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mercoledì 2 luglio 2014

Breaking Bad. Una storia Felina.


La pluripremiata Breaking Bad è sulla bocca di tutti. Fenomeno impossibile da ignorare per gli appassionati, dal crescendo vertiginoso, che sa raggiungere il suo culmine assoluto.
Nominata come tredicesima serie meglio scritta di tutti i tempi, ha infiammato la critica che ha risposto con recensioni entusiastiche sia dal punto di vista tecnico, sia da quello umano. Ha sbigottito soprattutto per regia, sceneggiature ed interpretazione (magistrale davvero) di Bryan Cranston ed Aaron Paul.
Per evitare il pestaggio, non vi parlerò di Felina (ultima puntata, anagramma di "finale")... anche perché se vi perdete una cosa simile, peggio per voi!
Partiamo dall'inizio.
Per chi inverosimilmente (anche perché sono IO l'ultima a sapere le cose) non ne conoscesse ancora la trama, ve la spiego in soldoni.
Walter White, un professore di chimica come tanti, vive felicemente ad Albuquerque con la moglie Skyler e il figlio Walter Junior, che a causa di una paralisi cerebrale ha impedimenti nel linguaggio e nella motorietà. Sono in attesa della piccola Holly; per cui Walt è costretto a lavorare anche in un autolavaggio per arrotondare e risolvere le difficoltà economiche.
Il suo quadro psicologico iniziale, pertanto, è quello di un uomo gentile, disposto a tollerare persino la scontrosità del capo. La sua vita, paragonata a quella del cognato Hank che lavora alla DEA (antidroga) può definirsi comunque soddisfacente, ma sacrificata e priva di avventura.
I due si frequentano abitualmente e la loro è una bella amicizia.
Quando Walt giunge a scoprire di avere un tumore ai polmoni, la propria esistenza cambia radicalmente. Scosso dalla disperazione, si sente ispirato dall'incontro con Jesse Pinkman, suo ex alunno nel frattempo divenuto un piccolo spacciatore di strada, e comincia a produrre metanfetamina (che riscuote immediato successo vista la purezza) con lui, per trovare denaro per curarsi e da lasciare in caso di morte alla sua famiglia.
Bene, vi assicuro che la regia è uno spettacolo. Presenta un'attenzione pressoché maniacale per il dettaglio, fino a renderlo arte. Spesso è proprio il particolare evidenziato apparentemente senza senso qualche puntata prima, a ricondurre al finale shock di un determinato episodio. Gli indizi e le rivelazioni s'incastrano così bene da non lasciare buchi narrativi. Nessun quesito resta irrisolto: tutto scorre in modo liscio, così da tenere alta l'audience. E ci riesce.
La bellezza delle scene merita un focus più approfondito, che non sono stata abbastanza chiara. Esse sono perfettamente in grado di evocare le emozioni ricercate, rimandando ad allusioni ben precise. Spettacolari gli scorci drammatici degli oggetti, o la telecamera che si allontana in modo sinistro verso l'alto, togliendo nettamente il fiato. E non continuo, perché sarebbe da considerare spoiler se citassi le situazioni in cui ciò avviene, in modo così viscerale e imponente, accompagnato dalla musica che ne sottolinea il tono. Purtroppo non posso dirvi che immagine ho avuto in testa osservando certi tagli d'inquadratura, ma vi assicuro che resta impressa a fuoco...e prima o poi capirete da soli di cosa parlo. È come descrivervi un pugno in un occhio e le sensazioni che fa esplodere: io potrei anche provarci, ma volete mettere la differenza che c'è nel riceverne uno vero?!
Vi assicuro che quando vedrete il pugno, capirete che mi riferivo a quello; perché sono attimi in cui tutto precipita e c'è quell'espediente cinematografico azzeccato, che riesce perfettamente ad amplificare l'ansia. Quando la narrazione si ricollega, quando i nodi vengono al pettine, preparate i popcorn e godetevi lo spettacolo. Perché sia la storia, sia il linguaggio audio/visivo sono impeccabili. Imperdibili.
Ecco, i personaggi. Vi ho già raccontato che Bryan Cranston ed Aaron Paul sono stati elogiati a non finire per l'interpretazione? L'elogio è più che giusto. Sono capaci di sprigionare emozioni vive, pur rendendo due personalità completamente diverse, azzarderei a dire complementari.
Per rinfrescarvi la memoria, sappiate che il primo probabilmente lo conoscete già. Vi sembra una faccia nota? Dai ragazzi, dov'è che l'avete già visto?!
Fate uno sforzo....
Ci siete?
Esatto!  È proprio lui: il padre demenziale di Malcolm!
