"Avrebbe umiliato il suo mestiere, il suo orgoglio, costituito per lui una sconfitta. Asciugò un'altra lacrima, stavolta con rassegnazione. Non devi piangere, gli dicevano i suoi genitori quand'era bambino. Devi essere forte, devi essere duro. Se non sei forte, se non sei duro, non puoi né primeggiare né vincere. E con quelle parole, a quattr'anni, lo avevano iscritto a una gara col triciclo. Guai-a-te-se-perdi. Aveva vinto. Ma era stato peggio che iniettarsi un veleno contro il quale non c'è antidoto: il veleno che ha nome smania di vincere e incapacità di perdere. A sei anni aveva vinto la gara di nuoto, a otto la gara di ping-pong, a dieci la corsa campestre... Si allenava in camera, di sera, per la corsa campestre: controllando sul cronometro il tempo che impiegava a correre di parete in parete. A dodici aveva vinto pure la corsa ad ostacoli, a tredici la corsa su strada, a quattordici il campionato giovanile di boxe. I congegni del carattere sono assai semplici, in fondo, e il vecchio Sigmund aveva ragione: il bandolo della matassa si ritrova sempre nella stagione verde dell'esistenza. A un certo punto perfino il nonno aveva contribuito al veleno. Devi eccellere in tutto, non ti devi mai stancare, mai rassegnare. Devi essere come un ferroviere che guida il treno la notte di Natale. Pensa che un ferroviere guida il treno anche la notte di Natale, che anche la notte di Natale i viaggiatori gli affidano la propria vita. Oppure no?"
Insciallah. Oriana Fallaci
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