Ogni volta che la osservavo incerta,
smarrita guardarsi intorno tra le ragazzine, era come avere cento
pugnali in corpo. Feriva più me che lei.
Quell'anatroccolo smarrito che non sa
fingersi cigno.
Paola, che fai? Gioca con le altre
bambine!
Ma lei niente; nulla da fare.
E impazzivo, credevo che continuasse
per ore con quello sguardo assente a fissare il mondo senza farne
parte.
Ti prego, vai a giocare. Fallo per
la mamma che ti vuole bene!
E pezzi di me
cadevano a terra. Perché un bambino non è una continuazione. Quella
scimmietta smarrita, incerta, timida, non sarebbe stata mai come la
mamma. Bella, carismatica, piena di luce.
Dare la vita ad un
essere umano che non si dimostra all'altezza.
Ma la vita parte realmente da noi?
No, certo che no.
E un bambino non è
una continuazione; semmai un nuovo inizio.
E quell'anatroccolo
non mi era mai appartenuto davvero; ma avrebbe avuto bisogno di me
per imparare a volare. Perché dopotutto ero la sua mamma. Qualcuno
aveva voluto proprio me al suo fianco. Per insegnarle ad essere
forte.
Raccolsi la
pazienza. Mi avvicinai.
-Paola, perché
continui a fissare le altre bambine e non ti avvicini?
-Mamma, le altre
bambine ballano al centro della stanza e sono felici. Ma se le seguo
anch'io, chi consolerà quella bimba là, che piange perché non può
ballare?
Allora la vidi.
Coperta da tutti quei nastri, da quel mondo così appariscente, c'era
un'altra piccola ballerina. Il gesso alla gamba la rendeva
malinconica, perché non avrebbe ballato ancora per molto tempo.
Guardava la sorellina volteggiare e singhiozzava, senza staccarsi da
sua madre.
-Dici che se vado
da lei, non piangerà più?
Senza risponderle
niente, rossa in viso mi allontanai.
Perché una mamma forte non si commuove.
Perché una mamma forte non si commuove.
Difficile ammettere
che i figli a volte nascono per insegnare qualcosa ai genitori.
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