La miccia si è accesa per
caso: percorrevo con una mia amica il salitone verso la scuola,
quando rubandole un orecchio delle cuffiette dell'mp3 (o era un
ipod?) mi scatta in testa quella canzone. Non mi diceva niente di
nuovo quella voce così suadente che sembrava provenire da un altro
pianeta; li avevo già sentiti da qualche parte. Beh, quella canzone
era Every You, Every Me e da lì ho cominciato a cercarli, trovando
un mucchio di brani che sentivo di sfuggita durante la mia vita, ma
di cui non afferravo mai la matrice. Twenty Years, Infrared, avevano
sempre accompagnato la mia esistenza e non sapevo di chi fossero;
conoscevo come loro soltanto Song To Say Goodbye, ma era passata
piuttosto inosservata. Quando tuttavia ho ricomposto i frammenti del
puzzle, si è aperto un mondo.
Era un periodo
scombussolato, difficile e scoprirli è stato come se la mia
sofferenza, quel continuo decadere avesse acquistato finalmente un
senso. Il mio essere inadatta, strana, ipersensibile, confusa,
incompresa, aveva appena trovato un nome, dei compagni. Sentire le
note fondersi con la voce di Brian è stato un palese: non
preoccuparti, non sei sola. C'è chi cade nel tuo stesso Inferno.
E ci sono riuscita: grazie a
loro ho smesso di disgregarmi da sola. Sapevo che qualcuno,
specialmente quel ragazzo perennemente truccato, talvolta in
gonnella, poteva capire e con la sua voce tappare immensi buchi
dentro di me. Aveva sofferto così tanto da poter aiutare altri a
capire qualcosa di più della propria anima.
Folgorata da tanta
comprensione, quando ricevetti l'album appena uscito, lo divorai. Ma
non era lo stesso. C'era qualcosa in quel tentativo di rinascita, in
quell'ossessività di chitarre, che non era nelle loro corde. Mi
spiego: i Placebo non sono mai stati un gruppo allegro; sarebbe
improprio definire così Battle For The Sun. Era... come dire, meno
introspettivo.
E la discesa verso gli
inferi dov'è?!
Il risultato che ne conseguì fu il seguente:
tanti complimenti, ma la totale mancanza di quel feeling viscerale,
del morboso attaccamento di cui avevo bisogno. Era totalmente assente
l'elemento placebo: la dipendenza. Non riuscivi più a trovare quel
tormento radicato che ti scombussola le idee, toglie aria ai polmoni,
che ti fa fermare, abbandonare tutto quello che stavi facendo solo
per ascoltare quei pochi istanti di sublime.
La sensazione fu
quella di aver perso un amico. Potevo conoscerli prima, quando
Brian era ancora un ragazzino dilaniato dalla vita. Come me.
Poi
c'è stato B3, e la sensazione di perdita cominciava a divenire una
certezza. Una crepa che si allarga.
Quando
è stata annunciata l'uscita di Loud Like Love, ero pertanto già
pronta al peggio. Ecco, adesso li perdo del tutto. Però
dai, come darmi torto: copertina psichedelica e il nome avrebbero
spaventato chiunque. Altro elemento horror è stato il breve teaser
del brano omonimo, che da quelle poche note non si capiva
assolutamente che diamine fosse. Però sembrava una gioiosa
schitarrata.
Successivamente,
viene lanciato il primo singolo, quello che secondo loro riassume il
senso dell'album: Too Many Friends. E qui, almeno io, ho tirato un
luuungo respiro di sollievo.
Si comincia a ragionare.
Nel
complesso, LLL non risulta affatto un'accozzaglia di canzoni a caso:
pare essere piuttosto un percorso che analizza le relazioni, la cui
apoteosi viene raggiunta con la SUBLIME Bosco. Un lungo tunnel che
s'imbocca quasi ridendo, per poi uscirne morti e rinati. Straziati.
Ovviamente
ho intenzione di passare le tracce in rassegna una per una, perché
quest'album merita davvero: è un capolavoro i cui i Placebo sono
riusciti a fare il salto di qualità, mixando stili diversi. Non
importa più se apprezzi il ritmo flamenco di Scene Of The Crime o
l'elettronica galoppante di Exit Wounds (anche se a me,
personalmente, l'elettronica nelle canzoni fa impazzire); ci sei
dentro comunque. Il primo pensiero a conclusione ascolto, è di aver
sentito un Meds per l'intensità complessa, emozionale; ma con quella
marcia in più per attrarre non solo i fanatici della band.
Ad ogni
modo, ci tengo a ringraziarli; perché nel 2013, dove la maggior
parte della musica sta andando in rovina, sono riusciti a sfornarci
questa meraviglia.
