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mercoledì 22 aprile 2015

The Hollow Crown. L'arte di Shakespeare più viva che mai.

Quattro episodi -da due ore ciascuno- per raccontarci le storie di valorosi re e inebriarci di monologhi la cui essenza prima parte direttamente da Shakespeare.
Richard II- Henry IV, Part 1- Henry IV, Part 2- Henry V, sono i titoli delle puntate di The Hollow Crown, serie britannica che vi lascerà a bocca aperta tra colpi di scena, di spada e di cuore.
Perdonate se i dialoghi non sembreranno esattamente scorrevoli, ma non sono discussioni: sono arte e poesia nella forma più pura e sublime. Infatti nel mio caso le puntate sono durate quattro ore ciascuna, perché andavo appuntandomi stralci di monologhi; in parole povere non ne uscite più.
Le vicende sono serrate tra conti da regolare, conquiste e tradimenti, ma ciò che amerete di più sarà senz'altro uno di questi tre re presentati. Hanno dei caratteri così ben espressi e diversi, che sfido chiunque a restare insensibile al loro fascino.
Mi spiace proporre quest'analisi senza aver letto la tetralogia shakespeariana -rimedierò anche a questo, dovessi impiegarci dieci anni con i miei ritmi di lettura-, quindi nel giudicare i regnanti, mi esprimo solo in merito a come vengono presentati  nella serie.
Dato che la mia preferenza emergerà -oh, se emergerà!-, procederò in fila senza creare strani gomitoli di pensieri impossibili da sbrogliare.

Richard II


Figura eterea e leggiadra, codesto re che praticamente sembra spezzarsi con un grissino. Interpretato magistralmente da Ben Whishaw, ha la vita che più degli altri è gestita dalla regia in maniera coreografica. Non viene reso tanto come un essere umano, quanto fin dall'inizio si porge allo sguardo quasi fosse un dipinto -e non solo... ma vi anticiperei troppo-. Lo si riscontra nelle movenze, negli atteggiamenti sempre impeccabili, composti, posati.
Quest'uomo è come se fosse così fragile che un semplice tocco possa sgualcirlo in maniera definitiva. Per tutta la parte a lui dedicata, si ha l'impressione di osservare uno strano cristallo: delicato e profondamente innaturale.
L'innaturalità è ciò che più conduce le redini della sua esistenza, che sembra sempre un pelo costruita.
Viene definito un re dedito alle frivolezze -infatti non ci vorrà Einstein a deporlo-, che poco si preoccupa del regno e infatti molto rapidamente il popolo e parte della sua corte gli voltano palesemente la faccia; tuttavia ogni suo atteggiamento ha ben poco di terreno e via via che ci si avvicina al termine della puntata, capirete dove s'intende andare a parare.
Nonostante la partenza un po' farfallina e antipatica di questo personaggio, l'epilogo della sua storia gli fa riguadagnare punti.
In un certo senso lui è un incatalogabile: è così una continua altalena -su e giù- di torti fatti e subiti, che non puoi giungere a una conclusione con lui. È troppo difficile raccontarlo senza farsi influenzare dai suoi ultimi momenti -perché il come viene deposto, credetemi, è atroce-. Non è un personaggio positivo, a mio avviso; solo che le sue pecche vengono pagate in maniera eccessivamente spropositata.
In Richard II è molto marcata la mano di Shakespeare -sugli altri re interviene, ma non così profondamente-. È un uomo in cui buio e luce si rincorrono e si strangolano in maniera poco lucida e disperata. Un offuscamento continuo, misto a filosofia, arte, poesia.
Accattivante, a suo modo affascinante e abile nell'arte del disquisire -è uno spettacolo vero e proprio starlo ad ascoltare: è un ammaliatore anche nelle peggiori circostanze-, ma spesso questo carisma non è supportato dai fatti.
Siete avvisati: della prima puntata, gustatevi l'analogia finale, nell'ultima ripresa, che vi cadrà addosso come un macigno. Perché di un accostamento simile se ne ha il sentore un po' per tutto il tempo; quando però diventa una certezza, ha la violenza di uno schiaffo.

Henry IV


Dei tre è colui che incarna meglio l'integrità e l'onore -con qualche strappo alla regola-. 
Regolazioni di conti a parte, in linea di massima è davvero il sovrano più corretto anche laddove è costretto a commettere scorrettezze... il che, può suonare strano, ma fidatevi: ne vedrete delle belle.
Prende in prestito le fattezze umane rispettivamente di Rory Kinnear -da giovane, come potete notare in foto- e di Jeremy Irons - in età avanzata-.
Ha una condotta, sempre scavando a fondo, coerente. Credo sia la classica interpretazione del re senza macchia e senza paura che si aspettano tutti, ligio al dovere e al conservare la sua immagine.
Consideriamo che in lui mantenere le apparenze diventa di basilare importanza, dato che forse è il primo che, quando interpella la sua coscienza percepisce, che il suo trono agli occhi di alcuni è preso in modo illegittimo.
È un ossessione non scritta, dimostrare ogni giorno in ogni istante della sua vita, di essersi meritato quella corona. Estirpare tutti i rimorsi di coscienza, sentirsi una persona pulita, rendere limpidi i suoi leali. Nonostante gli sforzi, secondo me, fino all'ultimo respiro si è sempre sentito re per metà: cerca con troppa insistenza d'inculcare certe convinzioni e forme al figlio. Ha sempre questa malcelata, profonda paura di essere a sua volta spodestato, o che possa accadere a un suo discendente e ciò lo tiene costantemente in guardia. I fantasmi del passato lo perseguitano e lo costringono a fare periodici bilanci sulla sua persona, su quanto gli sia costata la corona. Pesa questo sangue che si porta dietro, anche se la sua intenzione è quella di non darlo a vedere.
Considerando che nel corso della Storia ne accadono di tutti i colori nelle famiglie reali, lui è considerabile relativamente onesto: un uomo d'onore, che ci tiene a mantenere la parola data. Un difetto grande è la sua inflessibilità, che non gli consente di percepire che, a volte nella vita, per raggiungere la meta ci sono vie traverse ed ugualmente efficaci.

