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lunedì 15 febbraio 2016

I buchi nel muro

Raro è, alzarsi la mattina e rendersi conto di essere vivi, nonostante tutto.
L'esistenza fa un rumore brutale, letale, mortale. Ecco, sì: fa lo stesso rumore della forchetta che simula un  violino, rovinando su un piatto di porcellana. 
Le persone stesse, quando si rompono fanno quel suono lì.
Tanti si tappano le orecchie, perché è estremamente comodo non sapere, non vedere, non sentire il dolore altrui. Anche se quel dolore diviene spaventosamente materico, palpabile.
Così palpabile da generare un disagio oggettivo.
Ci sono giorni in cui non fai altro che morire... e sei così assuefatto e abituato alla morte, da non renderti conto che invece sei salvo, sei vivo, sei acceso. Puoi farcela.
Sei così abituato a morire, che poi la volta che stai pronto a stramazzare e invece il solito sanguinamento non arriva, fa quasi strano. 
Dov'è la tragedia annunciata?
Dov'è il sangue? 
Che questa sia una rinascita?
Troppo bello. Troppo presto. Troppo semplice.
La luce si guadagna facendo piccoli buchi nel muro nero della tristezza.

E quando non avremo più le energie -perché non illudiamoci: accadrà. Siamo umani-, non dovremo mai disperare. Perché coloro che ci stanno vicino, continueranno a bucare quel muro per noi, ogni volta che non ce la faremo più. 
Ci sarà sempre qualcuno a farsi carico della nostra disperazione, a sorreggerci nonostante la stanchezza.
Ci sarà sempre una speranza, per chi lotta per la luce.


"Proteggerò i miei sogni più puri, 
si sveleranno al calore del giorno.
(...)

Trasformerò le ferite profonde
e le parole in sospiri di amanti."







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