1- Loud
Like Love
Da
principio, l'intro mi sembrava una sigla da pubblicità dei canali
per ragazzi, quando mostrano la programmazione estiva. Poi mi sono
resa conto di aver pensato una grossa cazzata (mea culpa).
Il suo
punto di forza è l'energia: è una scarica che si proppaga e
contagia l'aria intorno. Ha lo stesso modo di aggredire gli spazi di
Battle For The Sun. Ovviamente, il fan dei Placebo è preso in
contropiede: si aspetta qualcosa di diverso da un "Siamo forti
come l'amore", da quel giochetto Breathe/Believe che sa tanto di
massaggio cardiaco. Quasi fosse in atto una metamorfosi, una
rinascita.
E' una
partenza grintosa, come per dire: "sveglia! Abbiamo iniziato!",
e funziona.
E'
bella. Ma se conosci il gruppo, stai ancora aspettando i demoni.
2-Scene
Of The Crime
Violini
e battito di mani flamenco. La voce di Brian che si fa pungente e
stuzzica dove fa male (tra l'altro, il suo timbro è solito farsi
lacerante quando accompagnato da violini e pianoforte): benvenuti nel
cd. I fantasmi cominciano a uscire, a ferire.
Tutti,
dopo un po' che la canticchiano, finiscono per chiedersi:Ma di cosa
parla realmente?
Non si
sa. Si presta a molteplici interpretazioni; ti ritrovi
inevitabilmente a domandarti se il cosiddetto "corpo da
nascondere" sia un corpo effettivo, o se si tratta di sporcizia
interiore da far sparire. O magari no. Potrebbe trattarsi dei
molteplici errori commessi lungo il percorso. Un'esistenza di sbagli.
Chi lo
sa, magari entrambe le opzioni.
Alla
fine, far sparire il corpo, non è nemmeno il problema maggiore:
we
almost made it/ making it is overrated.
3-Too
Many Friends
Priva
di eccessi, eppure così risoluta. L'imposizione in questo caso, più
che dalla musica è data dalle parole (anche se le note comunque ti
si conficcano una ad una in testa: è un tormentone)
Il
My
computer thinks I'm gay, ha
subito fatto fantasticare qualcuno sull'intento omofobo del testo.
No, vi prego.... tutto tranne questo si poteva dire a una band, il
cui cantante ha esordito conciato da donna. Prima di puntare il dito,
si dovrebbe meditare sulle origini: Brian Molko è stato il primo a
prendersi con coraggio i peggiori insulti dai compagni di scuola per
la propria androginia. Ritengo sia difficile, improbabile ottenere
proprio da lui un testo omofobo. Ci tengo a rimarcarlo, perché si
tende a dimenticare troppo in fretta un passato, che invece segna le
persone. E poi ne riparliamo una volta letto il meraviglioso testo di
Bosco.
La
canzone è una critica; non tanto rivolta ai social, quanto all'uso
che l'uomo ne fa: avere mille mila amici su facebook, non fa di te
una persona amata, e soprattutto non ti rende meno solo.
Quello
che non avevo notato le prime volte, è che rispetto alle altre non
crea particolari sbilanciamenti emotivi: è struggente, ma in un
certo senso tiepida. Distante. Non c'è quell'inivito a sporcarsi di
disperazione... e una volta visto il video, così asettico, ti rendi
conto che è cosa voluta. Come a rendere la disumanità dei social.
Come a dire "non ho intenzione di sporcarmi con te, nonostante
siamo amici".
4-
Hold On To Me
E'
qui che il disco comincia a prendere una piega inaspettata: il sound
è differente, sembra provenire da una fonte sconosciuta; non dai
Placebo. Ha una musicalità particolare, che s'insinua subito nella
memoria in modo stabile e ci mette radici. Crea un'atmosfera
accattivante, psichedelica, ipnotica in cui lasci tutto e ti fai
cullare dalla canzone. L'invito ad aggrapparsi a lui è molto più
profondo di quello che sembra: è un'implorazione, la prosecuzione
nella ricerca di una redenzione faticosa, difficile, che trova il
culmine in un'evoluzione. Un salto dimensionale che coinvolgerà
l'umanità. Una sorpresina dovuta alla meditazione di Brian?! Fatto
sta che è il primo brano dell'album a contenere caduta e risalita
nel contempo. Come se si dovesse necessariamente affondare prima di
vedere la luce.
Se
dovessi riassumerla in una parola userei il termine"ipnosi".
5-
Rob The Bank
Questa
è uno spettacolo ascoltata dopo la 4. Tu sei lì tranquillo che
ripeti "Hold On To Me", stai ancora cercando di uscire
dalla catalessi, quell'oceano immenso di luce, che senti un secco
"Rob The Bank!" Certo Brian, andiamo... un momento, a far
cosa?!
