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venerdì 3 aprile 2015

Recensione- Le affinità alchemiche, di Gaia Coltorti

Titolo: Le affinità alchemiche
AutoreGaia Coltorti
EditoreMondadori
Pagine357
ISBN978-88-04-62620-6
Prezzo 15 

Chiedo innanizitutto perdono e redenzione per la copertina storta. Mi sta venendo il tic all'occhio a guardarla, ma avevo scattato la foto dall'alto e doveva -nella mia testa- uscire perfetta, invece ecco questa "cosa" in prospettiva, con un titolone incoraggiante in salita.
Perché non ho preso un'immagine da internet? Perché non mi piaceva la risoluzione di quelle presenti. Sì: per far meglio ho fatto peggio, senza dubbio.
Ma voi che siete cari e buoni, apprezzerete il pensiero, senza dubbio.
Complicato e semplice, si presenta questo libro ingannevole. 
Dovete leggerlo solo per arrivare al finale. No, davvero: se vi capita di perdervi un po' durante le pagine, di avere cali d'attenzione, andate avanti; non mollate. Non ci pensate neanche un po'.
Stile dal garbato sarcasmo che di tanto in tanto rifila vere e proprie stilettate sullo stinco, ci porta tra una battutina e l'altra diretta al protagonista, in una vicenda che viene alleggerita. Ma dovrebbe dare ben poco da ridere. 
Ho trovato molto brillante e intelligente questa modalità d'incartare i fatti con un bel fiocco, perché vieni colto in contropiede. Il lettore diventa la vittima di una storia che percepisce in un modo, ma non si rende conto subito di quanto invece vada oltre l'inimmaginabile.
Anzi, vi dirò di più: volevo quasi biasimare questo mondo artefatto pieno di soldi in cui i due protagonisti vivono; ma a fine di tutto, posso solo affermare che è stata una genialata e poi tacere. Questo veleno impacchettato in maniera sgargiante, ci voleva proprio. Anche perché me lo sono stupidamente bevuta e ho ricevuto uno schiaffo, che per poco non cado per terra.
Partenza molto tranquilla, con l'autrice che alterna gergo giovanile -i genitori vengono chiamati "parents"; gli amici hanno dei soprannomi assurdi- a processi di somatizzazione brutale delle emozioni. Interessante che abbia deciso di rendere il libro un colloquio con Giovanni, il protagonista. Gaia si rende speaker, commenta, deride, apprezza, dalle volte si lascia sfuggire una punta di amarezza. Il mix che ne consegue è confusionario e frizzante. Tante note salate lascia cadere qua e là, ma si può procedere senza coglierle. C'è una palese puzza di bruciato, ma coperta talmente bene, che difficilmente capisci la piega che prenderanno gli eventi.
Da settimane, lo sai, la vostra disperata e impossibile storia andava avanti. Ogni tanto, ti capitava d'immedesimarti in un estraneo e trasalire, intuedo fino a che punto, visto da fuori, quel vostro amore dovesse apparire orribile- la parola a cui pensavi era "ripugnante". Ma bastava infischiarsene e subito, in obbedienza al loro destino, tutte le cose si mettevano di nuovo in cammino.
In maniera fulminea e inesorabile, Giovanni resta colpito da questa ragazza bellissima dagli occhi verdi e il viso così simile al suo. Bellissima ma dal carattere testardo, indomabile e sotto sotto manipolatore, capace di farlo tanto arrabbiare quanto tenerlo legato a sé.

Selvaggia si presenta fin da subito come una perla più unica che rara, da possedere assolutamente. Piombata in casa e in famiglia a portare scompiglio. 
Sì, in famiglia: perché Giovanni e Selvaggia sono gemelli separati da piccoli, quando il padre e la madre hanno deciso di divorziare e tenersi un figlio a testa.