Bene... ora seguite interamente Breaking Bad ricordandovi quest'espressione qui e lo shock è assicurato. Credo che solo chi conosce entrambe le serie e può fare un confronto, si rende conto che questo non è un attore; è un mostro d'attore. Li ha inventati lui, gli attori... perché non può essere che riesca a passare come nulla fosse da un ruolo così comico a uno così serio, introspettivo, complesso e cupo, come quello di Walt. Nemmeno con un lavaggio del cervello... una persona comune dovrebbe cambiarlo, il cervello.
Comunque, le stagioni in totale sono 5, in cui le dinamiche cambiano, ma ci sono dei cardini che non si muovono mai. Il triangolo Walt, Jesse, Hank resta invariato. L'ultimo rincorre i primi due nella propria indagine, che persegue imperterrito, senza tuttavia aver chiaro che sono proprio loro i criminali che sta cercando. Il cognato e complice, pertanto, giocano nettamente in vantaggio, prevenendo spesso le mosse della DEA; si genera dunque un'avvincente partita a scacchi in cui le pedine s'incroceranno in intrecci inaspettati fino alla fine.
L'agente è facilmente amabile: un individuo tenace, dedito al lavoro, sveglio e intuitivo. Verrebbe facile stare dalla sua parte...ma attenzione: non è così.
E qui arriviamo al risvolto fortemente psicologico della serie.
Si parte dal punto di vista di Walt, che è fino a prova contraria un povero uomo disperato con un tumore. Piano piano, azione dopo azione si fa strada un'altro uomo: il criminale.
Ma in che punto della storia, esattamente? Quando commette questo, o quest'altro crimine?
Ecco la genialità: è tutto così strettamente consequenziale, che nessuno riesce a capire da dove parta la crudeltà. Le sfumature sono troppo tenui per individuare la morte della coscienza.
L'obiettivo della narrazione è proprio questo: mostrarci come la testa di ognuno cambia e si adatta alle circostanze. E di conseguenza i valori stessi non possiedono più intensità.
Il binomio Walt/Jesse da questo punto di vista è fondamentale. Dalla loro collaborazione prende vita un rapporto nettamente morboso, di cui non si conosce facilmente la vera natura.
Solo colleghi? Amici?
O padre/figlio?
Il percorso li avvicina e allontana in continuazione...eppure i due sono semplicemente indissolubili.
Accattivante a dir poco è il profondo divario caratteriale; lo slancio sempre differente con cui affronteranno le situazioni.
Il signor White è così freddo e analitico; sembra saperne sempre una in più del demonio. Quasi ci si chiede se è rimasto una persona. Jesse invece no.
Confesso che ho amato questo personaggio; mi ha colpita la sua fragilità: pare l'unico elemento capitato per sbaglio in un sistema troppo più grande di lui. Gli altri si presentano come semplicemente asettici e incapaci di umanità. Come se la loro anima fosse morta per strada e quella di questo ragazzo si conservasse intatta. Gli altri riescono a capire e accettare che certe azioni sono necessarie; la coscienza di Jesse invece lo manda perennemente nel pallone, rendendogli quella vita lì insopportabile. L'impressione che si ha è quella che il ragazzo sia l'unico a restare puro, pulito nonostante tutto. Ad essere sincera, la marcata impronta esistenziale che si porta dietro contagia lo spettatore. Le sue emozioni sono troppo invadenti, troppo visibili e straripanti per non sentirsi almeno un po' vicini a lui.
Poi diciamolo: dal lato affettivo è quello che in un certo senso perde sempre di più. Walt gli vuole bene, ma fa in modo di distruggere gran parte di ciò che costruisce. Come se volesse essere tutto per lui...ed appare nuovamente questo rapporto perennemente malato. Inutile dirlo, che soprattutto i dialoghi tra i due, quelli più tormentati fatti di pianti, urla, tremiti, minacce e ondate di dolore, piantano i brividi nella schiena.
Sono sempre così simbiotici, eppure così lontani.
Una serie che vince totalmente da qualunque angolazione la si osservi; che mostra luci ed ombre, sfaccettature, segreti, anime che si scontrano e mutano in qualcos'altro fino a non riconoscersi più.
Il finale, non so voi ma io personalmente l'ho gradito. Inaspettato e sorprendente.
Tagliente e incisivo.
Breaking Bad: un capolavoro a puntate.



2 commenti:

  1. Breaking bad è una delle mie serie preferite dopo doctor who! Scrivi molto bene comunque :) mi piace!

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    Risposte
    1. Io Doctor Who non l'ho vista, però Breaking Bad mi è rimasta davvero nel cuore per storia e certi personaggi! Mi piace soprattutto come offre un focus sulle anime che cambiano entrando in un determinato meccanismo. Ed è girata bene.
      Grazie mille! ^^

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