E'
lì che realizzi che si tratta di un pezzo radicalmente diverso: dai
toni netti, schietti, maledettamente rock. Una sveglia crudele dal
bel sogno interdimensionale; bentornati nella realtà.
L'invito
carino di andare a svaligiare banche un po' ovunque, potrebbe
ricondurre alle duecentomila teorie complottistiche monetarie che
girano al giorno d'oggi. Fa molto "fuck the system"; tutti
ci avevano pensato ... invece no. A quanto pare non è nemmeno un
dispetto alla famiglia (vedi il lavoro del padre).
Il
senso esatto dovrebbe essere questo: "puoi svaligiare banche,
essere la persona più spregevole del mondo; ma finchè tornerai a
casa a fare l'amore, io ti amerò." Potrebbe sembrare un
concetto triste, ci potrebbero essere obiezioni morali a ciò. Eppure
ci sono parecchi rapporti umani che sono ciechi, funzionano
esattamente così: fingerò di non vedere il male che fai a tutti,
finché non ne farai a me.
Un
concetto un tantino egoistico, portato a galla da un'analisi precisa,
profonda delle relazioni umane. Sarà per questo che la musica è
così tagliente?!
6-
A Million Little Pieces
La
delicatezza di una piuma nella disperazione di una carezza d'addio.
Un singhiozzo sommesso: un pianto immaterico, malinconico, che non
lascia traccia alcuna del proprio passaggio. Amo questa canzone; in
un certo senso prepara a tradimento il terreno per l'ultima. Il
capolavoro.
La
parola d'ordine è : pianoforte. Si fonde perfettamente con la voce
fino a formare una grandine di brividi, ognuno dei quali va a segno.
Dardi infuocati nel cuore.
Anche
in questo caso la diversità è lampante, anche più di quella di
Hold On To Me: non è la solita ballata angosciante, niente caduta.
E' un dolore maturo, esternato con dignità. Quasi ci fosse
un'implicita rabbia, una ferita coperta dall'annichilimento. Lui che
se ne va perché quel posto gli succhia energie. But
I'm leaving/ This weary town/ Please no grieving/ My love, understand
Questo
pezzo è la classe. E' la traduzione im musica del pensiero di molte
persone che si sentono ingabbiate da un luogo, da una situazione, da
sè stessi. E' la fuga di quando c'è troppo dolore per respirare e
si prova altrove a darsi un senso. Gli darei il massimo dei voti, se
non esistesse Bosco. 9 e mezzo, anche di più; mi tengo bassa solo
perché per l'altra dovrei inaugurare una scala numerica dal 10 in
poi.
7-
Exit Wounds
Eccola
qua. Quella che riterrei la più elettronica del gruppo ed è proprio
il glaciale sound che in qualche modo smorza l'acuta tristezza del
testo. Lo scivolamento della musica, fredda istantaneo le emozioni;
laddove dovresti percepire il senso di calore, c'è un ghiaccio
perenne. Come se tutta la passione fosse bruscamente anestetizzata
dall'abbandono, ma nel contempo non si potesse realmente reprimere.
E' come se le note cercassero di malcelare ciò che dicono le parole.
Se
non l'ascolti con attenzione, ti sembra quasi una canzone più serena
di com'è in realtà. Fino a quando non ti sorprendono frasi come: If
I could, I would hover/ While he's making love to you/ Making rain as
I cry. É
allora che senti tutta l'ansia, quel groppo in gola che si attacca e
non scivola, non lo scrolli più.
A
parer mio è anche uno sfogo d'orgoglio, alla: non lo amerai mai
come hai amato me. Ma poi si tradiscono le proprie intenzioni; perchè
il sentimento, la rabbia sgorgano a fiumi proprio nell'attimo in cui
si è abbassata la guardia. Come a lasciar intendere, che i classici
"nessuno sarà meglio di me", non sono altro che dei "ti
prego, torna che mi sento morire".
8-
Purify
Questo brano crea un feeling istantaneo; sia per
l'andamento veloce, forte, sia per il testo d'impatto. Adrenalinica,
immediata, va a colpo sicuro in vena. Il linguaggio si fa più
esplicito: si parla di purificazione, ma molto più della tentazione:
baci dietro le gambe e quant'altro. Vi dico solo che nel video (di
quelli girati dai registi emergenti) c'è un prete giovane
particolarmente attratto da una donna, combattuto tra la voglia di
possederla e i propri principi morali. Cosa peserà di più sulla sua
bilancia interiore?
E' una delle più aderenti allo standard
placebico, in cui non c'è discepanza tra le immagini evocate dalle
parole e la musica: anzi; crescono di pari passo. Così aderente
allo standard, che in quanto a sonorità sembra attingere qualcosa da
For What It's Worth (non chiedetemi cosa, ma ormai mi sono fissata: è
mezz'ora che le ascolto una dietro l'altra per cercare di capire).