Selvaggia vive da sempre con la madre Antonella, a Genova. Però per questioni lavorative, le due si trasferiscono a Verona, dove Giovanni è rimasto con il padre.
Ora però i loro genitori vogliono provare a riagganciare i rapporti e, perché no, a vivere sotto lo stesso tetto. 
I ragazzi intanto ribollono per il sangue del loro sangue. Si perdono in un amore troppo strano per essere capito, troppo forte per essere anestetizzato, troppo straziante per essere digerito. 
L'alchimia si sviluppa in un moto di emozioni contrastanti, a tratti esplode poi si ritrae. Lui squadra lei da cima a fondo e non la capisce mai, ma non è certo questo che lo fa scomporre. Come non lo fanno scomporre i capricci che fa continuamente, i raggiri per ottenere qualcosa. Però lei non è solo bizzosa. Selvaggia nasconde un lato oscuro che resta inespresso, fino al culmine in cui si manifesta nel modo più nero.
Giovanni -da lei ribattezzato Johnny- è così preso e forse coglie qualche sfumatura grigia di quest'anima incompresa, ma nemmeno lui sa in cosa si va cacciando. La situazione incesto, da parte sua non è affrontata proprio a cuor leggero: anzi, ci sono parecchi passaggi iniziali in cui tentenna, si autodistrugge, vorrebbe punirsi per questo. Vorrebbe anche stare alla larga da lei, ma non resiste a questa forza gravitazionale e viene completamente inghiottito. A forza di tira e molla, di gelosie disumane e malate, lui vuoi o non vuoi giunge a un punto di non ritorno che si poteva indovinare.
Tu non potevi e non volevi provare simili sensazioni, impossibili voglie nei confronti di lei, che aveva il sangue uguale al tuo.

Qualcosa che persino le ultime tribù di cannibali esistenti sulla Terra continuavano a proibirsi ed esecravano.
Così che in te, accanto al piccolo Geppetto di Verona che pure certamente esisteva, al valletto perennemente a rischio di venir manipolato da una sorella caparbia, sedeva adesso un terzo e più pauroso convitato: un essere antico, a cui nessuno aveva ancora spiegato niente, e, nel contempo, un povero corpo traboccante di desiderio, una creatura capace di disobbedienze talmente mostruose da non aver diritto, almeno su questa Terra, ad alcun posto dove stare. Ché a un tizio così, a un senza legge del genere, a un simile sacrilego, gli avrebbe dato la caccia il Mondo.
In sostanza la relazione stessa tramuta questo ragazzo mite, la cui esistenza dapprima serena ma vuota si ritrova all'improvviso piena ma tormentata. 
Ma il tormento, poi, c'è?
No.
Lo si avverte sempre velato, come una patina opaca che talvolta rabbuia questa straripante felicità dello stare insieme. Si vede quando stanno attenti agli sguardi altrui, a non essere scoperti dai "parents"; si vede con i primi contatti. Ma questa paura, questo senso di colpa, questa percezione di aver fatto un grosso sbaglio, in linea di massima non c'è. Portano avanti la loro storia, come fosse quella di tanti diciottenni come loro. Sfruttano la leggerezza della loro età per trovare la forza di esistere. Non esiste una coscienza, una percezione dell'errore, dell'incesto per quello che è.
Anzi, sembrano quasi premiati dai loro gesti. Si fanno regali costosi, hanno un appartamento da utilizzare senza farsi scoprire. Fanno pranzi, cene, non manca nulla.
Arrivi ad un punto in cui la lettura non torna proprio; ti perdi in una miriade d'interrogativi.
Ma cos'è, una fiaba? Una folle invenzione di qualcuno per farci diventare tutti pazzi?
No. 
No, cari lettori, no.
Se fosse una fiaba, sarebbe meglio. Perché quello che viene dopo essersi persi, trascinati per qualche pagina chiedendosi se l'insieme ha un senso, se c'è un disegno di fondo, arriva con la stessa delicatezza di una bottiglia di acido in faccia. 
Quello che arriva, è un chiodo piantato nel cuore con accanimento sadico.
Tutto si può valutare, tranne ciò che non si penserebbe mai.
Questo è il punto di forza di una lettura che sembrava stranamente leggera e poi va a tradimento a finire in uno strapiombo. Ci sono affondata tutta. Mi sono sporcata con quel fango vivo.
Questo gioco affascinante dell'involucro dorato con cui incartare l'abisso, mi ha tolto dieci anni di vita.
Per un precipizio così, vale la pena attendere un po', sopportare il miele. 
Per un precipizio così, vale la pena leggerlo. 

Perché non venivano a salvarti? Di quali crimini poteva mai essersi macchiato un liceale di Verona a cui piaceva lo sport e che, al massimo, aveva desiderato, fin lì, nuotare un po' bene a dorso?"Io sono pazzo" ti eri detto. "Tu, Giovanni" qualcosa aveva gridato da dentro il tuo cuore buio, "sei talmente un poveraccio che da quest'angolo non esci vivo!"

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