Henry V

L'anima gli è prestata da Tom Hiddleston, partorendo un personaggio accattivante, sfavillante, leggendario.
Non avevo -mea culpa- visto mai questo attore in azione; ma appena ha aperto bocca, son rimasta letteralmente folgorata.
Si presenta come un principe dissoluto, con il palese andazzo -se non addirittura peggio- di Richard II. Passa le sue giornate in osteria con la plebe anziché frequentare altri reali; beve, fa furti stupidi, talvolta giace anche con prostitute. 
Ribelle, frivolo, spiritoso, libertino, divertente. Eppure, nonostante la bassezza dello stile di vita, in alcuni momenti si lancia a cuore aperto in monologhi, che fanno palesemente intuire che in realtà egli nasconde gelosamente un'immensa ricchezza interiore.
Il suo atteggiamento ambiguo, da regale che nuota soddisfatto nei bassifondi come se ne facesse parte, da un lato lo scredita con la corte e le alte cariche, ma dall'altro denota una semplicità d'animo, un'umiltà davvero da pochi. Tuttavia c'è chi scambia questa bontà come stupidità, ingenuità.
È così intelligente da sdrammatizzare la sua esistenza, ma è perfettamente consapevole della sua condanna. Perché per lui diventare re, essere a tutti i costi credibile, è un fardello che non vorrebbe sostenere, che lo fa sanguinare. Ma che accetta con tutto il cuore, per amore di suo padre, della patria.
Il nuovo Henry ha il viso d'angelo, una modestia da vendere, una sensibilità innata, ma tutto ciò non significa che sarà un gioco da ragazzi raggirarlo, prenderlo in giro. 
Sottovalutarlo costerà a molti, visto che la sua correttezza pretende altrettanta correttezza e non ammette tradimenti di nessun genere, per nessun motivo. 
Falstaff ad esempio, è convinto di averlo alla sua mercé e a completa disposizione, quasi il giovane fosse suo succube, senza rendersi conto di ciò a cui va incontro.
In definitiva sono rimasta rapita da una personalità così poliedrica, multiforme, sorprendentemente camaleontica. Possiede l'innata capacità di trovarsi a suo agio in ogni situazione e avere la risposta giusta sempre.
È in grado di stupire tutti, d'imparare in fretta, di cambiare radicalmente per il bene dell'Inghilterra e non solo: la sua grandezza in battaglia, non ha pari. Ma non è tanto la furia, la tenacia a colpire di lui; quanto il saper parlare all'interiorità della povera gente, insegnare il coraggio a persone che fino a poco prima erano poco più che contadini...e con lui diventano eroi. Non c'è niente da fare: lui ha proprio una marcia in più. La nobiltà d'animo s'irradia da questo re e contagia gli altri come fosse luce. Raggi di un sole inestinguibile che colpiscono chiunque. 
Riesce a scaldare persino le situazioni più avvelenate, disperate e disarmanti.
Henry V sarà una sorpresa continua, vi lascerà dentro qualcosa di unico. Perché sotto sotto egli è autentico e grande come pochi. E pochi possono capire.

Ma ora, chi voglia contemplare il regale comandante di questo esercito in disfacimento, andare da un posto di guardia all'altro e di tenda in tenda?Poiché egli visita tutti i suoi soldati. A ciascuno rivolge un buongiorno con un mite sorriso e li chiama tutti fratelli, amici, compatrioti.Il suo regal volto non tradisce il pensiero, d'esser circondato da un esercito temibile. Né rivela con il colorito del volto la logorante veglia notturna,
ma fresco appare e nasconde i segni di fatica con volto allegro e gentile maestà.
Sicché chiunque sia miserabile, languente e pallido, ammirando lui, tragga conforto dal suo apparire, sciogliendo la gelida paura; sì che uomini d'alto e basso rango possan contemplar, nella nostra inetta descrizione, uno scorcio di Henry nella notte.
ma fresco appare e nasconde i segni di fatica con volto allegro e gentile maestà.Sicché chiunque sia miserabile, languente e pallido, ammirando lui, tragga conforto dal suo apparire, sciogliendo la gelida paura; sì che uomini d'alto e basso rango possan contemplar, nella nostra inetta descrizione, uno scorcio di Henry nella notte.

Shakespeare con estrema classe ci ha illustrato tre modi differenti di riempire la corona. Strumento di potere abrasivo, bruciante che purtroppo dà alla testa, crea assuefazione. Talvolta logora e distrugge.
Ci si chiede se quasi non sia più felice un'esistenza povera e umile, come quella che forse avrebbe voluto il fiero Henry V.
Ovviamente ci sono momenti anche felici e spassosi -come il corteggiamento a Caterina di Francia- , ma ovunque c'è sempre l'impronta di questo grande della letteratura, che sembra gestire l'insieme dall'alto dirigendolo verso un senso più profondo.

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