9-Begin
The End
Prende
il via con una dolcezza allucinante che ti apre il cuore. Scende come
pioggia in un cielo grigio, senza speranze. Leggera ballata, sembra
quasi fare botta e risposta con Exit Wounds; una lotta con l'amato,
ma soprattutto interiore tra ciò che impera il cuore e ciò che
ribatte il cervello. E' un sofisticato: "vorrei ma non posso
più. Addio".
Il
testo è una doccia fredda, una scarica di aghi. Pura poesia. Basta
pensare a quanto distacco e nello stesso tempo voglia di proteggere
l'altro riesce a contenere la frase And
I don't enjoy to watch you crumble. È
una canzone che ti prende, ti manda di traverso la giornata e mozza
il respiro per quanto rende alla perfezione lo strazio di lasciarsi.
10-
Bosco
Una
farfalla che si sgretola morente al sole. Ha senso?! E' un'immagine
felice?! No. Però è la visione che ho avuto pensando a questa
canzone. L'idea di una sofferenza più profonda, quasi grottesca, di
cui ci si vergogna. In fondo, ci si vergogna sempre di esporre
qualcosa, quando ci riguarda e paralizza nel profondo. Paura che gli
altri nemmeno ci prendano sul serio, dandoci dei melodrammatici. Una
sofferenza timida, che quasi non si ha la forza di tirarla fuori; ma
intossicante, atroce al punto tale che la si sputa via per non
morire. Perché c'è un bisogno impellente di ringraziare e chiedere
il perdono. Potrei farci un trattato per quanto è immensamente
meravigliosa.
Ci
sto mettendo così tanto entusiasmo che mi sembro Benigni quando
legge la Divina Commedia. Ma l'effetto che fa è più o meno questo:
ti accende qualcosa dentro; ti ritrovi come una fontana, con la pelle
che trema. E' forte, ti penetra come quando si sente freddo all'anima
e si desidera solo un abbraccio.
E'
una "lettera" di scuse tutt'altro che formale, che ha
inizio con I
love you more than any man (poi
dite omofobia).
Poche
parole dalla sincerità spudorata, sembrano quasi le scuse pure dei
bambini quando corrono dalla mamma. Commovente, perché sgorga dalla
parte incontaminata del cuore: quella che si conserva per pochi.
L'anima
si sgretola con un semplice intro di piano. Io ho avuto paura ad
ascoltarla, piangevo già all'inizio. Ricordate "voce di Brian
più violini e piano"? Beh, ecco il piano in tutto il suo
splendore.
Parla
di un amore orgoglioso, in cui si cerca ogni volta di mascherare la
frustrazione, ma poi ci si sente solo più sporchi e debitori. Un
amore in cui si fa fatica ad ammettere i propri limiti, ma poi escono
fuori straripando, imbrattando tutto ciò che c'è di buono:
How I suck you dry
.
E si cerca redenzione, un disperato perdono.
Ma
le mie parole servono a poco; un capolavoro così va solo ascoltato.
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11- Pity Party (of one)
Questa è la cosiddetta "traccia fantasma"
Intensa, struggente. Criptica ma chiara nel contempo. Sempre intrisa di addio e abbandono. Ma stavolta il rifiuto è in pieno stile Placebo: più che l'eccezione, è la regola. Il rimorso parte come un cane rabbioso che strappa, dilania, crea un abisso tra le persone. Un'autocommiserazione indesiderata.
Un pezzo che non ha niente da invidiare agli altri, ma più nella tradizione.
E' un album ricco, capace di sgretolare in un modo o nell'altro un pezzetto d'anima ad ognuno. Capace di strappare lacrime inaspettate
Questa è la cosiddetta "traccia fantasma"
Intensa, struggente. Criptica ma chiara nel contempo. Sempre intrisa di addio e abbandono. Ma stavolta il rifiuto è in pieno stile Placebo: più che l'eccezione, è la regola. Il rimorso parte come un cane rabbioso che strappa, dilania, crea un abisso tra le persone. Un'autocommiserazione indesiderata.
Un pezzo che non ha niente da invidiare agli altri, ma più nella tradizione.
E' un album ricco, capace di sgretolare in un modo o nell'altro un pezzetto d'anima ad ognuno. Capace di strappare lacrime inaspettate
Leggere questa recensione è stato come per te (e anche per me) ascoltare e riascoltare LLL: stesse emozioni, stesse sensazioni. Grazie!
RispondiEliminaSono contenta che ti sia piaciuta! Quando si tratta dei Placebo cerco sempre di dare il massimo, che se lo meritano.
EliminaGrazieee ^^