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giovedì 19 ottobre 2017

Anoressia, autolesionismo, depressione, balene, delfini e l'effetto Werther.

L'altro giorno (e questo per dire due settimane fa, credo... o una, ma è così importante?) ero a casa di mia sorella acquisita (è una luuunga storia) e, come quando non abbiamo questa gran voglia di saltare sui muri, ci diamo a un film di Netflix: "To the Bone", per l'Italia "Fino all'osso". L'ho trovata una bella storia tendente al drammatico, positiva per come la tematica dell'anoressia viene trattata, forse un po' fantasiosa in certe scene ma comunque valida.
Ciò che più mi ha colpita è stato il fatto che la protagonista pubblicava dei disegni su Tumblr e una ragazzina che l'ammirava si è uccisa. Seguendo quello che pensava fosse il canone dell'artista? Questo non è approfondito, ma il dubbio che assale la giovane è proprio quello.
Il semplice toccare l'argomento anoressia, ha sollevato il solito polverone che accade ogni volta che il film non è su caramelle ed orsacchiotti: se ne può parlare? Sì, no, forse, non lo so... più o meno intorno ai disturbi mentali di varia entità c'è lo stesso pudore che avevano le bisnonne a parlare delle mestruazioni. 
La stessa serie tv "Tredici" è finita nell'occhio del ciclone per istigazione al suicidio, ma non c'è niente di nuovo in tutto questo: stiamo parlando del cosiddetto "Effetto Wherter", termine coniato dal sociologo David Phillips, prendendo spunto da quanto successo con "I dolori del giovane Werther", romanzo di Goethe in cui un giovane si suicida dopo essersi innamorato di una donna, ma lei sposerà un altro. Dopo l'uscita e il successo del romanzo si è verificato un incremento dei suicidi e lo stesso accadde dopo la morte di Marilyn Monroe.
Un altro argomento che fa urlare "vade retro" è il cosiddetto fenomeno balena blu (i delfini erano sarcastici), che oscilla tra video fake e realtà scomode da vedere.
Da qui la domanda che nasce è: "Cosa dobbiamo fare? Nascondere il dolore sotto il tappeto?"
La verità secondo me è che parlare delle cose felici/facili è molto molto più semplice.
Il post più cliccato di tutto il blog, nonostante la mole spropositata di recensioni che pubblico, riguarda l'anoressia (Per leggerlo clicca qui). L'aspetto più triste di tutta la faccenda è che quando le persone arrivano all'articolo, posso leggere le parole che hanno usato sul loro motore di ricerca (ovviamente in maniera anonima, non so chi ha scritto cosa, non è il Big Brother) e il più delle volte ci si giunge per cercare metodi per vomitare o non mangiare.
A questo punto, io mi chiedo, ora che tutto è a portata di tablet/pc/smartphone, ha davvero senso non parlarne affatto, dal momento in cui se si cerca un incitamento in negativo lo si trova?
Io credo che non sia il film in sé per sé a creare il problema suicidio, come da solo non faccia spuntare una depressione o un'anoressia, ma che si debba stare attenti a come si tratta l'argomento, perché si rischia di creare coraggio nell'affrontare le situazioni nel modo sbagliato. Non è stato Goethe a dire alla gente di suicidarsi, però ha varcato una linea: ha spostato il confine del giusto un po' più in là, appena dopo la morte. Involontariamente nel cuore di qualcuno si è palesato un "coraggio" che era ancora in stato embrionale, ma questo è tipico dell'essere umano, che è un animale sociale e soggetto a condizionamenti.
Si può però restare condizionati anche in maniera positiva, solo che chi potrebbe parlare di reagire, di combattere lotte dolorose invece di farla finita, tace. Manca un incitamento alla vita.
Il mondo va così male perché di chi soffre o non si parla per niente o se ne parla in maniera devastante e letale. Oppure, ancora peggio, si parla delle malattie mentali e di coloro che ne sono affetti, come di mostri da emarginare o ficcare in uno sgabuzzino. È quasi come se esistesse solo il risvolto decadente e mai qualcosa che inciti a ripartire.
Se siete arrivati fino alla fine di questo post, qualsiasi sia il problema da nascondere, non nascondetelo. Non siate isole. Parlate parlate e soprattutto fatevi aiutare da qualcuno in grado di tirarvi fuori. Perché un corpo bello è quello ancora capace di reggersi in piedi, una persona davvero in pace non si sfregia da sola, un vincente non è colui che l'ha fatta finita, ma questo dev'essere chiaro.
Si può stare meglio senza farsi del male.  

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