratteri sempre più impositivi: quello caparbio, testardo, in una certa maniera ottimista e coraggioso al limite dell'incoscienza di Grau; quello perverso seppur composto, irrecuperabile seppur all'apparenza ligio al dovere, violento e incasellato nella propria rigidità, del generale Tanz. Si ha la percezione di assistere a una profonda lotta tra fuoco e ghiaccio. Il primo crede profondamente nella giustizia e nel suo valore. La domanda che onestamente mi ha portata a fare è: "Con tutte quelle persone che vengono portate via e uccise senza pietà lontane da casa, dagli affetti, mandate a morire come cani... con questa poca umanità, che senso ha indagare sull'omicidio di una prostituta mentre intorno succede l'indicibile?" Non vi anticipo niente, perché lui la risposta la fornisce largamente e senza peli sulla lingua. Confesso che mi è rimasto davvero dentro per purezza e positività.
Il generale invece si presenta come un tipo molto inflessibile, per cui il dovere viene al primo posto e che non sgarra mai. Invece pian piano tira fuori i suoi scheletri nell'armadio; un armadio pieno di mostri che lo inghiottono di continuo e l'interpretazione di Peter O'Toole si rivela immensa. Da inchino. Man mano che lo si segue nel suo percorso ci trascina in un crescente disagio che si tramuta in un'ansia sempre più galoppante. Fino a che diventiamo indubbiamente pazzi anche noi. 


Vale tutto il film già solo la scena in cui visita una galleria che possiede dei quadri confiscati e si ritrova faccia a faccia con l' "Autoritratto" di Van Gogh. In un'atmosfera pesante e da magone, emerge un'interiorità sofferta, morbosa e capace di tutto. Nel preciso istante in cui incrocia gli occhi di Van Gogh, nel generale scatta qualcosa  di oscuro, un eccitazione disturbata, come se la sua follia si fosse compenetrata in quella del disperato artista. Come se finalmente si fosse sentito sedotto da quell'anima rovente, capito.
La mimica facciale è perfetta. Pur non scomponendosi, l'attore ci spalanca le porte del mondo malato del generale attraverso il dettaglio: dissemina il film di piccoli tic nervosi che diventano avvertimenti palesi. Come se sotto sotto il generale Tanz gridasse: "Statemi alla larga" e lo facesse chiudendo brutalmente l'occhio in un momento inadeguato, piegando di poco la bocca serrandola, irrigidendosi. Il linguaggio del corpo non manca affatto di dipingere le turbe psicologiche dell'uomo in maniera onesta e spietata. Perché si può fingere fino a un certo punto, ma poi emergono i mostri che si trattengono... e spalancano le fauci.
Colui che pagherà di più per questo vagabondare in una psiche fortemente compromessa, sarà il docile eppure fermo caporale Hartmann, che sperimenterà in prima persona  il viaggio sulle montagne russe del terrore e della follia.
Amo tutto ciò che non è scontato ed è drammaticamente complicato; vi consiglio d'immergervi nella visione così da uscirne deviati anche voi.

lunedì 16 novembre 2015

Ninna nanna










L'innocenza persa respirando vita
avvampa in te, trascinante incendio.
I tuoi occhi d'acqua che specchiano i miei,
obsolete braci spente.
Nere come il posto
in cui i sogni cadono e non tornano più.
Cielo luminoso, piccolo abbraccio di sole
tienimi per mano,
che non c'è bisogno di parole.
Tu, tocco spontaneo di Paradiso.
Pennellata a tradimento, a forma di sorriso.
Rinnegherò per te le ombre
morendo di me stessa.
Soffocando demoni che non conoscerai.
Non vi sia per te agonia
più forte di un sussurro all'anima.
Esplosiva di luce.



martedì 10 novembre 2015

What if this storm ends. Guardare il Buio negli occhi.



Passeggiavo sul blog di una mia amica e mi è rimasto dentro un bellissimo bilancio della sua vita, perché ha compiuto venticinque anni da poco. Un quarto di secolo e complimentoni per la donna che è. Io ho ancora un anno per fare bella figura; se volete leggerlo è qui. Rinnovo ancora gli auguri e spero che almeno per i trenta ce la faccia a diventare così tosta.
Mi sono resa conto che forse sarebbe stata ora di aggiornare anche il mio, di blog. Non ho mai visto una scrittrice così restia a parlare di se stessa; sono un caso umano, ma questo lo sapete già.
Eppure sono sempre stata ecco, non tantissimo, ma abbastanza logorroica da evitare con sorprendente talento tutti gli interventi a cuore aperto che forse mi avrebbero fatta sentire meglio.
Tante persone hanno a malapena il coraggio di dirigersi verso lo specchio la mattina e guardare la loro faccia vera. Tante persone non sanno nemmeno che forma abbia, la propria faccia. Magari si sono semplicemente adeguate all'amica a cui vogliono un bene infinito e si comportano come lei, perché dividere una personalità in due è comunque meno pesante. Dividere un cervello in due comporta sempre meno responsabilità. Ma due vite non si possono vivere come fossero una, quindi a una certa arriva sempre il momento in cui ci si deve togliere quella maschera che con tanta maniacale accuratezza ci si è incollati addosso e vivere di propria iniziativa. Anche essere disposti a commettere degli errori, per respirare un attimo.
Mi sono chiesta, proprio in questo preciso istante, cosa ho fatto invece io per diventare una persona migliore.
Mea culpa, non ho conquistato il mondo come pensavo. Anzi, volevo cambiarlo ma in parte lui ha cambiato me, facendomi sentire inadeguata quando avevo i numeri per vincere, disprezzata quando non mi mancava niente per essere accettata, anzi era agli altri che mancava il cervello.
Eppure non ho permesso mai a ciò che c'è fuori, di cambiare il nucleo di me stessa: il mio complesso, buio, doloroso ma profondissimo da mettere le vertigini, mondo interiore.
Se siete persone insicure, sappiatelo che il prossimo non avrà pietà, anche se magari con lui ne avrete. Anche se ci credevate davvero in loro, tante persone vi feriranno. Anche dove butterete sangue per mantenere i legami più veri, verrete pugnalati alle spalle. Non tutti vi faranno sentire giusti ma, per l'amor del cialo, lottate. Lottate con i denti perché niente è più importante di voi stessi e della vostra magia di esseri unici e irripetibili.
Vivete, che è l'aspetto più importante. Vivete come vi viene perché è un'azione molto più istintiva e semplice di come si possa pensare. Vivete perché vi salva. 
Non lasciatevi attanagliare da quello che penseranno gli altri di voi, perché al 90% partoriranno sempre il pensiero sbagliato.
Persino io che ho due lati ben distinti di me, non ho ancora capito quale la gente voglia vedere, quale più l'aggradi per farmi sentire al sicuro. C'è sempre modo di giudicare qualcuno. 
Devo ammettere che non ho raggiunto grandi traguardi lavorativi, pubblicazioni di ebook a parte. Mi barcameno ancora tra un lavoro e l'altro e praticamente ho in mano un pugno di mosche in quanto a sicurezze e chissà se mi sentirò sicura mai.
Le mie conquiste non si possono quantificare in base a possedimenti oggettivi, che comunque farebbero sempre comodo. A tal proposito potreste sempre fare una donazione al conto corrente numero... no dai, sto scherzando.
Spesso è l'anima durante la vita, a fare grossi salti in avanti e nessuno se ne rende conto.
Ho impiegato una ventina d'anni a dare il via al processo, ma sono uscita dal guscio. Ho spalancato quell'Inferno che ho nell'anima in faccia alla gente e non ho avuto più paura di andarne distrutta. O perlomeno facciamo che il più delle volte non ne ho avuto paura.
Ancora ricordo nel 2010 scrivendo con incertezza i primi capitoli di "Angolo Buio", quante censure. Nasceva tutto nella mia testa bacata: quanti problemi mi sono posta per buttar giù una frase anziché un'altra; cos'avrebbero pensato le persone più vicine a scorgermi così nuda, fragile, esposta e ferita.
La verità ragazzi? Non serviva a niente nascondersi, perché il Buio c'è chi lo percepisce anche solo da un termine fuori posto e chi non lo vorrà vedere nemmeno quando con esasperazione glielo urlerai in faccia.
Sapete cos'è il Buio?
Alzi la mano chi è stato preso almeno una volta. Facciamo tana libera tutti, non giochiamo sempre a nascondino.
Chi non è andato mai a dormire con l'angoscia? Chi non si è mai svegliato dicendo: "No, passo. Questa giornata non la vivo". Chi non si è mai sentito sommerso dal catrame fino a soffocare? Chi non ha mai avuto paura, paura davvero del futuro, di andare avanti?
Quante volte si è proceduto arrancando, perché non se ne può parlare con nessuno?!
Pesa vero, il catrame sulle spalle senza che qualcuno ve lo levi di dosso, eh?
Però ciascuno è muto e morto nel proprio dolore. Nessuno vuole aprirsi e vivere ancora; i pochi che, perlomeno davanti a uno schermo lo fanno o ci provano, vengono presi di mira.
Che nessuno si azzardi a sfogarsi su un social. Eh no, c'è sempre il cretino di turno che esordisce beffandosene con "quello/a è un/a depresso/a". Che per il mio personalissimo punto di vista, è come se avesse detto "guarda quel frocio" oppure "quello è un minorato" o ancora, everybody "che cesso, ma dove va".
È come sparare sulla Croce Rossa, vero?! Prendere di mira una persona ipersensibile per il Buio che si porta appresso magari da una vita, di cui non si sa niente.
Il Buio, la depressione, chiamatela come volete, è una malattia. Una malattia insidiosa con la quale si lotta ogni giorno e che per l'Italiano medio non esiste. E chi prende in giro coloro che ne portano i sintomi, non dovrebbe sentirsi un genio, ma un appartenente a pieno titolo a una massa di pecore che non sa come si sta e invece di giudicare è meglio che continui a belare. Perché tanto più di quello non può fare.
E prima di dire che non è una malattia, di sparare boiate stile "solo le persone aziane possono essere colpite, un giovane di cosa dovrebbe essere triste?"; chiunque prima di fare riflessioni stupide, campate per aria, formulate in base a un proprio nulla cosmico mentale, dovrebbe pensare a un paragone pratico, molto semplice: se avete un'auto rotta, quanto tempo impiega per accendersi? Quante volte si ferma lungo il cammino e vi lascia a piedi?
Bene, immaginate che la forza vitale vi lasci a piedi, di passare ore nel tentativo che la macchina si riaccenda ma qualsiasi cosa facciate, non sentite nemmeno il rumore del motore.
Pensate di buttare, in termini tempistici,  nei casi più leggeri il 10%, nei più pesanti il 50/60% della giornata a cercare di accendervi e ingranare per fare le cose di tutti i giorni. Ora ditemi se tutto questo tempo perso dietro a un motore difettoso ve lo restituirà mai nessuno.
Una persona affetta da depressione necessiterebbe di altri 10/20 anni di vita bonus, per recuperare tutte le ore che si è giocata in standby, restando indietro mentre gli altri andavano avanti come treni. Ora ditemi voi, se non è invalidante e se non andrebbe curato come disturbo.
Però non prendiamoci in giro: l'unica cosa che un adulto sa dire è che sei giovane e passa, invece la tascini da anni, magari.
In Italia c'è parecchia ignoranza in merito. Perlomeno pensateci, prima d'infierire contro qualcuno che ha sempre questa zavorra sulle spalle.
E sono molto contenta, onestamente. Ci ho messo anni ma sono lieta di essere riuscita a guardare il mio Buio negli occhi, a esternarlo a modo mio, a non farne un tabù, a confrontarlo con quello degli altri. A togliere  momentaneamente qualche zavorra di dosso a qualcuno che ne aveva bisogno.
Non sono propriamente la donna più realizzata del mondo, ma ci sono persone materialmente realizzate che per tutta un'esistenza fingono e scappano dai propri fantasmi e non hanno il coraggio. Il coraggio di ammettere il proprio Buio.
Di questo sarò sempre, infinitamente, fiera di me stessa. Perché una volta che ne parli, perlomeno sei fuori dalla prigione del silenzio in cui molti cadono e fanno finta di niente.